Tesi etd-11292009-234752 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
BORRELLI, NICLA
URN
etd-11292009-234752
Titolo
CARATTERIZZAZIONE MOLECOLARE DI UNA SERIE DI CARCINOMI TIROIDEI POCO DIFFERENZIATI E DELLE RELATIVE METASTASI LINFONODALI
Dipartimento
SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI
Corso di studi
SCIENZE FISIOPATOLOGICHE GENERALI
Relatori
relatore Dott. Giannini, Riccardo
relatore Prof. Basolo, Fulvio
relatore Prof. Basolo, Fulvio
Parole chiave
- Nessuna parola chiave trovata
Data inizio appello
14/12/2009
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
14/12/2049
Riassunto
I carcinomi tiroidei sono le neoplasie maligne più frequenti del sistema endocrino e vengono di norma classificati in ben differenziati (papillari e follicolari), poco differenziati (PDC) e indifferenziati o anaplastici in base al grado di differenziazione cellulare.
I PDC occupano una posizione intermedia dal punto di vista morfologico, patogenetico e come comportamento clinico tra i carcinomi ben differenziati e gli indifferenziati; infatti, pur mantenendo un certo grado di differenziazione cellulare, la loro capacità di metastatizzare e di infiltrare i tessuti paratiroidei è più vicina a quella degli anaplastici e hanno quindi una prognosi sicuramente peggiore rispetto alle lesioni neoplastiche ben differenziate. Inoltre, dal punto di vista genetico, possono presentare mutazioni (BRAF e RAS) caratteristiche che rappresentano un evento precoce nella tumorigenesi, ma anche mutazioni a carico di geni (ad es. TP53) coinvolti nella ulteriore progressione neoplastica, frequentemente riscontrati negli anaplastici. Le caratteristiche prime descritte hanno fatto supporre che alcune forme di lesioni poco differenziate deriverebbero da un carcinoma pre-esistente ben differenziato, in seguito ad una serie successiva di alterazioni che determinano il fenotipo più maligno. Mentre si attribuisce un’origine diversa a quei PDC che non presentano lo stesso pattern genetico e sono privi di aree residue ben differenziate.
I PDC rappresentano, quindi, un gruppo eterogeneo di tumori, di difficile approccio clinico-patologico; pertanto sono uno degli argomenti oggetto di maggiore dibattito nell’ambito della patologia tiroidea. Lo studio di questi carcinomi, attraverso l’analisi genetica, è fondamentale non solo per la comprensione della patogenesi, ma anche per l’individuazione di marcatori da impiegare nelle indagini diagnostiche, prognostiche e come ipotetico bersaglio per terapie farmacologiche.
La mia esperienza sperimentale si inserisce in un progetto di ricerca volto alla caratterizzazione mutazionale dei carcinomi poco differenziati, con particolare attenzione ai geni coinvolti nelle vie di trasduzione del segnale implicati nella iniziazione e progressione tumorale di numerosi tumori maligni umani, nonché di quella tiroidea, quali AKt-1 (es. 4), AKt-2 (es. 10, 11), PDK1 (es.10, 14), VEGFR2 (es. 26) e EGFR (es. 18, 19, 20, 21), appartenenti alla via delle MAP chinasi e della PI3K insieme ai geni PDGFRα (es.12, 18) e c-Kit (es. 9, 11, 13, 17). Le tecniche molecolari utilizzate sono: la Real Time PCR-HRMA, la PCR-SSCP e il sequenziamento genomico diretto.
L’analisi genica è stata condotta su 20 campioni di DNA estratto da tessuto tumorale congelato, ciascuno dei quali affiancato, quando possibile, all’analisi di DNA estratto da tessuto sano del lobo contro laterale e DNA estratto da metastasi linfonodale. I risultati preliminari non hanno rivelato alcuna variazione di sequenza negli esoni dei geni AKt-1, AKt-2, PDK1, VEGFR2 e negli esoni 18 e 19 del gene EGFR, né nel tessuto tumorale, né nelle corrispettive metastasi, né nel tessuto normale. Sono state invece riscontrate due variazioni di sequenza (germline) degli esoni 20 e 21 del gene EGFR; in dettaglio è stata evidenziata la presenza dello SNP c.2361 G > A (Q787Q; es. 20) in eterozigosi (4/20) e in omozigosi (8/20). Un singolo caso wild-type per la suddetta variazione, è risultato eterozigote per lo SNP c.2508 C > T (R836R; es. 21).
