Tesi etd-11192013-113526 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
MASTROSIMONE, CATERINA
URN
etd-11192013-113526
Titolo
"Antiriciclaggio: normativa, procedure e organizzazione. Il Caso della Banca di Pisa e Fornacette - Credito Cooperativo."
Dipartimento
ECONOMIA E MANAGEMENT
Corso di studi
STRATEGIA, MANAGEMENT E CONTROLLO
Relatori
relatore Prof. Giannini, Marco
Parole chiave
- antiricicaggio
- normativa antiriciclaggio
- sistema dei controlli interni in banca
Data inizio appello
12/12/2013
Consultabilità
Completa
Riassunto
Il riciclaggio è un fenomeno criminale con pregnanti connotazioni economico-finanziarie. Oltre a procurare vantaggi diretti ai riciclatori, esso è suscettibile di alterare gravemente le condizioni di concorrenza, il corretto funzionamento dei mercati e i meccanismi fisiologici di allocazione delle risorse, offrendo alla criminalità la possibilità di insinuarsi – o di consolidare la propria presenza – nel’economia legale, nonché di accrescere la propria capacità di controllo del territorio. I flussi di denaro illecito, al pari di quelli leciti, trovano sbocco nel sistema soprattutto attraverso operatori economici particolarmente qualificati, come gli intermediari e i professionisti. Inoltre, il riciclaggio di denaro sporco, almeno nelle sue forme più significative, tende a svolgersi in un contesto internazionale, attraversando molteplici giurisdizioni e sfruttando eventuali discrepanze tra ordinamenti e regimi di controllo.
Per questi motivi, l’azione di prevenzione e contrasto richiede strumenti e modalità di intervento diversi rispetto a quelli generalmente utilizzati per la repressione di altri reati: in primo luogo, il ricorso al solo diritto penale non è sufficiente, richiedendosi anche strumenti di contrasto di tipo finanziario e amministrativo; in secondo luogo, è necessario il concorso di più istituzioni, chiamate a fare “sistema”, fornendo ciascuna il proprio contributo specializzato; in terzo luogo, l’azione antiriciclaggio deve dispiegarsi anche oltre i confini nazionali, toccando molteplici profili: quello regolamentare, quello dei controlli, quello della collaborazione tra autorità.
Negli ultimi due decenni, l’impegno della comunità internazionale ha seguito le direttrici appena indicate. All’avvicinamento delle normative nazionali antiriciclaggio hanno contribuito il Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale (GAFI), con le proprie raccomandazioni; il Fondo Monetario Internazionale, con le periodiche valutazioni dei sistemi nazionali; il diritto comunitario europeo, con le proprie direttive.
I principi e le norme elaborati a livello sovranazionale, che in un primo tempo coinvolgevano esclusivamente il sistema bancario e finanziario, fisiologicamente più esposto a rischi di illecite strumentalizzazioni, sono andati estendendosi ad altre categorie di soggetti e operatori; le misure antiriciclaggio sono state indirizzate anche alla prevenzione e al contrasto del finanziamento del terrorismo internazionale; un ruolo fondamentale è stato assegnato alla cooperazione internazionale; in ogni ordinamento è stata richiesta la presenza di una Financial Intelligence Unit (FIU), per l’esercizio delle funzioni di ricezione, analisi e trasmissione alle competenti autorità delle informazioni finanziarie relative a operazioni sospette di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo internazionale.
Questi elementi – essenziali per qualificare l’adeguatezza e l’efficacia di un sistema di prevenzione e contrasto – sono stati recepiti anche nell’ordinamento italiano che, con il d.lgs. n. 231/07 ha seguito due linee ispiratrici: da un lato, la tutela dell’integrità del sistema e della correttezza dei comportamenti; dall’altro, la proporzionalità degli adempimenti rispetto al rischio di riciclaggio.
A questi principi si conformano i presidi individuati dalla normativa; l’Adeguata verifica della clientela che sostituisce e rafforza gli obblighi di mera identificazione estendendoli a tutta la vita della relazione, e chiama i destinatari a graduare il rigore degli adempimenti a seconda del rischio insito nelle operazioni e nelle controparti; la conservazione delle informazioni, dei documenti e delle registrazioni, con l’obbligo, per alcune categorie, di istituire un Archivio Unico Informatico (AUI); la segnalazione delle operazioni sospette, quale doverosa forma di collaborazione richiesta a qualificate categorie di soggetti.
