Thesis etd-12032019-163407 |
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Thesis type
Tesi di specializzazione (5 anni)
Author
TAURINO, ESTER
URN
etd-12032019-163407
Thesis title
Valutazione seriata di biomarcatori circolanti in pazienti con scompenso cardiaco acuto: correlati e valore prognostico
Department
MEDICINA CLINICA E SPERIMENTALE
Course of study
MEDICINA D'EMERGENZA-URGENZA
Supervisors
relatore Prof. Passino, Claudio
correlatore Dott. Vergaro, Giuseppe
correlatore Dott. Vergaro, Giuseppe
Keywords
- Biomarcatori
- Scompenso cardiaco acuto
Graduation session start date
18/12/2019
Availability
None
Summary
La dispnea acuta rappresenta un comune sintomo di presentazione al Dipartimento di Emergenza ed è complicata da un ampio spettro di possibili diagnosi differenziali, che il medico di emergenza si trova spesso a dover fronteggiare.
Lo scompenso cardiaco è attualmente uno dei principali problemi di salute pubblica, la cui prevalenza, stimata intorno a 26 milioni di persone in tutto il mondo, è in costante crescita a causa sia dell'invecchiamento della popolazione, sia del ripetersi di esacerbazioni acute, con conseguente aumento dei tassi di ospedalizzazione e dei costi per il sistema sanitario.
Nonostante l'ottimizzazione della terapia con farmaci e dispositivi, i pazienti con scompenso cardiaco sono spesso ricoverati in ospedale a causa dell'esacerbazione dei sintomi, con un alto tasso di riospedalizzazione entro 30 giorni dalla dimissione. Le percentuali di ricovero sono alte, fino al 20-30% nel primo mese, e aumentano ulteriormente durante l'anno successivo, raggiungendo valori fino al 50% entro sei mesi dalla dimissione.
L'identificazione di nuovi biomarcatori correlati ad ospedalizzazioni ricorrenti potrebbe avere un impatto sulla caratterizzazione dei pazienti per attuare interventi mirati, in quanto hanno mostrato un valore superiore a quello dei fattori di rischio clinici.
Tra i biomarcatori più comunemente utilizzati si annoverano NT-proBNP, indicativo di stretch miocardico e attivazione neuroormonale, e Troponina T ad alta sensibilità, surrogato di danno miocardico e rimodellamento avverso. Tuttavia, è noto che condizioni come malattie cardio-polmonari strutturali sottostanti (patologia cronica ostruttiva, ipertensione polmonare), anemia, età avanzata, fibrillazione atriale, sesso femminile ed insufficienza renale determinino livelli plasmatici più elevati di NT-proBNP, mentre l'obesità è una condizione che riduce i suoi livelli circolanti. Allo stesso modo, anche le troponine sono fortemente influenzate dall'età, dall'anamnesi di diabete mellito e dalla riduzione del filtrato glomerulare.
Di recente è emerso un nuovo biomarcatore, sST2, il quale, riflettendo i processi fisiopatologici di infiammazione, fibrosi e strech miocardico, correla con un rischio aumentato di rimodellamento ventricolare sinistro, rappresentando così un indicatore nel campo dello scompenso cardiaco in grado di agevolare l'identificazione dei pazienti ad alto rischio, che necessitino di ricovero ospedaliero.
Le linee guida dell'American Heart Association/American College of Cardiology (AHA/ACC) per la gestione dello scompenso cardiaco (classe IIb, livello di evidenza B) consigliano di utilizzare l'sST2 nei pazienti con scompenso cardiaco acuto, per una stratificazione del rischio più appropriata.
Inoltre, a differenza dei peptidi natriuretici, l’sST2 non è influenzato dall'età, dal BMI, dalla funzione renale o dall'eziologia dello scompenso cardiaco e, rispetto agli altri biomarcatori, presenta la minore variabilità intra-individuale. Per queste proprietà, l’sST2 è stato quindi proposto come il nuovo "gold standard" per la diagnosi differenziale, la prognosi ed il monitoraggio dei pazienti con scompenso cardiaco acuto.
Bayes-Genis et al. hanno dimostrato la validità di un approccio multi-biomarcatore che incorpora NT-proBNP, Troponina T ad alta sensibilità ed ST2 nel prevedere il rischio di ricovero ospedaliero ricorrente per peggioramento dello scompenso cardiaco, mortalità cardiovascolare e mortalità per qualsiasi causa.
