Tesi etd-11212020-160404 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
BOCALE, VERONICA
URN
etd-11212020-160404
Titolo
Dalla vendetta al dialogo: il paradigma della giustizia riparativa
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Prof.ssa Bonini, Valentina
Parole chiave
- basic principles
- giustizia egemonica
- giustizia negoziata
- giustizia riparativa
- mediazione penale
- sacrificio
- vendetta
Data inizio appello
09/12/2020
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
09/12/2090
Riassunto
Questo studio si propone di illustrare l’evoluzione della c.d. Restorative Justice intesa quale modello alternativo di giustizia penale. La prima parte di questa elaborato è incentrata sulla storia della giustizia penale, al fine di comprendere al meglio come, nel corso degli anni, il sistema penale abbia posto al centro della sua attenzione soggetti diversi, come abbia assunto carattere privatistico, negoziale per poi passare ad averne uno egemonico e pubblicistico incentrato quasi più sull’irrogazione della pena quale risarcimento per la respublica piuttosto che per la vittima del reato. Questo excursus storico ci permetterà di poter comprendere come la storia del processo penale sia stato un faticoso avvento, ogni volta ostacolato nei fatti, di un apparato di protezione e garanzie disposto intorno all’accusato e alla vittima e ai loro diritti. Essa ha conosciuto crisi e regressioni, insieme a fasi in cui è stata soggiogata a disegni tirannici e a progetti di dominio politico e può conoscerne ancora perché ancora oggi appare la volontà di farne un ottuso mezzo repressivo o la pretesa di trasformarla in occasione di privilegiata impunità . Alla fine di questa ricostruzione storica potremmo notare come fin dall’antichità gli uomini hanno escogitato due forme fondamentali di riparazione di quelli che consideravano crimini: il sacrificio, quale forma di riparazione per quei fatti che colpivano la pax deorum e quindi in grado di mettere in discussione la protezione delle divinità nei confronti della comunità, e la vendetta, quale forma di riparazione ordinaria per quei fatti che mettevano in discussione i rapporti tra famiglie e clan in un tempo in cui l’individuo contava solo come parte di un gruppo
Nella seconda parte, tratteremo dell’epoca Medievale, epoca in cui si è passati da una giustizia negoziata tra le parti dove il giudice era solo un soggetto spettatore terzo, imparziale davanti alle a forme di composizione delle liti diverse dal processo com’erano l’istituto della Pax e della Transactio ad una forma di giustizia che ha assunto sempre di più il carattere egemonico. Il processo di tipo accusatorio viene inizialmente ad affiancarsi, per poi essere completamente sovrastato da un processo inquisitorio che tramuta il ruolo del giudice da spettatore impassibile ed imparziale a protagonista principale del sistema processuale per estirpare eresie, debellare magie e scovare i delitti di stregoneria. Le tecniche di questo tipo di processo sono peculiari e finalizzate a far brancolare nel buio l’imputato in quanto non esiste in questo tipo di rito il principio di parità tra l’accusa e la difesa , il contraddittorio tra le parti e le peculiarità di questo modello processuale sono la segretezza del procedimento, la scrittura degli atti processuali, lo stato di restrizione del giudicabile che è detenuto mediante l’uso costante della carcerazione preventiva da parte del giudice-inquisitore che è l’unico titolare del potere di formazione della prova . Nella terza parte noteremo come questo modo di amministrare la giustizia penale, verrà poi superato dopo la Rivoluzione Francese del 1789 con la nascita del movimento illuminista dalla quale sorsero i principi liberali e garantisti della legalità del reato e della pena, della proporzionalità della sanzione penale rispetto al reato commesso nonché l’umanizzazione e la razionalizzazione del processo. In questo contesto parleremo di Cesare Beccaria e della sua opera “Dei Delitti e delle Pene” con il quale ha dato una nuova disciplina al diritto penale sia sostanziale che procedurale, un diritto volto a garantire la libertà dei cittadini per mezzo di quel “contratto sociale” , seppur rivisitato, che avevano già teorizzato i giusnaturalisti. Alla fine di questa seconda parte, potremo constatare, come, appunto, il sistema penale non è mai andato verso l’incivilimento ma bensì ha conosciuto fasi alterne tra crisi e sviluppo, in quanto dopo Beccaria, nell’Ottocento a causa di stati di emergenza e di “sommosse” che si verificarono all’interno degli Stati preunitari l’autorità politica tornò ad un inasprimento delle pene; in tale contesto compaiono anche le prime forme di pena preventiva fino ad allora sconosciute al sistema di repressione.