Il sistema normativo antiriciclaggio non è scevro da lacune e criticità. Ne sono testimonianza le numerose integrazioni e correzioni ad esso apportate in questi anni. Tali interventi non hanno però potuto risolvere tutte le incertezze emerse nella prassi applicativa, né affrontare i nodi giuridici più problematici.
E’, inoltre, un sistema in rapido e continuo divenire. Mentre il quadro delle norme secondarie di attuazione attende ancora di essere completato, si fa più intensa l’attività di confronto e condivisione di criteri e comportamenti tra le autorità e gli operatori, necessaria per accrescere la sensibilità di questi ultimi rispetto agli obblighi di legge. Il costante, sensibile aumento dei flussi di segnalazioni di operazioni sospette che pervengono alla UIF sembra testimoniare che questa sensibilità si sta effettivamente sviluppando: la conoscenza della clientela, il costante monitoraggio dei rapporti, la “catena informativa” innescata dalle segnalazioni si confermano presidi fondamentali per contrastare i rischi di contaminazione dell’economia legale.
In questa delicata fase storica, quindi, l’impegno delle autorità, degli operatori e degli studiosi finalizzato a promuovere il corretto funzionamento dell’apparato antiriciclaggio, deve essere massimo.
E’ indubbio che la normativa antiriciclaggio si è sviluppata notevolmente negli ultimi anni e che gli adempimenti delle banche e degli altri intermediari finanziari si sono molto ampliati; occorre però a questo proposito considerare anche il contesto storico e di mercato in cui ciò è avvenuto. Rispetto a pochi decenni fa abbiamo assistito alla globalizzazione della finanza, che ha comportato la possibilità, fra l’altro, di trasferire ingenti somme di denaro da un paese all’altro, utilizzando anche strumenti derivati o altre costruzioni finanziarie per nascondere la provenienza di denaro illecito nel momento in cui esso viene investito in attività lecite. Mai come oggi i sistemi bancari di tutti i paesi sono a rischio di essere utilizzati – seppure involontariamente – come strumenti di riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite.
Non stupisce quindi che a livello nazionale e internazionale le norme si siano dovute adeguare al nuovo contesto.
Come conseguenza di tutto ciò, gli intermediari sono chiamati a svolgere un’attività che in precedenza non veniva effettuata e che deve essere percepita come presidio nell’interesse degli stessi, poiché è nell’interesse degli intermediari che il sistema finanziario sia stabile e che il lavoro di intermediazione si svolga nel pieno rispetto delle leggi.
Le banche sono lo snodo fondamentale nella missione di contrasto e per evitare coinvolgimenti che potrebbero danneggiarne l’immagine devono infondere nella cultura aziendale l’impegno a contrastare il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo, adottando opportune politiche di rafforzamento delle procedure, di formazione e di incentivazione del personale.
La strada che ha condotto la banca alla consapevolezza che il contrasto al riciclaggio fosse uno dei compiti istituzionali del sistema bancario è stata lunga e soprattutto tormentata. Solo in questi ultimi anni, infatti, il settore bancario sembra aver accettato le conseguenze – meglio dire i “costi” – derivanti dalla sua corretta osservanza.
Oggi finalmente nell’ambiente bancario esistono competenze e professionalità adeguate alla gestione delle complesse problematiche che ruotano attorno alla “questione” antiriciclaggio, che comportano conoscenze di carattere giuridico, tecnico-informatico, organizzativo, nonché competenze specifiche in tema di controllo rischi.
L’adempimento alla normativa antiriciclaggio non è un freno all’attività bancaria, bensì un investimento che possa aiutare la banca ad avere un portafoglio clienti «pulito», non inquinato né dal rischio di riciclaggio né da altre attività illecite, fornisce alla banca un formidabile vantaggio nel far crescere in modo sano il proprio business. La stabilità finanziaria della banca e la capacità di discernere i fenomeni di allarme nel comportamento della clientela.
Tale politica è ancora più importante alla luce della necessità di tutelare l’immagine della banca; infatti sarebbe molto elevato il danno che ne deriverebbe, con conseguente rischio reputazionale, nel caso in cui venisse reso pubblico che una banca non si è adoperata con sufficiente impegno nella lotta al riciclaggio. La salute del sistema bancario dipende dalla capacità delle singole banche di mantenere intatta la fiducia incondizionata della propria clientela. La lotta al riciclaggio è un’attività che va a beneficio di tutti: banche, clienti e collettività.
