Tesi etd-11212019-115949 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
PILLITTERI, IRENE
URN
etd-11212019-115949
Titolo
La separazione delle carriere: una questione sempre aperta.
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Bresciani, Luca
Parole chiave
- carriere
- Consiglio
- costituzione
- funzioni
- giudicante
- giudice
- governo
- imparzialità
- magistratura
- ministero
- ordinamento
- politica
- processo
- procura.
- pubblico
- requirente
- riforma
- separazione
- superiore
- terzietà
Data inizio appello
09/12/2019
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
09/12/2089
Riassunto
L'elaborato affronta il tema della questione, sempre viva e aperta, della separazione delle carriere, giudicante e requirente, della magistratura.
La proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare, C. 14, numero 4723 : "Norme per l'attuazione della separazione delle carriere giudicante e requirente della magistratura", presentata il 31 ottobre 2017 e all'esame in Commissione dal 20 febbraio 2019, ha riaperto un dibattito in realtà mai sopito.
I promotori della riforma ritengono fermamente che l'attuale assetto costituzionale della magistratura, così come delineato dal titolo IV della Costituzione, non sia compatibile con le garanzie e i principi introdotti dal codice Vassalli nel 1988. I capisaldi della riforma processuale, che introduce un rito di stampo accusatorio, sono, infatti, il principio del contraddittorio, il principio della parità delle armi e il principio della terzietà del giudice. Il valore finale da perseguire è l'imparzialità della decisione. E' su questo aspetto che i " separatisti" insistono. Se sul piano processuale le funzioni d'accusa e di decisione sono separate in quanto il pubblico ministero è parte e si trova su un piano paritario rispetto alla difesa; il giudice invece è organo di giustizia, terzo e quindi equidistante dalle parti; su un piano ordinamentale così non è. E da qui che origina il problema della separazione delle carriere. Quello che ci si chiede è se, per realizzare l'imparzialità della decisione, sia sufficiente, una separazione solamente processuale, delle funzioni di accusa e di decisione; ovvero se sia necessaria anche una separazione delle rispettive organizzazioni.
I relatori della proposta di legge ritengono non sufficiente una separazione di funzioni, così come delineata dalla legge n. 150/2005 e dai successi interventi correttivi, quand'anche sia accompagnata da meccanismi che in concreto rendono difficile, se non impossibile, il tramutamento da una funzione all'altra. Lasciare immutata l'unicità organizzativa e attuare solo una separazione processuale, di funzioni, fa si che sopravviva, sul piano ordinamentale, l'identità delle due specie di magistrati, nonostante le diverse connotazioni in termini di imparzialità e parzialità. Queste sono le ragioni che stanno a fondamento della proposta di legge costituzionale.
Ma è davvero necessaria una riforma costituzionale, o sono sufficiente interventi correttivi?
E' davvero la tutela della terzietà del giudice il movente di una tale proposta? Oppure il timore di una magistratura <<onnivora>>? Tanti gli interrogativi, tante le contraddizioni, tante le incertezze che aleggiano intorno all'ormai secolare dibattito sulla separazione delle carriere.
La proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare, C. 14, numero 4723 : "Norme per l'attuazione della separazione delle carriere giudicante e requirente della magistratura", presentata il 31 ottobre 2017 e all'esame in Commissione dal 20 febbraio 2019, ha riaperto un dibattito in realtà mai sopito.
I promotori della riforma ritengono fermamente che l'attuale assetto costituzionale della magistratura, così come delineato dal titolo IV della Costituzione, non sia compatibile con le garanzie e i principi introdotti dal codice Vassalli nel 1988. I capisaldi della riforma processuale, che introduce un rito di stampo accusatorio, sono, infatti, il principio del contraddittorio, il principio della parità delle armi e il principio della terzietà del giudice. Il valore finale da perseguire è l'imparzialità della decisione. E' su questo aspetto che i " separatisti" insistono. Se sul piano processuale le funzioni d'accusa e di decisione sono separate in quanto il pubblico ministero è parte e si trova su un piano paritario rispetto alla difesa; il giudice invece è organo di giustizia, terzo e quindi equidistante dalle parti; su un piano ordinamentale così non è. E da qui che origina il problema della separazione delle carriere. Quello che ci si chiede è se, per realizzare l'imparzialità della decisione, sia sufficiente, una separazione solamente processuale, delle funzioni di accusa e di decisione; ovvero se sia necessaria anche una separazione delle rispettive organizzazioni.
I relatori della proposta di legge ritengono non sufficiente una separazione di funzioni, così come delineata dalla legge n. 150/2005 e dai successi interventi correttivi, quand'anche sia accompagnata da meccanismi che in concreto rendono difficile, se non impossibile, il tramutamento da una funzione all'altra. Lasciare immutata l'unicità organizzativa e attuare solo una separazione processuale, di funzioni, fa si che sopravviva, sul piano ordinamentale, l'identità delle due specie di magistrati, nonostante le diverse connotazioni in termini di imparzialità e parzialità. Queste sono le ragioni che stanno a fondamento della proposta di legge costituzionale.
Ma è davvero necessaria una riforma costituzionale, o sono sufficiente interventi correttivi?
E' davvero la tutela della terzietà del giudice il movente di una tale proposta? Oppure il timore di una magistratura <<onnivora>>? Tanti gli interrogativi, tante le contraddizioni, tante le incertezze che aleggiano intorno all'ormai secolare dibattito sulla separazione delle carriere.
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