Tuttavia, rimane incerto se i biomarcatori possano essere sfruttati come strumento per guidare la terapia dello scompenso cardiaco e successivamente ridurre i ricoveri ospedalieri ricorrenti, poiché non esistono dati sufficienti per supportare la titolazione della terapia per raggiungere livelli più bassi di NT-proBNP, Troponina T ad alta sensibilità ed sST2. Solo i peptidi natriuretici sono stati testati prospetticamente, con risultati contrastanti, in parte a causa delle disparità nella progettazione degli studi clinici. Inoltre, dopo l'introduzione di sacubitril/valsartan, è stato osservato che i livelli circolanti di BNP possono aumentare significativamente nelle prime 10 settimane di terapia farmacologica, mentre NT-proBNP non è un substrato per inibire la neprilisina, quindi può essere utilizzato anche nelle fasi iniziali del trattamento.
In uno studio recente su una popolazione anziana fragile e comorbida, principalmente con HFpEF (scompenso cardiaco con frazione di eiezione conservata), Pacho et al. hanno dimostrato che NT-proBNP e troponine non hanno alcuna associazione significativa con la ri-ospedalizzazione correlata a scompenso cardiaco o morte nei primi 30 giorni. Pertanto, è stato ipotizzato che sST2 possa essere più predittivo di NT-proBNP nell’endpoint primario composito di mortalità per tutte le cause o ri-ospedalizzazione per scompenso cardiaco.
Januzzi et al. hanno proposto un valore soglia di sST2 ≥35 ng/mL come fattore predittivo per una prognosi peggiore in pazienti con scompenso cardiaco acuto. Inoltre, valori di sST2 superiori a 70 ng/mL sono stati associati a un rischio maggiore di decesso durante il follow-up sia a breve (30 giorni) che a lungo termine (un anno). Una significativa attivazione delle vie neuro-ormonali e fibrotiche, che inducono rimodellamento miocardico dopo un evento acuto, potrebbe essere la ragione di questi risultati. Inoltre, nel contesto dello scompenso cardiaco acuto, è stato dimostrato che la misurazione seriale dei livelli di sST2 e la valutazione della variazione dinamica di questo biomarcatore durante il ricovero sono dotate di implicazioni prognostiche. Infine, i pazienti con una rapida diminuzione delle concentrazioni di sST2 dopo il ricovero ospedaliero, in particolare con una diminuzione >30% dei livelli di sST2 dal basale a 48-72 h, mostrano un follow-up a breve termine senza complicazioni, a differenza dei pazienti con livelli persistentemente elevati di sST2.
Recentemente, nei pazienti con scompenso cardiaco acuto sono state riscontrate concentrazioni elevate di FGF23, un ormone secreto dagli osteociti in risposta all'iperfosfatemia, da sempre considerato un indicatore di declino della funzione renale e mortalità nei pazienti con malattia renale cronica, che potrebbero fornire ulteriori informazioni prognostiche in pazienti non selezionati con dispnea acuta. Infatti Andersen I. et al. hanno dimostrato che i pazienti con scompenso cardiaco acuto hanno un marcato aumento di FGF23 nel plasma, sebbene l'espressione genica miocardica di FGF23 in questi pazienti sia simile a quella di soggetti sani. Inoltre, Richter et al. non hanno riscontrato alcuna sovra-regolazione dell'FGF23 nello scompenso cardiaco cronico, sostenendone quindi un ruolo solo in fase acuta.
Gli attuali meccanismi coinvolti nella relazione tra le concentrazioni di FGF23 e le malattie cardiovascolari devono ancora essere risolti, in quanto un’alterazione nel metabolismo del fosfato potrebbe essere sia la causa che il risultato delle malattie cardiovascolari. Tuttavia, le concentrazioni di FGF23 sono correlate all'aumento della massa e dei volumi del ventricolo sinistro, determinando un’associazione potenziale di FGF23 con il rimodellamento ventricolare sinistro e lo sviluppo di scompenso cardiaco. Inoltre, è stato dimostrato che le concentrazioni di FGF23 sono modestamente correlate alla frazione di eiezione ventricolare sinistra, a differenza di NT-proBNP, e comorbidità come ipertensione arteriosa, cardiopatia ischemica cronica, diabete mellito e fibrillazione atriale influenzano le concentrazioni all’ingresso di FGF23. Infine, è stato trovato che in pazienti con scompenso cardiaco acuto, eGFR, classe funzionale NYHA, storia di scompenso cardiaco e fibrillazione atriale, tutti fattori correlati a cardiopatia, sono predittori indipendenti delle concentrazioni di FGF23. Pertanto, sono stati attribuiti alcuni effetti benefici cardiovascolari ad FGF23, i cui incrementi acuti hanno dimostrato avere anche un effetto inotropo positivo mediante l’aumento acuto di calcio intracellulare nei cardiomiociti, un effetto che potrebbe essere abrogato dal verapamil, bloccante dei canali del calcio.
