Tesi etd-11182013-220322 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
VESCO, GRETA
URN
etd-11182013-220322
Titolo
La messa alla prova nel processo minorile.
Un’esperienza condivisa da Magistratura e Servizi Sociali.
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Dott. Bresciani, Luca
Parole chiave
- devianza minorile
- giudice minorile
- messa alla prova
- probation
- tribunale per i minorenni
- ufficio di servizio sociale della giustizia minori
- work experience
Data inizio appello
09/12/2013
Consultabilità
Completa
Riassunto
Introduzione
Questo elaborato si pone come obiettivo quello di esaminare il processo penale minorile sotto una duplice chiave di lettura, da un lato quella di illustrare il ruolo del Tribunale minorile nelle sue vari articolazioni e funzioni, analizzando i singoli organi giudiziari con cui il minore entra in contatto, dall’altro quella di esaminare il ruolo dell’Ufficio dei Servizi Sociali della Giustizia Minorile ( il cui acronimo è U.S.S.M.) durante l’intero iter processuale trattando lo stretto rapporto fra quest’ultimo e l’Autorità Giudiziaria.
Filo conduttore dell’elaborato sarà la figura del minore deviato, i suoi diritti e doveri e i progetti di reinserimento sociale, con particolare attenzione all’istituto della messa alla prova, quale mezzo privilegiato per la rapida fuoriuscita dal circuito penale.
Dopo un breve excursus storico sull’origine dell’U.S.S.M. e del Tribunale minorile, che risale al Regio Decreto 1404/34 e, trattando le tappe principali, fino al DPR 448/88, verranno analizzate la struttura e le funzioni del Tribunale con particolare attenzione alla singole figure istituzionali che intorno ad esso gravitano.
L’analisi dei principali organi giudiziari che il minore incontra fin dall’ingresso nel circuito penale si concretizzerà nell’esame della Polizia Giudiziaria che provvede all’arresto ovvero al fermo, del Pubblico Ministero quale organo che presiede e coopera al conseguimento del peculiare interesse – dovere dello Stato di recupero del minore, del Giudice minorile diviso nelle figure di giudice monocratico e organo collegiale, ed infine del Magistrato di Sorveglianza, quale giudice specializzato che vigila sull’esecuzione delle misure penali e di sicurezza, al fine che ogni forma di custodia sia attuata conformemente a leggi e regolamenti e nel rispetto dei diritti dei giovani detenuti.
Verrà evidenziato come, nel processo penale minorile, vi sia la tendenza alla marginalizzazione del carcere e all’adozione di altri tipi di sanzioni. Infatti, ove non risulti necessario far ricorso ad altre misure cautelari, il Giudice, sentito l’esercente la potestà dei genitori, può impartire al minore prescrizioni relative alle sue attività di studio, di lavoro o altrimenti educative, e solo in caso di gravi e ripetute violazioni, potrà disporre la misura della permanenza in casa. A loro volta, solo nel caso di gravi e ripetute violazioni degli obblighi inerenti questa misura, il Giudice potrà disporre il collocamento in comunità, e ancora in caso di gravi e ripetute violazioni la custodia cautelare presso un Istituto Penale Minorile. Tale misura viene vista, nel nuovo processo penale minorile, come estrema ratio e vi si procede solo per i delitti per i quali è stabilita la reclusione in misura non inferiore nel massimo a nove anni.
Sotto il secondo profilo verrà analizzato il ruolo dell’ U.S.S.M., evidenziando in particolare i compiti istituzionali, gli obiettivi, l’organizzazione interna, le modifiche e le principali innovazioni che riguardano l’ufficio e i suoi operatori.
Verranno, a tal proposito, esaminate la legge 1085/ 1962 isitutiva dei ruoli del personale del Servizio Sociale e il DPR 448/88 che ha completamente ridisegnato l’assetto della giustizia minorile con il D. lgs 272/89 che ne ha previsto l’attuazione.
Infatti, il DPR 448/88, contenendo, per la prima volta in un testo organico, le disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni, ha ridefinito il ruolo professionale dell’U.S.S.M. confermando la “specializzazione” degli interventi nel penale minorile.
Il modello di intervento a cui sono chiamati a rispondere i Servizi Sociali e il Tribunale per i minorenni prevede, quindi, un percorso più educativo che punitivo, individualizzato e modificabile in itinere che, considerando i mutevoli bisogni del minore, coinvolga in un intervento integrato le risorse del territorio e ambientali.
Sulla scia di quanto suddetto, il legislatore dell’88 offre al minore la possibilità di essere “messo alla prova”.
