Tesi etd-12162010-193707 |
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Tipo di tesi
Tesi di dottorato di ricerca
Autore
CAMERA, GABRIELE
URN
etd-12162010-193707
Titolo
Diritto e regimi di storicità
Settore scientifico disciplinare
M-STO/04
Corso di studi
STORIA
Relatori
tutor Prof. Dei, Fabio
Parole chiave
- crimini contro l'umanità
- funzione pubblica degli storici
- Politiche della memoria
Data inizio appello
02/03/2011
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
02/03/2051
Riassunto
Negli ultimi anni la storia si è trovata spesso ad avere a che fare con i tribunali in veste di imputata.
Ma la storia ha svolto anche un ruolo fondamentale nel giudizio, quando allo storico è stato assegnato il compito del perito, chiamato a fornire al giudice le sue competenze tecniche per aiutarlo a districarsi in un universo conoscitivo che egli non era in grado di padroneggiare. Recentemente il problema del rapporto tra giudice e storico ha evidenziato la necessità di adottare sempre nuovi strumenti di elaborazione e di comunicazione scientifica che permettano alle parti presenti in giudizio di accedere al sapere specialistico del perito, e al giudice di formarsi un’opinione personale. D’altronde, il processo ha esigenze sue proprie, collegate alla necessità di decidere la causa, che rendono problematica la possibilità di far emergere la verità giudiziaria da un’indagine scientifica e assai difficile subordinare la verità processuale ai tempi e alle tecniche di accertamento della verità storica.
Riformulando il tema nella prospettiva di Ricoeur, si propone qui un’analisi del fenomeno giuridicizzazione della storia che implica l’interpretazione del passato secondo il paradigma del processo, distanziandosi da una semplice denuncia dei suoi “effetti negativi” sull’attività degli storici, senza per questo contrapporsi alle posizioni da essi sostenute in Liberté pour l’Histoire (2005) o nei successivi manifesti che hanno alimentato l’interesse per questo tema nel dibattito pubblico. L’obiettivo è cogliere la molteplicità delle relazioni tra storia, giustizia, memoria, restituendo in un quadro d’insieme alcune questioni che derivano dalla loro intersezione. L’ambito di riflessione comprende le forme giuridiche/giudiziarie attive nei periodi di transizione alla democrazia o di consolidamento delle democrazie contemporanee, per il tramite di una progressiva estensione del ricorso al diritto nell’elaborazione del passato.
Adattando le categorie più comunemente impiegate negli studi sulle politiche della memoria ad un più circoscritto tentativo di indagine sulla definizione giuridica dei fatti storici, la tesi analizza tre forme di riparazione: simbolica, politica-giudiziaria e materiale.
La riparazione simbolica tende al superamento di un evento storico attraverso un gesto che testimoni l’assunzione di responsabilità per un crimine o per una politica criminale a lungo negata o rimossa. L’esempio più evidente, e anche più controverso, è quello degli atti pubblici di contrizione. Ma in una logica di riparazione simbolica si inscrive anche l’adozione di varie leggi per mantenere viva la memoria di tragici avvenimenti.
La seconda forma di riparazione, politica e giudiziaria, è volta alla ricerca di contromisure efficaci che garantiscano dal diffondersi di ideologie o di manipolazioni della storia che possono indurla a ripetersi. È il caso della battaglia portata avanti in ambito nazionale e internazionale (europeo in particolare), attraverso appositi strumenti normativi, contro il razzismo, l’antisemitismo e il negazionismo, oggetto di un’analisi interdisciplinare nel corso di questa ricerca.
La terza forma di riparazione è di tipo materiale: essa si realizza, cioè, attraverso un indennizzo. Si è assistito, infatti, nel corso degli ultimi dieci anni, ad un moltiplicarsi di azioni giudiziarie (in questo caso di tipo civile) aventi ad oggetto la richiesta di riparazione finanziaria per crimini storici. Queste azioni hanno inaugurato incontestabilmente un nuovo genere di contenzioso sullo scenario internazionale; la Francia, distinguendosi per la volontà di procedere in tale percorso, appare come uno dei paesi in cui più è stato fatto, non solo dal punto di vista delle riparazioni economiche, ma anche dell’investimento pubblico della ricerca scientifica.
Non si può, certo, negare la varietà dei contesti nei quali il problema attuale di una rielaborazione delle ingiustizie storiche si è posto nell’evoluzione recente delle democrazie, trovando esplicite sanzioni da parte di legislatori e giudici. Tuttavia, nel confronto tra i diversi casi, questa stessa idea di riparazione sembra comportare un cambiamento profondo dell’idea di giustizia, un ripensamento globale delle sue concrete prerogative in funzione del dovere di memoria. Di fronte ai “crimini contro l’umanità” la giustizia tende complessivamente, prima ancora che a invadere il campo dell’interpretazione della storia, a mettere in discussione se stessa, i suoi principi. Dunque non una giustizia contro la storia, come sembrerebbe in base ad una comune rappresentazione, ma innanzitutto una giustizia che va contro se stessa in nome delle necessità della memoria. Ma è forse possibile ovviare a queste necessità e onorare i debiti storici senza far entrare in contraddizione giustizia, memoria e storia?
