Tesi etd-11262019-193629 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
VERGATTI, MATTEO SAVERIO
URN
etd-11262019-193629
Titolo
Elaborazione e inversione Full-Waveform di dati sismici 3-D terrestri per la stima di un modello acustico tridimensionale a bassa frequenza
Dipartimento
SCIENZE DELLA TERRA
Corso di studi
GEOFISICA DI ESPLORAZIONE E APPLICATA
Relatori
relatore Prof. Mazzotti, Alfredo
correlatore Dott. Tognarelli, Andrea
controrelatore Prof. Stucchi, Eusebio Maria
correlatore Dott. Tognarelli, Andrea
controrelatore Prof. Stucchi, Eusebio Maria
Parole chiave
- 3-D
- acustica
- dato
- FWI
- inversione
- misfit
- modello
- processing
- sismica
- velocità
Data inizio appello
13/12/2019
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
13/12/2089
Riassunto
Il seguente lavoro di tesi è incentrato sull’elaborazione ed inversione di dati sismici terrestri per la stima di un modello tridimensionale a bassa frequenza delle velocità di propagazione delle onde di pressione nel sottosuolo. Il dato sismico studiato è stato acquisito nell’area Larderello (PI) per conto di un progetto di esplorazione di interesse geotermico commissionato e di proprietà di Enel Green Power.
Il metodo di inversione adoperato consiste nella “Full-Waveform Inversion (FWI)”. In termini generali, essa sfrutta l’intero campo d’onda per stimare i parametri fisici del sottosuolo attraverso la minimizzazione dell’errore tra il campo d’onda misurato e quello stimato. Lo scarso contenuto di basse frequenze, l’estensione limitata dell’offset massimo e la forte contaminazione del rumore sul segnale di interesse rendono il dato in esame non ideale per un’inversione di questo tipo. Per sopperire, almeno in parte, a questi problemi, prima di avviare l’inversione, il dato è stato sottoposto a una sequenza di pre-processing che fa leva su operazioni di despiking, rimozione delle tracce rumorose, deconvoluzione f-x e filtro passa-basso con lo scopo di migliorarne la qualità in termini di rapporto segnale rumore.
Successivamente sono stati selezionati alcuni shot gather e su questi si è applicata una maschera di muting che preserva le fasi trasmesse del campo d’onda ed in particolare arrivi diretti, rifratti ed onde guidate.
L’inversione Full-Waveform è, come noto, un problema fortemente affetto da non-linearità, mal-condizionamento e richiede lunghi tempi di calcolo. Al fine di contenere tali problematiche, è stata assunta una caratterizzazione acustica del semispazio investigato. Quindi l’unica variabile incognita da ricercare è la velocità delle onde P.
Inoltre, in ragione della forte non linearità della FWI, si è ritenuto opportuno intraprendere la scelta di ricorrere ad un metodo di inversione globale, basato sugli Algoritmi Genetici. La FWI classica, basata sul metodo locale, esegue una ricerca iterativa che segue la direzione negativa del gradiente di una funzione errore. Di conseguenza, l’esito della FWI dipende fortemente dal modello a priori in quanto è richiesto che questi giaccia nel bacino di attrazione del minimo globale della funzione errore. Venuto meno questo prerequisito, l’iterazione convergerebbe verso una soluzione di minimo locale, che non corrisponde al modello vero. Con i metodi di ottimizzazione globale come gli Algoritmi Genetici, invece, è favorita una più ampia esplorazione nello spazio dei modelli. Questi modelli vengono iterativamente creati e ricreati entro i limiti di un intorno di valori fissato dall’utente e vanno a costituire una così detta popolazione, che è in continua evoluzione. Non è previsto nessun calcolo delle derivate perché a ciascuna soluzione vengono apportate delle variazioni casuali. Le soluzioni vengono poi ricombinate tra loro, e si selezionano quelle a cui corrisponde un miglior data-fitting. Alla fine del processo iterativo, si sceglie il modello di best-fit. Il fatto che l’oggetto di studio sia dato da molteplici soluzioni possibili è causa dell’ingente costo computazionale di questa tecnica, che cresce in modo esponenziale rispetto al numero di incognite. Il problema delle tempistiche procedurali dell’algoritmo è stato affrontato col ricorso ad uno starting model comunque quanto più accurato. Se da una parte il metodo globale ha il vantaggio di essere meno influenzato dalla soluzione di partenza, dall’altra è richiesta una esplorazione più estesa nello spazio dei modelli quando la soluzione di partenza è lontana da quella vera. Questo significa estendere i range di valori ammissibili attorno al modello iniziale e di conseguenza aumentare il numero di individui per popolazione affinché l’esplorazione sia efficace. Ne consegue un maggior numero di modelli da valutare e quindi forward model da calcolare richiedendo tempi di calcolo maggiori. Viceversa, se si opta per uno starting model che genera dati già prossimi a quelli osservati, è sufficiente ricercare il modello di best-fit in uno spazio più ridotto, cosicché è consentito impiegare un numero minore di individui per popolazione. Inoltre, obiettivo del lavoro è una stima del modello di velocità a bassa frequenza quindi la discretizzazione del modello cercato è composta da un numero ridotto di nodi. Ridurre il numero di incognite consente di contenere il costo computazionale.