Nella quarta parte analizzeremo la nascita e l’evoluzione della giustizia riparativa. Si è cominciato a parlare di questi modelli alternativi di giustizia a partire dagli anni Settanta del Novecento, soprattutto negli Stati Uniti, come di un nuovo approccio alla giustizia penale che muove dal superamento della logica tradizionale del castigo per proporre un’interpretazione relazionale del conflitto connesso al reato con l’utilizzo di strumenti alternativi alla pena in senso stretto, allo scopo di promuovere la riconciliazione tra il reo e la vittima e di riparare consensualmente le conseguenze del reato . Il tema ha guadagnato un rilievo sempre maggiore nell’ambito del dibattito internazionale fino ad essere riconosciuto anche normativamente: l’attenzione delle organizzazioni sovranazionali vi si è rivolta a partire dagli anni Ottanta soprattutto, come vedremo, in coincidenza con la riscoperta della vittima nell’ambito del procedimento penale. Prenderemo in esame soprattutto, come parametro di riferimento, la direttiva 2012/29/UE del 25 ottobre 2012, la quale istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato, e che sostituisce la precedente decisione quadro 2001/220/GA , consentendoci di riscoprire il “ruolo” della vittima e le relative garanzie ad essa attribuite nell’ottica di un suo maggior protagonismo nel procedimento penale. Noteremo che il modello tradizionale di giustizia penale – per così dire “autoritativo”, orientato all'applicazione della sanzione penale classica – viene abbandonato a favore di un modello consensuale, partecipativo, che esalta il ruolo della persona offesa. In base a tale paradigma, lo Stato rinuncia alla risposta punitiva tradizionale perché dopo il fatto-reato interviene un quid pluris che va ad incidere direttamente sull'offesa arrecata dal reato. Nella giustizia conciliativa strettamente intesa, l’elemento aggiuntivo è costituito dalla conciliazione tra la vittima e l’autore, la quale ricompone il conflitto generato dal comportamento illecito. In altre modalità operative della giustizia riparativa il fatto ulteriore è rappresentato da un comportamento volto alla rimozione dell’offesa: viene realizzata una condotta volta alla eliminazione (o attenuazione) del danno o del pericolo provocato (il c.d. danno criminale), oppure, quando la riduzione in pristino non sia possibile, si provvede al mero risarcimento per equivalente .Inizieremo dal c.d esperimento di Kitchener che, in letteratura, viene individuato come dies a quo della giustizia riparativa moderna per poi arrivare ad individuare le varie prassi riparative che si sono venute a creare.