Lo scompenso cardiaco è attualmente uno dei principali problemi di salute pubblica, la cui prevalenza, stimata intorno a 26 milioni di persone in tutto il mondo, è in costante crescita a causa sia dell'invecchiamento della popolazione, sia del ripetersi di esacerbazioni acute, con conseguente aumento dei tassi di ospedalizzazione e dei costi per il sistema sanitario.
Nonostante l'ottimizzazione della terapia con farmaci e dispositivi, i pazienti con scompenso cardiaco sono spesso ricoverati in ospedale a causa dell'esacerbazione dei sintomi, con un alto tasso di riospedalizzazione entro 30 giorni dalla dimissione. Le percentuali di ricovero sono alte, fino al 20-30% nel primo mese, e aumentano ulteriormente durante l'anno successivo, raggiungendo valori fino al 50% entro sei mesi dalla dimissione.
L'identificazione di nuovi biomarcatori correlati ad ospedalizzazioni ricorrenti potrebbe avere un impatto sulla caratterizzazione dei pazienti per attuare interventi mirati, in quanto hanno mostrato un valore superiore a quello dei fattori di rischio clinici.
Tra i biomarcatori più comunemente utilizzati si annoverano NT-proBNP, indicativo di stretch miocardico e attivazione neuroormonale, e Troponina T ad alta sensibilità, surrogato di danno miocardico e rimodellamento avverso. Tuttavia, è noto che condizioni come malattie cardio-polmonari strutturali sottostanti (patologia cronica ostruttiva, ipertensione polmonare), anemia, età avanzata, fibrillazione atriale, sesso femminile ed insufficienza renale determinino livelli plasmatici più elevati di NT-proBNP, mentre l'obesità è una condizione che riduce i suoi livelli circolanti. Allo stesso modo, anche le troponine sono fortemente influenzate dall'età, dall'anamnesi di diabete mellito e dalla riduzione del filtrato glomerulare.
Di recente è emerso un nuovo biomarcatore, sST2, il quale, riflettendo i processi fisiopatologici di infiammazione, fibrosi e strech miocardico, correla con un rischio aumentato di rimodellamento ventricolare sinistro, rappresentando così un indicatore nel campo dello scompenso cardiaco in grado di agevolare l'identificazione dei pazienti ad alto rischio, che necessitino di ricovero ospedaliero.
Le linee guida dell'American Heart Association/American College of Cardiology (AHA/ACC) per la gestione dello scompenso cardiaco (classe IIb, livello di evidenza B) consigliano di utilizzare l'sST2 nei pazienti con scompenso cardiaco acuto, per una stratificazione del rischio più appropriata.
Inoltre, a differenza dei peptidi natriuretici, l’sST2 non è influenzato dall'età, dal BMI, dalla funzione renale o dall'eziologia dello scompenso cardiaco e, rispetto agli altri biomarcatori, presenta la minore variabilità intra-individuale. Per queste proprietà, l’sST2 è stato quindi proposto come il nuovo "gold standard" per la diagnosi differenziale, la prognosi ed il monitoraggio dei pazienti con scompenso cardiaco acuto.
Bayes-Genis et al. hanno dimostrato la validità di un approccio multi-biomarcatore che incorpora NT-proBNP, Troponina T ad alta sensibilità ed ST2 nel prevedere il rischio di ricovero ospedaliero ricorrente per peggioramento dello scompenso cardiaco, mortalità cardiovascolare e mortalità per qualsiasi causa.
Tuttavia, rimane incerto se i biomarcatori possano essere sfruttati come strumento per guidare la terapia dello scompenso cardiaco e successivamente ridurre i ricoveri ospedalieri ricorrenti, poiché non esistono dati sufficienti per supportare la titolazione della terapia per raggiungere livelli più bassi di NT-proBNP, Troponina T ad alta sensibilità ed sST2. Solo i peptidi natriuretici sono stati testati prospetticamente, con risultati contrastanti, in parte a causa delle disparità nella progettazione degli studi clinici. Inoltre, dopo l'introduzione di sacubitril/valsartan, è stato osservato che i livelli circolanti di BNP possono aumentare significativamente nelle prime 10 settimane di terapia farmacologica, mentre NT-proBNP non è un substrato per inibire la neprilisina, quindi può essere utilizzato anche nelle fasi iniziali del trattamento.
