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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-11202022-095841


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
DE VIVO, MARCO
URN
etd-11202022-095841
Titolo
Scelte di portafoglio: un confronto tra il processo di investimento di Markowitz e quello di un gestore professionale di Consultinvest SIM S.p.A.
Dipartimento
ECONOMIA E MANAGEMENT
Corso di studi
BANCA, FINANZA AZIENDALE E MERCATI FINANZIARI
Relatori
relatore Corsi, Fulvio
Parole chiave
  • Fondi
  • Markowitz
  • Perfomance Meausurement
  • Portafoglio
Data inizio appello
16/12/2022
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
16/12/2092
Riassunto
Nel presente elaborato si propone di effettuare un confronto tra il processo di investimento e le scelte di portafoglio che avrebbe fatto Markowitz, secondo la sua teoria, rispetto a quello che farebbe un gestore esperto già inserito professionalmente da diverso tempo nel settore. Quindi nel primo capitolo si analizza il processo di investimento di Markowitz che viene suddiviso in due distinte fasi. La prima è oggettiva ed è una fase puramente tecnica che non coinvolge minimamente le preferenze degli individui, ma dipende solo dai vettori dei rendimenti attesi, dalle varianze e dalle covarianze dei titoli presenti sui mercati, quindi, si tratta di una fase di calcolo puramente tecnica. Mentre la seconda soggettiva è una fase nella quale viene stabilito, sulla base delle preferenze dell’investitore, quale sia la proporzione ottimale per massimizzarne l’utilità. Dunque, dopo aver trattato dal punto di vista teorico la teoria di Markowitz è doveroso informare il lettore sul tema delle perfomance meaurement in ambito mobiliare perché saranno necessarie per capire il processo di investimento in fondi di fondi di un gestore professionale. Quindi, a tal proposito nel secondo capitolo viene trattato questo tema e approfondito il funzionamento di tali metriche e non solo. Nel terzo capitolo, invece, si propone di mettere in pratica ciò che è stato trattato in quello precedente e, successivamente, d’effettuare un confronto tra le scelte che avrebbe fatto Markowitz, secondo la sua teoria, rispetto a quello che farebbe un gestore esperto già inserito professionalmente da diverso tempo nel settore. A tal proposito è opportuno introdurre come funziona un ufficio studi e gestioni patrimoniali.
La gestione patrimoniale è un contratto con cui il un soggetto affida i propri capitali ad un ente abilitato all’esercizio di questa attività, che può essere una banca, una società di gestione od una SIM autorizzata a prestare tale servizio (SIM di gestione). Lo scopo di tale delega è quello di riuscire a gestire il patrimonio al meglio, in base al proprio profilo di rischio.
Nel caso di una gestione patrimoniale come sopra definita, il risparmiatore dà mandato ad un soggetto abilitato che deciderà ed eseguirà per suo conto le varie scelte d’investimento, rispettando il perimetro stabilito: l’importo a disposizione ed il tipo di investimento.
Per quanto riguarda il rischio la gestione patrimoniale può avere differenti profili di rischiosità, così suddivisa: rischio basso (profilo prudente), rischio medio (gestione bilanciata) o rischio alto (gestione aggressiva).
Ad ogni profilo di rischio corrisponderà una diversa composizione del portafoglio d’investimenti e quindi dei titoli compresi nella gestione. Pertanto, in una gestione prudente prevarranno strumenti obbligazionari mentre in una gestione aggressiva il core è rappresentato da strumenti azionari. Nella gestione bilanciata (profilo di rischio medio) invece saranno presenti entrambi e nessuno in maniera prevalente.
Le gestioni patrimoniali essenzialmente sono di due tipi, noti con l’acronimo di GPM e GPF. Nel caso della GPM, ovvero della Gestione Patrimoniale Mobiliare, il risparmiatore avrà il suo capitale investito in titoli diretti ovvero in azioni e obbligazioni, mentre nella GPF, acronimo di Gestione Patrimoniale in Fondi, il patrimonio del cliente sarà investito in quote di fondi comuni di investimento e SICAV, ovvero, secondo la definizione della Consob, in strumenti di investimento che sono gestiti dalle Società di Gestione del Risparmio (SGR).
A riguardo della GPF, che sarà oggetto di trattazione nel presente capitolo, fino al 2007 circa i processi di selezione in ambito UCITS erano principalmente di carattere quantitativo e questo perché si riteneva che il vestito UCITS fosse esso stesso garanzia di assenza di rischi. Tuttavia, la crisi finanziaria partita con i crediti cartolarizzati nell’estate 2007 ha dimostrato il contrario, con una serie di fallimenti importanti. Infatti, il processo di selezione dei criteri di coerenza tra gli obiettivi d’investimento, trasparenza del processo e delle fonti di valore aggiunto e liquidità degli investimenti, è mutato dopo la crisi finanziaria internazionale del 2008.
Non è del tutto errato affermare, quindi, che un processo di selezione di tipo qualitativo sia figlio della crisi del 2007-2008. Pertanto, da un lato il gestore si pone l’obiettivo di ottenere la performance, ovvero si ricercano fondi che pensiamo possano ottenere risultati superiori rispetto al proprio peer group. Dall’altro, ci si vuole assicurare che questi stessi fondi non nascondano fattispecie di rischio ancora inespresse e non valutabili dal punto di vista strettamente quantitativo, che possano condurre a perdite superiori rispetto a quelle spiegabili unicamente con la volatilità di mercato.
In pratica, questo processo d’investimento partendo da una prima valutazione quantitativa si sviluppa con un vero e proprio processo di due diligence in cui vengono valutati una serie di elementi che consentono al gestore di esprimersi al meglio: ad esempio, la struttura organizzativa dell’azienda, la costruzione del portafoglio, il risk management e le strategie adottate dal fondo di investimento.
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