Nella seconda parte, tratteremo dell’epoca Medievale, epoca in cui si è passati da una giustizia negoziata tra le parti dove il giudice era solo un soggetto spettatore terzo, imparziale davanti alle a forme di composizione delle liti diverse dal processo com’erano l’istituto della Pax e della Transactio ad una forma di giustizia che ha assunto sempre di più il carattere egemonico. Il processo di tipo accusatorio viene inizialmente ad affiancarsi, per poi essere completamente sovrastato da un processo inquisitorio che tramuta il ruolo del giudice da spettatore impassibile ed imparziale a protagonista principale del sistema processuale per estirpare eresie, debellare magie e scovare i delitti di stregoneria. Le tecniche di questo tipo di processo sono peculiari e finalizzate a far brancolare nel buio l’imputato in quanto non esiste in questo tipo di rito il principio di parità tra l’accusa e la difesa , il contraddittorio tra le parti e le peculiarità di questo modello processuale sono la segretezza del procedimento, la scrittura degli atti processuali, lo stato di restrizione del giudicabile che è detenuto mediante l’uso costante della carcerazione preventiva da parte del giudice-inquisitore che è l’unico titolare del potere di formazione della prova . Nella terza parte noteremo come questo modo di amministrare la giustizia penale, verrà poi superato dopo la Rivoluzione Francese del 1789 con la nascita del movimento illuminista dalla quale sorsero i principi liberali e garantisti della legalità del reato e della pena, della proporzionalità della sanzione penale rispetto al reato commesso nonché l’umanizzazione e la razionalizzazione del processo. In questo contesto parleremo di Cesare Beccaria e della sua opera “Dei Delitti e delle Pene” con il quale ha dato una nuova disciplina al diritto penale sia sostanziale che procedurale, un diritto volto a garantire la libertà dei cittadini per mezzo di quel “contratto sociale” , seppur rivisitato, che avevano già teorizzato i giusnaturalisti. Alla fine di questa seconda parte, potremo constatare, come, appunto, il sistema penale non è mai andato verso l’incivilimento ma bensì ha conosciuto fasi alterne tra crisi e sviluppo, in quanto dopo Beccaria, nell’Ottocento a causa di stati di emergenza e di “sommosse” che si verificarono all’interno degli Stati preunitari l’autorità politica tornò ad un inasprimento delle pene; in tale contesto compaiono anche le prime forme di pena preventiva fino ad allora sconosciute al sistema di repressione.
Nella quarta parte analizzeremo la nascita e l’evoluzione della giustizia riparativa. Si è cominciato a parlare di questi modelli alternativi di giustizia a partire dagli anni Settanta del Novecento, soprattutto negli Stati Uniti, come di un nuovo approccio alla giustizia penale che muove dal superamento della logica tradizionale del castigo per proporre un’interpretazione relazionale del conflitto connesso al reato con l’utilizzo di strumenti alternativi alla pena in senso stretto, allo scopo di promuovere la riconciliazione tra il reo e la vittima e di riparare consensualmente le conseguenze del reato . Il tema ha guadagnato un rilievo sempre maggiore nell’ambito del dibattito internazionale fino ad essere riconosciuto anche normativamente: l’attenzione delle organizzazioni sovranazionali vi si è rivolta a partire dagli anni Ottanta soprattutto, come vedremo, in coincidenza con la riscoperta della vittima nell’ambito del procedimento penale. Prenderemo in esame soprattutto, come parametro di riferimento, la direttiva 2012/29/UE del 25 ottobre 2012, la quale istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato, e che sostituisce la precedente decisione quadro 2001/220/GA , consentendoci di riscoprire il “ruolo” della vittima e le relative garanzie ad essa attribuite nell’ottica di un suo maggior protagonismo nel procedimento penale. Noteremo che il modello tradizionale di giustizia penale – per così dire “autoritativo”, orientato all'applicazione della sanzione penale classica – viene abbandonato a favore di un modello consensuale, partecipativo, che esalta il ruolo della persona offesa. In base a tale paradigma, lo Stato rinuncia alla risposta punitiva tradizionale perché dopo il fatto-reato interviene un quid pluris che va ad incidere direttamente sull'offesa arrecata dal reato. Nella giustizia conciliativa strettamente intesa, l’elemento aggiuntivo è costituito dalla conciliazione tra la vittima e l’autore, la quale ricompone il conflitto generato dal comportamento illecito. In altre modalità operative della giustizia riparativa il fatto ulteriore è rappresentato da un comportamento volto alla rimozione dell’offesa: viene realizzata una condotta volta alla eliminazione (o attenuazione) del danno o del pericolo provocato (il c.d. danno criminale), oppure, quando la riduzione in pristino non sia possibile, si provvede al mero risarcimento per equivalente .Inizieremo dal c.d esperimento di Kitchener che, in letteratura, viene individuato come dies a quo della giustizia riparativa moderna per poi arrivare ad individuare le varie prassi riparative che si sono venute a creare.
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