Per contrastare il dilagare del fenomeno, è quindi necessario adottare misure preventive, a partire dalla formazione del personale, non solo di quello della funzione antiriciclaggio, ma rivolta a tutti i dipendenti della banca.
La diffusione di una cultura antiriciclaggio che sia di ausilio anche a integrare tale funzione nel sistema complessivo dei controlli interni rappresenta un presidio indispensabile ed è quindi necessario che la banca, a partire dal top management, utilizzi tutte le fonti di informazione disponibili.
L’azione dei governi, richiedendo la collaborazione del sistema bancario finanziario per reprimere i fenomeni di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo, ha significato l’eliminazione di numerose disposizioni normative, a volte non facilmente applicabili.
Per questi motivi, l’azione di prevenzione e contrasto richiede strumenti e modalità di intervento diversi rispetto a quelli generalmente utilizzati per la repressione di altri reati: in primo luogo, il ricorso al solo diritto penale non è sufficiente, richiedendosi anche strumenti di contrasto di tipo finanziario e amministrativo; in secondo luogo, è necessario il concorso di più istituzioni, chiamate a fare “sistema”, fornendo ciascuna il proprio contributo specializzato; in terzo luogo, l’azione antiriciclaggio deve dispiegarsi anche oltre i confini nazionali, toccando molteplici profili: quello regolamentare, quello dei controlli, quello della collaborazione tra autorità.
Negli ultimi due decenni, l’impegno della comunità internazionale ha seguito le direttrici appena indicate. All’avvicinamento delle normative nazionali antiriciclaggio hanno contribuito il Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale (GAFI), con le proprie raccomandazioni; il Fondo Monetario Internazionale, con le periodiche valutazioni dei sistemi nazionali; il diritto comunitario europeo, con le proprie direttive.
I principi e le norme elaborati a livello sovranazionale, che in un primo tempo coinvolgevano esclusivamente il sistema bancario e finanziario, fisiologicamente più esposto a rischi di illecite strumentalizzazioni, sono andati estendendosi ad altre categorie di soggetti e operatori; le misure antiriciclaggio sono state indirizzate anche alla prevenzione e al contrasto del finanziamento del terrorismo internazionale; un ruolo fondamentale è stato assegnato alla cooperazione internazionale; in ogni ordinamento è stata richiesta la presenza di una Financial Intelligence Unit (FIU), per l’esercizio delle funzioni di ricezione, analisi e trasmissione alle competenti autorità delle informazioni finanziarie relative a operazioni sospette di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo internazionale.
Questi elementi – essenziali per qualificare l’adeguatezza e l’efficacia di un sistema di prevenzione e contrasto – sono stati recepiti anche nell’ordinamento italiano che, con il d.lgs. n. 231/07 ha seguito due linee ispiratrici: da un lato, la tutela dell’integrità del sistema e della correttezza dei comportamenti; dall’altro, la proporzionalità degli adempimenti rispetto al rischio di riciclaggio.
A questi principi si conformano i presidi individuati dalla normativa; l’Adeguata verifica della clientela che sostituisce e rafforza gli obblighi di mera identificazione estendendoli a tutta la vita della relazione, e chiama i destinatari a graduare il rigore degli adempimenti a seconda del rischio insito nelle operazioni e nelle controparti; la conservazione delle informazioni, dei documenti e delle registrazioni, con l’obbligo, per alcune categorie, di istituire un Archivio Unico Informatico (AUI); la segnalazione delle operazioni sospette, quale doverosa forma di collaborazione richiesta a qualificate categorie di soggetti.
Il sistema normativo antiriciclaggio non è scevro da lacune e criticità. Ne sono testimonianza le numerose integrazioni e correzioni ad esso apportate in questi anni. Tali interventi non hanno però potuto risolvere tutte le incertezze emerse nella prassi applicativa, né affrontare i nodi giuridici più problematici.
E’, inoltre, un sistema in rapido e continuo divenire. Mentre il quadro delle norme secondarie di attuazione attende ancora di essere completato, si fa più intensa l’attività di confronto e condivisione di criteri e comportamenti tra le autorità e gli operatori, necessaria per accrescere la sensibilità di questi ultimi rispetto agli obblighi di legge. Il costante, sensibile aumento dei flussi di segnalazioni di operazioni sospette che pervengono alla UIF sembra testimoniare che questa sensibilità si sta effettivamente sviluppando: la conoscenza della clientela, il costante monitoraggio dei rapporti, la “catena informativa” innescata dalle segnalazioni si confermano presidi fondamentali per contrastare i rischi di contaminazione dell’economia legale.
