Tesi etd-11262019-222631 |
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Tipo di tesi
Tesi di specializzazione (5 anni)
Autore
PROFETI, ALESSIA
URN
etd-11262019-222631
Titolo
Comfort in terapia intensiva: come migliorare la qualità del sonno con approccio multimodale.
Dipartimento
PATOLOGIA CHIRURGICA, MEDICA, MOLECOLARE E DELL'AREA CRITICA
Corso di studi
ANESTESIA, RIANIMAZIONE, TERAPIA INTENSIVA E DEL DOLORE
Relatori
relatore Prof. Forfori, Francesco
correlatore Dott. Roncucci, Paolo
correlatore Dott. Roncucci, Paolo
Parole chiave
- comfort
- dexmedetomidina
- sonno
- terapia intensiva
Data inizio appello
19/12/2019
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
19/12/2089
Riassunto
Il sonno riveste un’importanza fondamentale per la qualità della vita del paziente durante la degenza in terapia intensiva. L’assenza o la scarsa qualità del riposo sono dovute a diversi fattori tra cui la patologia per cui il paziente è ricoverato, l’ambiente ospedaliero, le manovre e le cure a cui è sottoposto. La privazione del sonno, oltre ad avere un impatto psicologico negativo sulla persona che la sperimenta, può portare ad alterazione dell’omeostasi di altri apparati. Al fine di migliorarne la durata e la qualità è stato ideato un protocollo multimodale che prevede la somministrazione incrementale di dexmedetomidina insieme all’utilizzo di presidi quali mascherina per gli occhi e tappi per orecchie.
La raccolta dati è avvenuta presso la terapia intensiva e subintensiva dell’ospedale di Livorno nel periodo compreso tra il 29 luglio 2019 e il 15 settembre 2019 e sono stati randomizzati 41 pazienti. I criteri di esclusione: minorenni, patologie che pregiudicassero l’utilizzo dei tappi per le orecchie, come, ad esempio, frattura della base cranica, preesistente patologia neurodegenerativa. Non sono stati inclusi nell’analisi statistica i pazienti con totale amnesia della degenza, confusione al momento della somministrazione del questionario.
Il protocollo prevedeva l’inizio della somministrazione di dexmedetomidina alle ore 21 al dosaggio di 0,4mcg/kg/h. A distanza di un’ora il paziente veniva valutato dall’infermiere mediante la scala RASS. L’obbiettivo della somministrazione dell’ipnotico era di portare il paziente a uno score di -1/-2 ovvero sedato ma risvegliabile allo stimolo verbale. Solo allora venivano proposti ai pazienti mascherina e tappi per le orecchie per ridurre il rumore e la luce. Nel caso in cui il paziente fosse stato trovato sveglio, previo avviso al medico di guardia, l’infermiere avrebbe aumentato il dosaggio del dexmedetomidina di 0,1 mcg/kg/h, con l’indicazione di non superare il dosaggio di 0,7mcg/kg/h.
L’intervista prevedeva domande riguardanti il comfort generale e sulla qualità del sonno durante la degenza in terapia intensiva. Il protocollo si è rivelato efficace nel migliorare la qualità del sonno (p=0.000), ridurre il tempo di addormentamento (p=0.03) e ridurre il tempo di addormentamento una volta risvegliati nella notte (p= 0.022) rispetto al gruppo di controllo. Al contrario il procollo non è risultato utile nel ridurre i risvegli notturni (p=0.06).
Visti gli scarsi effetti collaterali, il protocollo può essere proposto alla maggior parte dei pazienti ricoverati. Poichè il sonno può essere disturbato da molti altri fattori sia personali che ambientali, per future ricerche potrebbe essere utile aumentare il numero degli elementi su cui agire, per esempio l’impostazione di modalità ventilatorie più confacenti il sonno durante lo svezzamento dal ventilatore, preferire, quando possibile, farmaci con minori effetti collaterali sul sonno e migliorare aspetti già in uso come il controllo del dolore, e ridurre il più possibile le attività notturne procrastinabili. Per aumentare la significatività potrebbe essere utile pianificare un studio con un campione più ampio a doppio cieco.
La raccolta dati è avvenuta presso la terapia intensiva e subintensiva dell’ospedale di Livorno nel periodo compreso tra il 29 luglio 2019 e il 15 settembre 2019 e sono stati randomizzati 41 pazienti. I criteri di esclusione: minorenni, patologie che pregiudicassero l’utilizzo dei tappi per le orecchie, come, ad esempio, frattura della base cranica, preesistente patologia neurodegenerativa. Non sono stati inclusi nell’analisi statistica i pazienti con totale amnesia della degenza, confusione al momento della somministrazione del questionario.
Il protocollo prevedeva l’inizio della somministrazione di dexmedetomidina alle ore 21 al dosaggio di 0,4mcg/kg/h. A distanza di un’ora il paziente veniva valutato dall’infermiere mediante la scala RASS. L’obbiettivo della somministrazione dell’ipnotico era di portare il paziente a uno score di -1/-2 ovvero sedato ma risvegliabile allo stimolo verbale. Solo allora venivano proposti ai pazienti mascherina e tappi per le orecchie per ridurre il rumore e la luce. Nel caso in cui il paziente fosse stato trovato sveglio, previo avviso al medico di guardia, l’infermiere avrebbe aumentato il dosaggio del dexmedetomidina di 0,1 mcg/kg/h, con l’indicazione di non superare il dosaggio di 0,7mcg/kg/h.
L’intervista prevedeva domande riguardanti il comfort generale e sulla qualità del sonno durante la degenza in terapia intensiva. Il protocollo si è rivelato efficace nel migliorare la qualità del sonno (p=0.000), ridurre il tempo di addormentamento (p=0.03) e ridurre il tempo di addormentamento una volta risvegliati nella notte (p= 0.022) rispetto al gruppo di controllo. Al contrario il procollo non è risultato utile nel ridurre i risvegli notturni (p=0.06).
Visti gli scarsi effetti collaterali, il protocollo può essere proposto alla maggior parte dei pazienti ricoverati. Poichè il sonno può essere disturbato da molti altri fattori sia personali che ambientali, per future ricerche potrebbe essere utile aumentare il numero degli elementi su cui agire, per esempio l’impostazione di modalità ventilatorie più confacenti il sonno durante lo svezzamento dal ventilatore, preferire, quando possibile, farmaci con minori effetti collaterali sul sonno e migliorare aspetti già in uso come il controllo del dolore, e ridurre il più possibile le attività notturne procrastinabili. Per aumentare la significatività potrebbe essere utile pianificare un studio con un campione più ampio a doppio cieco.
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