Tesi etd-12092018-131939 |
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Tipo di tesi
Tesi di specializzazione (4 anni)
Autore
MENICHINI, MELISSA
URN
etd-12092018-131939
Titolo
Effetto degli inibitori delle pompe di efflusso sulla suscettibilità di Mycobacterium avium subsp. hominissuis alla claritromicina
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MICROBIOLOGIA E VIROLOGIA
Relatori
relatore Prof.ssa Rindi, Laura
Parole chiave
- berberina
- CCCP
- claritromicina
- inibitori delle pompe di efflusso
- Mycobacterium avium complex
- Mycobacterium avium subsp. hominissuis
- piperina
- tetrandrina
Data inizio appello
10/01/2019
Consultabilità
Completa
Riassunto
Mycobacterium avium subsp. hominissuis (MAH) è un micobatterio patogeno opportunista ad habitat prevalentemente ambientale in grado di provocare infezioni sia nell’uomo che nei suini. Come per tutti i micobatteri non tubercolari, in cui non vi è evidenza di una possibile trasmissione interumana diretta, si ritiene che l’acqua potabile e l’aerosol contaminato dal batterio siano le principali fonti d’infezione.
Le patologie determinate da MAH possono interessare diversi distretti tuttavia il coinvolgimento dell’apparato respiratorio rimane la sede in cui il micobatterio viene isolato più spesso e in cui determina una patologia cronica più o meno progressiva. Nei soggetti immunodepressi, come i pazienti HIV positivi, MAH può determinare anche una malattia disseminata che condiziona notevolmente la prognosi di questi soggetti.
Il trattamento di tali micobatteriosi prevede l’associazione di un macrolide, come farmaco di prima linea insieme ad almeno altri due farmaci per ridurre il rischio di indurre farmaco-resistenza.
La resistenza ai macrolidi in MAH è principalmente legata a tre diversi fattori. In primo luogo alla particolare struttura e composizione della parete cellulare che limita notevolmente l’ingresso dei farmaci. In secondo luogo alla presenza di mutazioni puntiformi nel gene rrl in posizione 2058 e/o 2059 (numerazione di Escherichia coli) che impediscono l’interazione dell’antibiotico con il suo bersaglio e in conseguenza la sua azione. E infine, alla presenza di pompe di efflusso che estromettono all’esterno della cellula varie molecole tra cui i farmaci, riducendone anche in questo caso l’efficacia. Per contrastare questo ultimo meccanismo di resistenza negli ultimi anni si stanno indagando varie molecole che sono appunto in grado di inibire tali pompe di efflusso.
In questo elaborato abbiamo pertanto cercato di studiare quattro diversi inibitori di pompe di efflusso (EPI), mai testati su MAH, e di valutane l’efficacia attraverso la loro capacità di ridurre la concentrazione minima inibente (MIC) della claritromicina in 12 isolati clinici di MAH suscettibili e resistenti al farmaco. Per tali motivi è stato allestito un saggio colorimetrico in microdiluizione su piastra (REMA) che ha permesso di valutare la MIC della claritromicina utilizzata da sola e in associazione con berberina, carbonil cianuro m-clorofenil idrazone (CCCP), tetrandrina e piperina.
Sebbene non nella totalità degli isolati, tutti e quattro gli EPI si sono dimostrati in grado di determinare una riduzione della MIC della claritromicina di almeno 7 diluizioni scalari. In particolare la tetrandrina ha indotto diminuzioni significative della MIC nel 50% degli isolati resistenti (3 su 6) provocando una riduzione della MIC di 11, 8 e 7 diluizioni scalari; tali effetti hanno comportato pertanto, il passaggio in due isolati a un profilo di suscettibilità, e in un isolato a un fenotipo intermedio di suscettibilità. La berberina invece, in associazione con l’antibiotico, ha promosso in un isolato un decremento della MIC di 13 diluizioni scalari fissando il nuovo valore (≤0.25 µg/ml) ben al di sotto del breakpoint di suscettibilità (≤8 µg/ml). In un secondo isolato ha determinato una riduzione della MIC di 7 diluizioni scalari, sufficiente per far acquisire al ceppo un profilo intermedio di suscettibilità al farmaco. Infine il CCCP e la piperina hanno indotto una riduzione significativa della MIC in su solo isolato determinando rispettivamente una diminuzione di quest’ultima di 13 e 9 diluizioni scalari. In entrambi i casi tale decremento della MIC rende i due ceppi in isolati sensibili alla claritromicina.
È stata inoltre indagata l’eventuale presenza di mutazioni puntiformi a livello del gene rrl per stabilire se vi possa essere o meno una correlazione della sua sequenza con la diversa efficacia dimostrata degli EPI testati. Cinque isolati resistenti su sei presentavano la sostituzione di una delle due adenine (genotipo wild type) con un’altra base azotata mentre in un isolato tale mutazione non è stata documentata. Proprio in questo isolato, tutti e quattro gli EPI testati in associazione con la claritromicina, sono riusciti a diminuire il valore della MIC al di sotto del breakpoint di suscettibilità. Questo dato, seppur supportato da un unico isolato, lascia ipotizzare che l’esistenza di pompe di efflusso in MAH costituisca uno dei principali fattori di resistenza che entrano in gioco quando non sono coinvolti eventi mutazionali.