Ma la storia ha svolto anche un ruolo fondamentale nel giudizio, quando allo storico è stato assegnato il compito del perito, chiamato a fornire al giudice le sue competenze tecniche per aiutarlo a districarsi in un universo conoscitivo che egli non era in grado di padroneggiare. Recentemente il problema del rapporto tra giudice e storico ha evidenziato la necessità di adottare sempre nuovi strumenti di elaborazione e di comunicazione scientifica che permettano alle parti presenti in giudizio di accedere al sapere specialistico del perito, e al giudice di formarsi un’opinione personale. D’altronde, il processo ha esigenze sue proprie, collegate alla necessità di decidere la causa, che rendono problematica la possibilità di far emergere la verità giudiziaria da un’indagine scientifica e assai difficile subordinare la verità processuale ai tempi e alle tecniche di accertamento della verità storica.
Riformulando il tema nella prospettiva di Ricoeur, si propone qui un’analisi del fenomeno giuridicizzazione della storia che implica l’interpretazione del passato secondo il paradigma del processo, distanziandosi da una semplice denuncia dei suoi “effetti negativi” sull’attività degli storici, senza per questo contrapporsi alle posizioni da essi sostenute in Liberté pour l’Histoire (2005) o nei successivi manifesti che hanno alimentato l’interesse per questo tema nel dibattito pubblico. L’obiettivo è cogliere la molteplicità delle relazioni tra storia, giustizia, memoria, restituendo in un quadro d’insieme alcune questioni che derivano dalla loro intersezione. L’ambito di riflessione comprende le forme giuridiche/giudiziarie attive nei periodi di transizione alla democrazia o di consolidamento delle democrazie contemporanee, per il tramite di una progressiva estensione del ricorso al diritto nell’elaborazione del passato.
Adattando le categorie più comunemente impiegate negli studi sulle politiche della memoria ad un più circoscritto tentativo di indagine sulla definizione giuridica dei fatti storici, la tesi analizza tre forme di riparazione: simbolica, politica-giudiziaria e materiale.
La riparazione simbolica tende al superamento di un evento storico attraverso un gesto che testimoni l’assunzione di responsabilità per un crimine o per una politica criminale a lungo negata o rimossa. L’esempio più evidente, e anche più controverso, è quello degli atti pubblici di contrizione. Ma in una logica di riparazione simbolica si inscrive anche l’adozione di varie leggi per mantenere viva la memoria di tragici avvenimenti.
La seconda forma di riparazione, politica e giudiziaria, è volta alla ricerca di contromisure efficaci che garantiscano dal diffondersi di ideologie o di manipolazioni della storia che possono indurla a ripetersi. È il caso della battaglia portata avanti in ambito nazionale e internazionale (europeo in particolare), attraverso appositi strumenti normativi, contro il razzismo, l’antisemitismo e il negazionismo, oggetto di un’analisi interdisciplinare nel corso di questa ricerca.
La terza forma di riparazione è di tipo materiale: essa si realizza, cioè, attraverso un indennizzo. Si è assistito, infatti, nel corso degli ultimi dieci anni, ad un moltiplicarsi di azioni giudiziarie (in questo caso di tipo civile) aventi ad oggetto la richiesta di riparazione finanziaria per crimini storici. Queste azioni hanno inaugurato incontestabilmente un nuovo genere di contenzioso sullo scenario internazionale; la Francia, distinguendosi per la volontà di procedere in tale percorso, appare come uno dei paesi in cui più è stato fatto, non solo dal punto di vista delle riparazioni economiche, ma anche dell’investimento pubblico della ricerca scientifica.
Non si può, certo, negare la varietà dei contesti nei quali il problema attuale di una rielaborazione delle ingiustizie storiche si è posto nell’evoluzione recente delle democrazie, trovando esplicite sanzioni da parte di legislatori e giudici. Tuttavia, nel confronto tra i diversi casi, questa stessa idea di riparazione sembra comportare un cambiamento profondo dell’idea di giustizia, un ripensamento globale delle sue concrete prerogative in funzione del dovere di memoria. Di fronte ai “crimini contro l’umanità” la giustizia tende complessivamente, prima ancora che a invadere il campo dell’interpretazione della storia, a mettere in discussione se stessa, i suoi principi. Dunque non una giustizia contro la storia, come sembrerebbe in base ad una comune rappresentazione, ma innanzitutto una giustizia che va contro se stessa in nome delle necessità della memoria. Ma è forse possibile ovviare a queste necessità e onorare i debiti storici senza far entrare in contraddizione giustizia, memoria e storia?
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