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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-11202012-082227


Tipo di tesi
Elaborati finali per laurea triennale
Autore
FANTOLI, MARGHERITA
URN
etd-11202012-082227
Titolo
«Una lingua divina e terribile»: Pavese traduttore di Omero
Dipartimento
LETTERE E FILOSOFIA
Corso di studi
LETTERE
Relatori
relatore Prof. Mirto, Maria Serena
Parole chiave
  • Cesare Pavese
  • traduzioni
  • greco
  • Omero
  • Iliade
  • Odissea
  • Rosa Calzecchi Onesti
  • romanzi angloamericani
  • teoria della traduzione
Data inizio appello
18/09/2012
Consultabilità
Completa
Riassunto
La tesi prende in esame le traduzioni inedite di alcuni canti dell’Iliade e dell’Odissea (Il. I, V, X, XV e Od. XI), cui Cesare Pavese si dedicò tra il 1947 e il 1950 e che sono custodite presso il centro Gozzano-Pavese dell'Università di Torino. Esse rappresentano un’importante testimonianza dell’interesse a tutto tondo dell’autore piemontese per la lingua e la cultura greca e costituiscono, proprio perché rimaste in una redazione approssimativa e non destinata alla pubblicazione, un interessante scorcio sul suo “laboratorio di traduzione”: ho cercato quindi di evidenziarne le caratteristiche sintattiche, lessicali e stilistiche più peculiari, e di capire quali aspetti del testo omerico Pavese intendesse sottolineare con più forza. Un’analisi del carteggio con Rosa Calzecchi Onesti (impegnata in quegli stessi anni, per conto di Einaudi, nella traduzione dei due poemi omerici sotto la supervisione di Pavese) contribuisce poi a mettere a fuoco i presupposti culturali alla base di questo lavoro. Inoltre ho provato a rintracciare, sulla scia delle testimonianze relative alla sua attività di traduttore di romanzi angloamericani, elementi costanti nel suo modo di intendere il ruolo del traduttore nella cultura italiana dell’epoca, per delineare così una ‘teoria della traduzione’ che Pavese non ha mai esposto in termini netti. Il confronto con le ragioni che spinsero Edoardo Sanguineti a un modus vertendi non troppo distante da quello dello scrittore piemontese è stato poi utile per evidenziare come risultati analoghi possano nascere da una visione del mondo classico radicalmente diversa. Infine ho messo in luce quali suggestioni i testi del “laboratorio di traduzione” abbiano esercitato sulla sua produzione letteraria di quegli stessi anni.
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