In questa delicata fase storica, quindi, l’impegno delle autorità, degli operatori e degli studiosi finalizzato a promuovere il corretto funzionamento dell’apparato antiriciclaggio, deve essere massimo.
E’ indubbio che la normativa antiriciclaggio si è sviluppata notevolmente negli ultimi anni e che gli adempimenti delle banche e degli altri intermediari finanziari si sono molto ampliati; occorre però a questo proposito considerare anche il contesto storico e di mercato in cui ciò è avvenuto. Rispetto a pochi decenni fa abbiamo assistito alla globalizzazione della finanza, che ha comportato la possibilità, fra l’altro, di trasferire ingenti somme di denaro da un paese all’altro, utilizzando anche strumenti derivati o altre costruzioni finanziarie per nascondere la provenienza di denaro illecito nel momento in cui esso viene investito in attività lecite. Mai come oggi i sistemi bancari di tutti i paesi sono a rischio di essere utilizzati – seppure involontariamente – come strumenti di riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite.
Non stupisce quindi che a livello nazionale e internazionale le norme si siano dovute adeguare al nuovo contesto.
Come conseguenza di tutto ciò, gli intermediari sono chiamati a svolgere un’attività che in precedenza non veniva effettuata e che deve essere percepita come presidio nell’interesse degli stessi, poiché è nell’interesse degli intermediari che il sistema finanziario sia stabile e che il lavoro di intermediazione si svolga nel pieno rispetto delle leggi.
Le banche sono lo snodo fondamentale nella missione di contrasto e per evitare coinvolgimenti che potrebbero danneggiarne l’immagine devono infondere nella cultura aziendale l’impegno a contrastare il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo, adottando opportune politiche di rafforzamento delle procedure, di formazione e di incentivazione del personale.
La strada che ha condotto la banca alla consapevolezza che il contrasto al riciclaggio fosse uno dei compiti istituzionali del sistema bancario è stata lunga e soprattutto tormentata. Solo in questi ultimi anni, infatti, il settore bancario sembra aver accettato le conseguenze – meglio dire i “costi” – derivanti dalla sua corretta osservanza.
Oggi finalmente nell’ambiente bancario esistono competenze e professionalità adeguate alla gestione delle complesse problematiche che ruotano attorno alla “questione” antiriciclaggio, che comportano conoscenze di carattere giuridico, tecnico-informatico, organizzativo, nonché competenze specifiche in tema di controllo rischi.
L’adempimento alla normativa antiriciclaggio non è un freno all’attività bancaria, bensì un investimento che possa aiutare la banca ad avere un portafoglio clienti «pulito», non inquinato né dal rischio di riciclaggio né da altre attività illecite, fornisce alla banca un formidabile vantaggio nel far crescere in modo sano il proprio business. La stabilità finanziaria della banca e la capacità di discernere i fenomeni di allarme nel comportamento della clientela.
Tale politica è ancora più importante alla luce della necessità di tutelare l’immagine della banca; infatti sarebbe molto elevato il danno che ne deriverebbe, con conseguente rischio reputazionale, nel caso in cui venisse reso pubblico che una banca non si è adoperata con sufficiente impegno nella lotta al riciclaggio. La salute del sistema bancario dipende dalla capacità delle singole banche di mantenere intatta la fiducia incondizionata della propria clientela. La lotta al riciclaggio è un’attività che va a beneficio di tutti: banche, clienti e collettività.
Per contrastare il dilagare del fenomeno, è quindi necessario adottare misure preventive, a partire dalla formazione del personale, non solo di quello della funzione antiriciclaggio, ma rivolta a tutti i dipendenti della banca.
La diffusione di una cultura antiriciclaggio che sia di ausilio anche a integrare tale funzione nel sistema complessivo dei controlli interni rappresenta un presidio indispensabile ed è quindi necessario che la banca, a partire dal top management, utilizzi tutte le fonti di informazione disponibili.
L’azione dei governi, richiedendo la collaborazione del sistema bancario finanziario per reprimere i fenomeni di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo, ha significato l’eliminazione di numerose disposizioni normative, a volte non facilmente applicabili.
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