In uno studio recente su una popolazione anziana fragile e comorbida, principalmente con HFpEF (scompenso cardiaco con frazione di eiezione conservata), Pacho et al. hanno dimostrato che NT-proBNP e troponine non hanno alcuna associazione significativa con la ri-ospedalizzazione correlata a scompenso cardiaco o morte nei primi 30 giorni. Pertanto, è stato ipotizzato che sST2 possa essere più predittivo di NT-proBNP nell’endpoint primario composito di mortalità per tutte le cause o ri-ospedalizzazione per scompenso cardiaco.
Januzzi et al. hanno proposto un valore soglia di sST2 ≥35 ng/mL come fattore predittivo per una prognosi peggiore in pazienti con scompenso cardiaco acuto. Inoltre, valori di sST2 superiori a 70 ng/mL sono stati associati a un rischio maggiore di decesso durante il follow-up sia a breve (30 giorni) che a lungo termine (un anno). Una significativa attivazione delle vie neuro-ormonali e fibrotiche, che inducono rimodellamento miocardico dopo un evento acuto, potrebbe essere la ragione di questi risultati. Inoltre, nel contesto dello scompenso cardiaco acuto, è stato dimostrato che la misurazione seriale dei livelli di sST2 e la valutazione della variazione dinamica di questo biomarcatore durante il ricovero sono dotate di implicazioni prognostiche. Infine, i pazienti con una rapida diminuzione delle concentrazioni di sST2 dopo il ricovero ospedaliero, in particolare con una diminuzione >30% dei livelli di sST2 dal basale a 48-72 h, mostrano un follow-up a breve termine senza complicazioni, a differenza dei pazienti con livelli persistentemente elevati di sST2.
Recentemente, nei pazienti con scompenso cardiaco acuto sono state riscontrate concentrazioni elevate di FGF23, un ormone secreto dagli osteociti in risposta all'iperfosfatemia, da sempre considerato un indicatore di declino della funzione renale e mortalità nei pazienti con malattia renale cronica, che potrebbero fornire ulteriori informazioni prognostiche in pazienti non selezionati con dispnea acuta. Infatti Andersen I. et al. hanno dimostrato che i pazienti con scompenso cardiaco acuto hanno un marcato aumento di FGF23 nel plasma, sebbene l'espressione genica miocardica di FGF23 in questi pazienti sia simile a quella di soggetti sani. Inoltre, Richter et al. non hanno riscontrato alcuna sovra-regolazione dell'FGF23 nello scompenso cardiaco cronico, sostenendone quindi un ruolo solo in fase acuta.
Gli attuali meccanismi coinvolti nella relazione tra le concentrazioni di FGF23 e le malattie cardiovascolari devono ancora essere risolti, in quanto un’alterazione nel metabolismo del fosfato potrebbe essere sia la causa che il risultato delle malattie cardiovascolari. Tuttavia, le concentrazioni di FGF23 sono correlate all'aumento della massa e dei volumi del ventricolo sinistro, determinando un’associazione potenziale di FGF23 con il rimodellamento ventricolare sinistro e lo sviluppo di scompenso cardiaco. Inoltre, è stato dimostrato che le concentrazioni di FGF23 sono modestamente correlate alla frazione di eiezione ventricolare sinistra, a differenza di NT-proBNP, e comorbidità come ipertensione arteriosa, cardiopatia ischemica cronica, diabete mellito e fibrillazione atriale influenzano le concentrazioni all’ingresso di FGF23. Infine, è stato trovato che in pazienti con scompenso cardiaco acuto, eGFR, classe funzionale NYHA, storia di scompenso cardiaco e fibrillazione atriale, tutti fattori correlati a cardiopatia, sono predittori indipendenti delle concentrazioni di FGF23. Pertanto, sono stati attribuiti alcuni effetti benefici cardiovascolari ad FGF23, i cui incrementi acuti hanno dimostrato avere anche un effetto inotropo positivo mediante l’aumento acuto di calcio intracellulare nei cardiomiociti, un effetto che potrebbe essere abrogato dal verapamil, bloccante dei canali del calcio.
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