Sulla base di tali dati si potrebbe quindi ipotizzare un possibile utilizzo clinico degli EPI in associazione con la CLA al fine di potenziare l’efficacia di quest’ultima nei confronti di isolati resistenti che non rispondono alla terapia convenzionale. Nel caso degli isolati sensibili, l’aggiunta degli EPI, potrebbe permettere di ridurre il dosaggio e/o la durata del trattamento che in molti casi risulta caratterizzata da innumerevoli effetti collaterali.
Pertanto lo studio di EPI già noti, e lo sviluppo di nuove molecole, che riescono ad contrastare tale meccanismo di resistenza potrebbe rappresentare un percorso perseguibile al fine di aggiungere nuove armi per la terapia di una patologia difficile da trattare come quella determinata da MAH.
Le patologie determinate da MAH possono interessare diversi distretti tuttavia il coinvolgimento dell’apparato respiratorio rimane la sede in cui il micobatterio viene isolato più spesso e in cui determina una patologia cronica più o meno progressiva. Nei soggetti immunodepressi, come i pazienti HIV positivi, MAH può determinare anche una malattia disseminata che condiziona notevolmente la prognosi di questi soggetti.
Il trattamento di tali micobatteriosi prevede l’associazione di un macrolide, come farmaco di prima linea insieme ad almeno altri due farmaci per ridurre il rischio di indurre farmaco-resistenza.
La resistenza ai macrolidi in MAH è principalmente legata a tre diversi fattori. In primo luogo alla particolare struttura e composizione della parete cellulare che limita notevolmente l’ingresso dei farmaci. In secondo luogo alla presenza di mutazioni puntiformi nel gene rrl in posizione 2058 e/o 2059 (numerazione di Escherichia coli) che impediscono l’interazione dell’antibiotico con il suo bersaglio e in conseguenza la sua azione. E infine, alla presenza di pompe di efflusso che estromettono all’esterno della cellula varie molecole tra cui i farmaci, riducendone anche in questo caso l’efficacia. Per contrastare questo ultimo meccanismo di resistenza negli ultimi anni si stanno indagando varie molecole che sono appunto in grado di inibire tali pompe di efflusso.
In questo elaborato abbiamo pertanto cercato di studiare quattro diversi inibitori di pompe di efflusso (EPI), mai testati su MAH, e di valutane l’efficacia attraverso la loro capacità di ridurre la concentrazione minima inibente (MIC) della claritromicina in 12 isolati clinici di MAH suscettibili e resistenti al farmaco. Per tali motivi è stato allestito un saggio colorimetrico in microdiluizione su piastra (REMA) che ha permesso di valutare la MIC della claritromicina utilizzata da sola e in associazione con berberina, carbonil cianuro m-clorofenil idrazone (CCCP), tetrandrina e piperina.
Sebbene non nella totalità degli isolati, tutti e quattro gli EPI si sono dimostrati in grado di determinare una riduzione della MIC della claritromicina di almeno 7 diluizioni scalari. In particolare la tetrandrina ha indotto diminuzioni significative della MIC nel 50% degli isolati resistenti (3 su 6) provocando una riduzione della MIC di 11, 8 e 7 diluizioni scalari; tali effetti hanno comportato pertanto, il passaggio in due isolati a un profilo di suscettibilità, e in un isolato a un fenotipo intermedio di suscettibilità. La berberina invece, in associazione con l’antibiotico, ha promosso in un isolato un decremento della MIC di 13 diluizioni scalari fissando il nuovo valore (≤0.25 µg/ml) ben al di sotto del breakpoint di suscettibilità (≤8 µg/ml). In un secondo isolato ha determinato una riduzione della MIC di 7 diluizioni scalari, sufficiente per far acquisire al ceppo un profilo intermedio di suscettibilità al farmaco. Infine il CCCP e la piperina hanno indotto una riduzione significativa della MIC in su solo isolato determinando rispettivamente una diminuzione di quest’ultima di 13 e 9 diluizioni scalari. In entrambi i casi tale decremento della MIC rende i due ceppi in isolati sensibili alla claritromicina.
È stata inoltre indagata l’eventuale presenza di mutazioni puntiformi a livello del gene rrl per stabilire se vi possa essere o meno una correlazione della sua sequenza con la diversa efficacia dimostrata degli EPI testati. Cinque isolati resistenti su sei presentavano la sostituzione di una delle due adenine (genotipo wild type) con un’altra base azotata mentre in un isolato tale mutazione non è stata documentata. Proprio in questo isolato, tutti e quattro gli EPI testati in associazione con la claritromicina, sono riusciti a diminuire il valore della MIC al di sotto del breakpoint di suscettibilità. Questo dato, seppur supportato da un unico isolato, lascia ipotizzare che l’esistenza di pompe di efflusso in MAH costituisca uno dei principali fattori di resistenza che entrano in gioco quando non sono coinvolti eventi mutazionali.
Sulla base di tali dati si potrebbe quindi ipotizzare un possibile utilizzo clinico degli EPI in associazione con la CLA al fine di potenziare l’efficacia di quest’ultima nei confronti di isolati resistenti che non rispondono alla terapia convenzionale. Nel caso degli isolati sensibili, l’aggiunta degli EPI, potrebbe permettere di ridurre il dosaggio e/o la durata del trattamento che in molti casi risulta caratterizzata da innumerevoli effetti collaterali.
Pertanto lo studio di EPI già noti, e lo sviluppo di nuove molecole, che riescono ad contrastare tale meccanismo di resistenza potrebbe rappresentare un percorso perseguibile al fine di aggiungere nuove armi per la terapia di una patologia difficile da trattare come quella determinata da MAH.
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