In una prima fase del lavoro si è scelta la linea di acquisizione 1030 per effettuare dei test di inversione da estendere poi all’intero volume di dati.
I primi due test hanno utilizzato gli inviluppi nella funzione di misfit e hanno dimostrato l’importanza del modello a priori che si utilizza. Il primo test ha fatto riferimento a un modello tomografico derivante da una linea sismica orientata trasversalmente alla linea 1030, quindi si è estratto e utilizzato il modello 1-D in corrispondenza del punto di intersezione. I risultati di questo primo test non sono stati soddisfacenti e la causa è stata attribuita direttamente al modello di input, il quale dall’analisi del data-fitting risulta poco accurato. Un secondo test è stato condotto impiegando uno starting-model ricavato dal modello 1-D usato per effettuare le correzioni statiche. Tale modello ha consentito l’impiego di un intorno di esplorazione più ristretto mantenendo invariati gli altri parametri d’inversione. Il secondo test ha generato un modello di velocità che predice i sismogrammi osservati. Sia il primo che il secondo test utilizzano gli inviluppi nella funzione di misfit.
Col proposito di migliorare la precisione del risultato finale, un terzo test d’inversione è stato eseguito calcolando il misfit direttamente sulle forme d’onda. Il modello di best-fit prodotto dal test due è stato usato come starting model in questo terzo test. Gli esiti conseguiti non sono stati quelli sperati. Il data-fitting relativo a molti sismogrammi è notevolmente compromesso da fenomeni di cycle-skipping. L’eventualità di sopperire a questo problema abbassando la frequenza di taglio del filtro è stata scartata in ragione dello scarso contenuto iniziale delle basse frequenze nel dato.
Confrontando gli sviluppi del secondo e del terzo test, quindi, si è valutato che l’inversione risulta più efficace calcolando il misfit sugli inviluppi anziché sulle forme d’onda a causa delle condizioni spettrali del dato in esame. Tale insuccesso è stato imputato a una difficile stima dell’ondina e ad una sua forte non stazionarietà. Pertanto l’esperienza del secondo test ha definito il tuning guida da impiegare per le altre linee.
I modelli bidimensionali ottenuti, otto in tutto, sono stati successivamente uniti in modo da ottenere un modello 3-D. Infine, con un’interpolazione lineare si è riportato il volume di velocità invertito alle dimensioni del volume sismico.Mettendo a confronto sezioni parallele estratte dal volume si osserva una discreta analogia nell’andamento delle velocità, in particolare presso i livelli più superficiali.
In vista di eventuali sviluppi futuri di questo lavoro, si valuta la possibilità di indirizzare il modello finale a successivi test di inversione locale 3-D, con la speranza di conseguire esiti più rigorosi per quanto riguarda il data-fitting andando a validare il modello ottenuto in questo lavoro.
Il metodo di inversione adoperato consiste nella “Full-Waveform Inversion (FWI)”. In termini generali, essa sfrutta l’intero campo d’onda per stimare i parametri fisici del sottosuolo attraverso la minimizzazione dell’errore tra il campo d’onda misurato e quello stimato. Lo scarso contenuto di basse frequenze, l’estensione limitata dell’offset massimo e la forte contaminazione del rumore sul segnale di interesse rendono il dato in esame non ideale per un’inversione di questo tipo. Per sopperire, almeno in parte, a questi problemi, prima di avviare l’inversione, il dato è stato sottoposto a una sequenza di pre-processing che fa leva su operazioni di despiking, rimozione delle tracce rumorose, deconvoluzione f-x e filtro passa-basso con lo scopo di migliorarne la qualità in termini di rapporto segnale rumore.
Successivamente sono stati selezionati alcuni shot gather e su questi si è applicata una maschera di muting che preserva le fasi trasmesse del campo d’onda ed in particolare arrivi diretti, rifratti ed onde guidate.
L’inversione Full-Waveform è, come noto, un problema fortemente affetto da non-linearità, mal-condizionamento e richiede lunghi tempi di calcolo. Al fine di contenere tali problematiche, è stata assunta una caratterizzazione acustica del semispazio investigato. Quindi l’unica variabile incognita da ricercare è la velocità delle onde P.
