Tesi etd-12152020-124934 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
SCOGNAMIGLIO, DAVIDE
URN
etd-12152020-124934
Titolo
CENTO ANNI DI RELAZIONI ITALIA-LIBIA: DALLA GUERRA ITALO-TURCA DEL 1911 ALL'ATTACCO ITALIANO IN LIBIA DEL 2011
Dipartimento
SCIENZE POLITICHE
Corso di studi
SCIENZE MARITTIME E NAVALI
Relatori
relatore Prof. Giannotti, Andrea
Parole chiave
- Libia
- Libya
Data inizio appello
21/01/2021
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
21/01/2091
Riassunto
Oggi, con una Libia frammentata e spaccata da una guerra senza fine, con un governo a Tripoli oramai nell'orbita della Turchia e con una Cirenaica che ha trovato altri lidi, cosa aspettarsi dal rapporto tra i due Paesi? Ma soprattutto, l'Italia ha ancora speranza di avere un ruolo in Libia?
Per comprende a fondo la situazione attuale nel Paese africano, e per immaginare, pianificare e prepararsi a scenari futuri, è necessario approfondire quella che è stata la storia libica, ed è stato questo il fine ultimo della mia tesi, concentrandomi in particolar modo nelle relazioni intercorse tra Roma e Tripoli, dalla Guerra italo-turca del 1911 e la Guerra di Libia del 2011.
La Libia è sempre stata di grande interesse strategico per chiunque aspirasse al controllo delle principali vie commerciali e di comunicazione marittima nel Mediterraneo meridionale, nonché per le sue immense risorse energetiche.
I moti del 2011, che hanno interessato l'intera fascia costiera nord-africana e il successivo intervento della comunità internazionale e di vari Paesi e attori stranieri hanno stravolto i fragili equilibri interni della Libia, proiettandola nuovamente in una situazione complessa e disomogenea, creando un contesto di notevole incertezza che, ancora oggi, sfortunatamente ne caratterizza lo scenario e rappresenta la base in cui possono facilmente prosperare instabilità, associazioni terroristiche, traffici illeciti di beni e persone e violenza.
La Guerra del 2011 scoppiava a distanza di un secolo esatto dall'inizio della campagna di Libia del 1911, quasi a sottolineare la ciclica instabilità che aveva afflitto un territorio "incerto", mai completamente consolidato, neanche sotto il duro controllo dall'impero ottomano.
Come in una terribile e speculare ironia, se all'attivismo militare italiano d'allora corrisposero ben pochi successi sul terreno, l'approccio sostanzialmente di reazione alle azioni altrui tenuto da Roma non ha prodotto risultati migliori.
A partire dal 2014, la Seconda guerra civile libica ha preso forma all'interno di un contesto politico-strategico segnato da dualismo di poteri tra il governo di Tripoli e quello di Tobruk, dall'apertura di un nuovo fronte della lotta contro l'ISIS e dal progressivo ingresso di attori esterni nelle dinamiche diplomatiche e militari della crisi. Nel quadrante Mediterraneo e nordafricano, inoltre, il 2014 portava una novità strategica significativa, ossia il ritorno dell'iniziativa russa nella formulazione degli equilibri politici e militari regionali.
L'instabilità generale nei territori che si affacciano sulla sponda sud del Mediterraneo rilanciò così la necessità di una riflessione generale sul ruolo dell'Italia nell'area.
Nell'ultimo lustro, la situazione ha registrato numerose evoluzioni che, a eccezione dello sradicamento dello Stato islamico nel 2016, procedono tutte in senso negativo nella prospettiva italiana. Minacce alla sicurezza delle imprese e dei cittadini italiani nel Paese, persistenza di flussi incontrollabili di migranti, diffusione del fenomeno del radicalismo islamico, conflittualità tra etnie e tribù che sfuggono al controllo centrale, corridoi energetici e interessi economici nazionali a rischio, sono solo alcuni dei temi che rischiano di saturare l'agenda di Roma.
Per comprende a fondo la situazione attuale nel Paese africano, e per immaginare, pianificare e prepararsi a scenari futuri, è necessario approfondire quella che è stata la storia libica, ed è stato questo il fine ultimo della mia tesi, concentrandomi in particolar modo nelle relazioni intercorse tra Roma e Tripoli, dalla Guerra italo-turca del 1911 e la Guerra di Libia del 2011.
La Libia è sempre stata di grande interesse strategico per chiunque aspirasse al controllo delle principali vie commerciali e di comunicazione marittima nel Mediterraneo meridionale, nonché per le sue immense risorse energetiche.
I moti del 2011, che hanno interessato l'intera fascia costiera nord-africana e il successivo intervento della comunità internazionale e di vari Paesi e attori stranieri hanno stravolto i fragili equilibri interni della Libia, proiettandola nuovamente in una situazione complessa e disomogenea, creando un contesto di notevole incertezza che, ancora oggi, sfortunatamente ne caratterizza lo scenario e rappresenta la base in cui possono facilmente prosperare instabilità, associazioni terroristiche, traffici illeciti di beni e persone e violenza.
La Guerra del 2011 scoppiava a distanza di un secolo esatto dall'inizio della campagna di Libia del 1911, quasi a sottolineare la ciclica instabilità che aveva afflitto un territorio "incerto", mai completamente consolidato, neanche sotto il duro controllo dall'impero ottomano.
Come in una terribile e speculare ironia, se all'attivismo militare italiano d'allora corrisposero ben pochi successi sul terreno, l'approccio sostanzialmente di reazione alle azioni altrui tenuto da Roma non ha prodotto risultati migliori.
A partire dal 2014, la Seconda guerra civile libica ha preso forma all'interno di un contesto politico-strategico segnato da dualismo di poteri tra il governo di Tripoli e quello di Tobruk, dall'apertura di un nuovo fronte della lotta contro l'ISIS e dal progressivo ingresso di attori esterni nelle dinamiche diplomatiche e militari della crisi. Nel quadrante Mediterraneo e nordafricano, inoltre, il 2014 portava una novità strategica significativa, ossia il ritorno dell'iniziativa russa nella formulazione degli equilibri politici e militari regionali.
L'instabilità generale nei territori che si affacciano sulla sponda sud del Mediterraneo rilanciò così la necessità di una riflessione generale sul ruolo dell'Italia nell'area.
Nell'ultimo lustro, la situazione ha registrato numerose evoluzioni che, a eccezione dello sradicamento dello Stato islamico nel 2016, procedono tutte in senso negativo nella prospettiva italiana. Minacce alla sicurezza delle imprese e dei cittadini italiani nel Paese, persistenza di flussi incontrollabili di migranti, diffusione del fenomeno del radicalismo islamico, conflittualità tra etnie e tribù che sfuggono al controllo centrale, corridoi energetici e interessi economici nazionali a rischio, sono solo alcuni dei temi che rischiano di saturare l'agenda di Roma.
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