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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-11212018-204915


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
VINCIGUERRA, VIRGINIA
URN
etd-11212018-204915
Titolo
Sviluppo di nuovi protocolli analitici per la determinazione qualitativa e quantitativa di microplastiche in sedimenti marini e lacustri.
Dipartimento
CHIMICA E CHIMICA INDUSTRIALE
Corso di studi
CHIMICA INDUSTRIALE
Relatori
relatore Prof. Castelvetro, Valter
Parole chiave
  • acido tereftalico
  • HPLC
  • Microplastiche
  • poliestere
  • polietilentereftalato
  • sedimenti
Data inizio appello
12/12/2018
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
12/12/2088
Riassunto
Nel presente lavoro di tesi è stata affrontata la problematica della determinazione quantitativa di materiale plastico a base etero polimerica in matrici ambientali sedimentarie. L’attività si inserisce in un ambito di crescente interesse scientifico considerando l’entità dell’inquinamento globale da rifiuti plastici di cui sono stati conclamati gli effetti negativi sugli ecosistemi. Tali effetti sono legati sia ad azioni dirette di tipo meccanico (soffocamento per ingestione o intrappolamento di organismi superiori), sia ad effetti indiretti derivanti dalle potenziali caratteristiche di adsorbimento, concentrazione, trasporto e rilascio di inquinanti tossici e persistenti.
In particolare le cosiddette microplastiche, consistenti in particelle polimeriche di dimensioni micrometriche disperse nell’ambiente come tali (particelle primarie) o come prodotto di degradazione di rifiuti plastici dai quali si possono poi originare detriti di dimensioni microscopiche per frammentazione legata ai processi di degradazione ossidativa, possono acuire i citati effetti ambientali negativi. Le microplastiche primarie possono essere disperse negli ecosistemi attraverso, per esempio, il washout degli scarichi domestici in ragione del loro utilizzo come esfolianti nei prodotti cosmetici e nei detergenti, o come fibre tessili sintetiche. Le metodiche di analisi delle microplastiche in matrici ambientali, ed in particolare nei sedimenti marini e lacustri, si sono avvalse soprattutto di tecniche di separazione e analisi morfologica e composizionale delle singole particelle. Le tecniche di separazione più utilizzate sono riconducibili alla semplice flottazione che consente la separazione in funzione della densità. Nella letteratura scientifica sono reperibili numerosi contributi relativi a configurazioni diverse dei sistemi di flottazione che si differenziano per geometria degli apparati, per le condizioni statiche o dinamiche, per la tipologia delle soluzioni saline a densità modulabile. E’ intuibile tuttavia che le dimensioni delle particelle da separare, le loro caratteristiche strutturali (densità) e morfologiche, le caratteristiche superficiali, che possono essere a loro volta condizionate dai processi di degradazione ossidativa, non consentono una determinazione sufficientemente accurata delle concentrazioni delle singole componenti polimeriche nei campioni ambientali.
Recentemente presso il Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell’Università di Pisa sono stati proposti metodi di determinazione in grado di integrare le informazioni, ottenibili mediante le suddette tecniche di separazione fisica, relative al contenuto di singoli frammenti di polimeri sintetici in campioni ambientali. Tali metodi sono basati sull'estrazione selettiva con solventi organici di campioni di sedimenti per l’identificazione e quantificazione di polimeri idrocarburici di largo impiego come polietilene (PE), propilene (PP) e polistirene (PS), nonché dei loro prodotti di degradazione a basso e medio peso molecolare. Tali matrici polimeriche, essendo quelle più utilizzate nel settore degli imballaggi e nei prodotti monouso, sono anche i più soggetti alla dispersione ambientale andando a costituire, secondo i dati disponibili da vari studi, una delle sorgenti principali di microplastiche.