L’analisi dei geni PDGFRα e c-Kit è ancora in corso di completamento.
I PDC occupano una posizione intermedia dal punto di vista morfologico, patogenetico e come comportamento clinico tra i carcinomi ben differenziati e gli indifferenziati; infatti, pur mantenendo un certo grado di differenziazione cellulare, la loro capacità di metastatizzare e di infiltrare i tessuti paratiroidei è più vicina a quella degli anaplastici e hanno quindi una prognosi sicuramente peggiore rispetto alle lesioni neoplastiche ben differenziate. Inoltre, dal punto di vista genetico, possono presentare mutazioni (BRAF e RAS) caratteristiche che rappresentano un evento precoce nella tumorigenesi, ma anche mutazioni a carico di geni (ad es. TP53) coinvolti nella ulteriore progressione neoplastica, frequentemente riscontrati negli anaplastici. Le caratteristiche prime descritte hanno fatto supporre che alcune forme di lesioni poco differenziate deriverebbero da un carcinoma pre-esistente ben differenziato, in seguito ad una serie successiva di alterazioni che determinano il fenotipo più maligno. Mentre si attribuisce un’origine diversa a quei PDC che non presentano lo stesso pattern genetico e sono privi di aree residue ben differenziate.
I PDC rappresentano, quindi, un gruppo eterogeneo di tumori, di difficile approccio clinico-patologico; pertanto sono uno degli argomenti oggetto di maggiore dibattito nell’ambito della patologia tiroidea. Lo studio di questi carcinomi, attraverso l’analisi genetica, è fondamentale non solo per la comprensione della patogenesi, ma anche per l’individuazione di marcatori da impiegare nelle indagini diagnostiche, prognostiche e come ipotetico bersaglio per terapie farmacologiche.
La mia esperienza sperimentale si inserisce in un progetto di ricerca volto alla caratterizzazione mutazionale dei carcinomi poco differenziati, con particolare attenzione ai geni coinvolti nelle vie di trasduzione del segnale implicati nella iniziazione e progressione tumorale di numerosi tumori maligni umani, nonché di quella tiroidea, quali AKt-1 (es. 4), AKt-2 (es. 10, 11), PDK1 (es.10, 14), VEGFR2 (es. 26) e EGFR (es. 18, 19, 20, 21), appartenenti alla via delle MAP chinasi e della PI3K insieme ai geni PDGFRα (es.12, 18) e c-Kit (es. 9, 11, 13, 17). Le tecniche molecolari utilizzate sono: la Real Time PCR-HRMA, la PCR-SSCP e il sequenziamento genomico diretto.
L’analisi genica è stata condotta su 20 campioni di DNA estratto da tessuto tumorale congelato, ciascuno dei quali affiancato, quando possibile, all’analisi di DNA estratto da tessuto sano del lobo contro laterale e DNA estratto da metastasi linfonodale. I risultati preliminari non hanno rivelato alcuna variazione di sequenza negli esoni dei geni AKt-1, AKt-2, PDK1, VEGFR2 e negli esoni 18 e 19 del gene EGFR, né nel tessuto tumorale, né nelle corrispettive metastasi, né nel tessuto normale. Sono state invece riscontrate due variazioni di sequenza (germline) degli esoni 20 e 21 del gene EGFR; in dettaglio è stata evidenziata la presenza dello SNP c.2361 G > A (Q787Q; es. 20) in eterozigosi (4/20) e in omozigosi (8/20). Un singolo caso wild-type per la suddetta variazione, è risultato eterozigote per lo SNP c.2508 C > T (R836R; es. 21).
L’analisi dei geni PDGFRα e c-Kit è ancora in corso di completamento.
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