Inoltre, in ragione della forte non linearità della FWI, si è ritenuto opportuno intraprendere la scelta di ricorrere ad un metodo di inversione globale, basato sugli Algoritmi Genetici. La FWI classica, basata sul metodo locale, esegue una ricerca iterativa che segue la direzione negativa del gradiente di una funzione errore. Di conseguenza, l’esito della FWI dipende fortemente dal modello a priori in quanto è richiesto che questi giaccia nel bacino di attrazione del minimo globale della funzione errore. Venuto meno questo prerequisito, l’iterazione convergerebbe verso una soluzione di minimo locale, che non corrisponde al modello vero. Con i metodi di ottimizzazione globale come gli Algoritmi Genetici, invece, è favorita una più ampia esplorazione nello spazio dei modelli. Questi modelli vengono iterativamente creati e ricreati entro i limiti di un intorno di valori fissato dall’utente e vanno a costituire una così detta popolazione, che è in continua evoluzione. Non è previsto nessun calcolo delle derivate perché a ciascuna soluzione vengono apportate delle variazioni casuali. Le soluzioni vengono poi ricombinate tra loro, e si selezionano quelle a cui corrisponde un miglior data-fitting. Alla fine del processo iterativo, si sceglie il modello di best-fit. Il fatto che l’oggetto di studio sia dato da molteplici soluzioni possibili è causa dell’ingente costo computazionale di questa tecnica, che cresce in modo esponenziale rispetto al numero di incognite. Il problema delle tempistiche procedurali dell’algoritmo è stato affrontato col ricorso ad uno starting model comunque quanto più accurato. Se da una parte il metodo globale ha il vantaggio di essere meno influenzato dalla soluzione di partenza, dall’altra è richiesta una esplorazione più estesa nello spazio dei modelli quando la soluzione di partenza è lontana da quella vera. Questo significa estendere i range di valori ammissibili attorno al modello iniziale e di conseguenza aumentare il numero di individui per popolazione affinché l’esplorazione sia efficace. Ne consegue un maggior numero di modelli da valutare e quindi forward model da calcolare richiedendo tempi di calcolo maggiori. Viceversa, se si opta per uno starting model che genera dati già prossimi a quelli osservati, è sufficiente ricercare il modello di best-fit in uno spazio più ridotto, cosicché è consentito impiegare un numero minore di individui per popolazione. Inoltre, obiettivo del lavoro è una stima del modello di velocità a bassa frequenza quindi la discretizzazione del modello cercato è composta da un numero ridotto di nodi. Ridurre il numero di incognite consente di contenere il costo computazionale.
In una prima fase del lavoro si è scelta la linea di acquisizione 1030 per effettuare dei test di inversione da estendere poi all’intero volume di dati.
I primi due test hanno utilizzato gli inviluppi nella funzione di misfit e hanno dimostrato l’importanza del modello a priori che si utilizza. Il primo test ha fatto riferimento a un modello tomografico derivante da una linea sismica orientata trasversalmente alla linea 1030, quindi si è estratto e utilizzato il modello 1-D in corrispondenza del punto di intersezione. I risultati di questo primo test non sono stati soddisfacenti e la causa è stata attribuita direttamente al modello di input, il quale dall’analisi del data-fitting risulta poco accurato. Un secondo test è stato condotto impiegando uno starting-model ricavato dal modello 1-D usato per effettuare le correzioni statiche. Tale modello ha consentito l’impiego di un intorno di esplorazione più ristretto mantenendo invariati gli altri parametri d’inversione. Il secondo test ha generato un modello di velocità che predice i sismogrammi osservati. Sia il primo che il secondo test utilizzano gli inviluppi nella funzione di misfit.
Col proposito di migliorare la precisione del risultato finale, un terzo test d’inversione è stato eseguito calcolando il misfit direttamente sulle forme d’onda. Il modello di best-fit prodotto dal test due è stato usato come starting model in questo terzo test. Gli esiti conseguiti non sono stati quelli sperati. Il data-fitting relativo a molti sismogrammi è notevolmente compromesso da fenomeni di cycle-skipping. L’eventualità di sopperire a questo problema abbassando la frequenza di taglio del filtro è stata scartata in ragione dello scarso contenuto iniziale delle basse frequenze nel dato.
Confrontando gli sviluppi del secondo e del terzo test, quindi, si è valutato che l’inversione risulta più efficace calcolando il misfit sugli inviluppi anziché sulle forme d’onda a causa delle condizioni spettrali del dato in esame. Tale insuccesso è stato imputato a una difficile stima dell’ondina e ad una sua forte non stazionarietà. Pertanto l’esperienza del secondo test ha definito il tuning guida da impiegare per le altre linee.
I modelli bidimensionali ottenuti, otto in tutto, sono stati successivamente uniti in modo da ottenere un modello 3-D. Infine, con un’interpolazione lineare si è riportato il volume di velocità invertito alle dimensioni del volume sismico.Mettendo a confronto sezioni parallele estratte dal volume si osserva una discreta analogia nell’andamento delle velocità, in particolare presso i livelli più superficiali.
In vista di eventuali sviluppi futuri di questo lavoro, si valuta la possibilità di indirizzare il modello finale a successivi test di inversione locale 3-D, con la speranza di conseguire esiti più rigorosi per quanto riguarda il data-fitting andando a validare il modello ottenuto in questo lavoro.
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