Meno noti sono invece i livelli di contaminazione da parte di altre classi di polimeri largamente utilizzati nella produzione di manufatti, di formulazioni di prodotti di largo consumo e di fibre tessili. Per le microplastiche derivanti dagli eteropolimeri (polimeri a matrice idrocarburica ma contenenti eteroatomi) non esiste una metodica di caratterizzazione/quantificazione adeguata, ma ci si avvale soprattutto della separazione e conta visiva, con microscopio, delle particelle e frammenti contaminanti presenti in un certo volume/peso di campione (sedimento o materiale ricavato da filtrazione di acque marine o lacustri). Tra questi devono essere considerati soprattutto i poliesteri di sintesi, il principale rappresentante dei quali è il polietilentereftalato (PET), prodotto attualmente in quantità dell’ordine delle 30 106 tonnellate annue. La determinazione quantitativa del PET in matrici ambientali risente delle difficoltà che normalmente sono incontrate nella analisi delle microplastiche, soprattutto di quelle con dimensioni inferiori ai 200 micrometri e con densità maggiori delle fasi acquose normalmente utilizzate negli studi basati su separazioni densimetriche. Anche il ricorso a semplici tecniche di estrazione solido-liquido o liquido-liquido del tipo impiegato per l’analisi di microplastiche idrocarburiche sono di fatto impraticabili nel caso del PET data la sua insolubilità in solventi organici di uso comune.
È necessario inoltre considerare la genesi del potenziale inquinamento in forma di micro detriti da parte del PET. Il poliestere ha una scarsa propensione alla degradazione ambientale che potrebbe essere indotta da meccanismi di tipo idrolitico e/o foto ossidativo. Contrariamente quindi alle poliolefine ed al polistirene, nel caso del PET è ragionevole supporre che la presenza nei comparti ambientali di frammenti di dimensioni microscopiche derivanti dalla degradazione di oggetti macroscopici sia più limitata, mentre sono più facilmente reperibili i manufatti tal quali, bottiglie in particolare. Tuttavia l’utilizzo marcato di PET come fibra tessile può essere considerato esso stesso una sorgente importante di inquinamento diffuso con particelle sub microscopiche. Di tale forma di inquinamento, nonostante alcuni recenti studi, non è stata ancora accertata l’intensità negli ambienti naturali e nei corpi idrici recettori di scarichi domestici. In alcuni casi, spiagge marine in particolare, potrebbero risultare altrettanto non trascurabili i meccanismi di degradazione meccanica che, per abrasione di manufatti dispersi, possono produrre micro frammenti secondari di PET.
Sulla base di tali considerazioni, l’attività sperimentale è stata focalizzata alla definizione di un protocollo analitico per la identificazione e quantificazione di PET microparticellare in matrici ambientali mediante l’analisi quantitativa del monomero, acido tereftalico (TPA), ottenuto mediante depolimerizzazione completa del polimero. La prima parte di questo lavoro di tesi è stata incentrata sull'ottimizzazione dei parametri di idrolisi di manufatti a base di PET (temperatura, tempo di reazione, rapporto ponderale dei reagenti, scelta dei catalizzatori) rispetto ai dati reperibili in letteratura. Ulteriori prove sono state condotte addizionando quantitativi noti di PET a matrici solide simulanti campioni di sedimento. Contestualmente sono state verificate l’accuratezza e i limiti di rilevabilità del TPA mediante analisi HPLC in fase inversa con rivelatore UV e le condizioni migliori di preparazione di campioni reali per limitare le interferenze da altre componenti organiche di natura aromatica a basso peso molecolare. Infine sono state condotte prove preliminari su campioni di sedimento provenienti da due siti di campionamento, rappresentativi di un ambiente lacustre e uno di spiaggia marina ad elevata contaminazione da detriti plastici. I risultati ottenuti, sebbene nei limiti del numero di campioni analizzati, hanno consentito di apprezzare con elevata significatività concentrazioni ascrivibili al PET dell’ordine di 3-25 microgrammi kilo-1 di sedimento. E’ da sottolineare infine, che la procedura definita nel presente lavoro può essere utilizzata, abbinata ad altre tecniche analitiche quali la GC/MS e la pirolisi-GC/MS, per la determinazione di altre componenti polimeriche quali le poliammidi o altri poliesteri e comunque estesa anche per l’analisi altre matrici (acque di superficie e marine, prodotti alimentari, ecc., oltre ai sedimenti.
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