Tema centrale dell’elaborato sarà proprio la concedibilità o meno di questo beneficio e le sue conseguenze applicative.
Infatti la messa alla prova, detta anche “probation”, è uno degli strumenti più innovativi del nostro codice di procedura penale e consiste nella sospensione del processo da parte di un giudice minorile con messa alla prova del minore (art 28 del DPR 448/88) per la durata massima di tre anni.
L’istituto è il massimo esempio di coordinamento fra i compiti dell’Autorità Giudiziaria e il ruolo dell’U.S.S.M. specie per quanto concerne la costruzione del progetto di messa alla prova.
Infatti, il principale interlocutore dell’U.S.S.M. durante la misura è evidentemente l’Autorità Giudiziaria, in quanto il processo assume senso e prende forma all’interno dello scambio tra questi “attori istituzionali”.
Le modalità di tale scambio si possono evincere dalla lettura dell’articolo 27 del D. lgs 28 luglio 1989 n° 272 “Il giudice provvede a norma dell’articolo 28 del DPR 448/88 sulla base di un intervento elaborato dai Servizi Minorili dell’Amministrazione della Giustizia, in collaborazione con i Servizi socio-assistenziali degli Enti Locali”.
La messa alla prova, infatti, consiste nella sottoposizione del minore ad un progetto di intervento elaborato parallelamente dall’U.S.S.M. e dal Giudice, e successivamente approvato da quest’ultimo.
Tuttavia, nella prassi si è da tempo consolidata la regola secondo cui l’U.S.S.M. prima dell’udienza, sia preliminare che dibattimentale, predisponga autonomamente il progetto di messa alla prova, concordandolo con il minore e sottoponendolo solo successivamente al Giudice in sede di udienza.
Una volta che il progetto è disposto e il processo è stato sospeso con ordinanza, il Giudice affida il minore, sottoposto alla prova, ai Servizi minorili, i quali devono periodicamente informarlo sull’attività svolta e sull’andamento di questa, proponendo eventuali modifiche e abbreviazioni del progetto, nonché la revoca del provvedimento di sospensione nel caso di gravi e ripetute trasgressioni del minore.
Il Giudice dunque, quale organo giudiziario, coordina una attività di tipo assistenziale, concernente l’evoluzione della personalità e il recupero sociale del minore, che abbia commesso un reato.
Ulteriore obiettivo sarà, così, quello che di valutare l’offerta dei progetti che il territorio offre per reinserire il minorenne, messo alla prova, nella società.
Nello specifico l’articolo 27 del Decreto attuativo 272/89 delinea un progetto di intervento articolato che deve contenere diversi elementi quali: il coinvolgimento del minore e dei famigliari, l’impegno specifico del soggetto, la partecipazione degli operatori e l’ eventuale riparazione del danno e conciliazione con la vittima.
Tra gli obiettivi del progetto si possono individuare obiettivi generali che riguardano tutti i minori sottoposti alla messa alla prova, riconducibili allo sviluppo delle necessarie competenze relazionali e sociali al fine di evitare la ricaduta.
Tra questi troviamo sia quello relativo al rafforzamento della personalità del minore e della sua autostima attraverso il superamento positivo dei singoli punti del progetto come scuola, lavoro, volontariato, sia quello relativo alla responsabilizzazione e alla riparazione rispetto al reato e alla vicenda penale.
Altro principio a cui il progetto di intervento dovrebbe attenersi è rappresentato dalla flessibilità durante il corso della prova.
Questo criterio risulta necessario affinché il progetto possa modularsi in relazione ai cambiamenti che emergono dal percorso congruenti con i “movimenti evolutivi” del minore nella sua scalata al reinserimento sociale.
In ultima analisi, verranno analizzati, concretamente, i progetti che il territorio mette a disposizione, in particolare, il progetto “Crei” relativo ad attività di giardinaggio e manutenzione per giovani messi alla prova; il progetto “Cosmi” relativo alla comunicazione sociale e volto all’inserimento dei minori stranieri nei sistemi di giustizia europei, i “Percorsi di Legalità-Azione di accompagnamento e inserimento lavorativo dei minori/giovani detenuti in area penale”, evidenziando come spesso le “work esperience” siano un elemento positivo per evitare la ricaduta in percorsi devianti, ed infine i percorsi di mediazione penale e giustizia riparativa.
Inoltre, grazie all’incontro con la Dottoressa Anna Maria Scazzosi, Direttore dell’Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni di Genova del Centro per la Giustizia Minorile, è stato possibile analizzare da vicino alcuni progetti rieducativi come quello denominato “La stanza del tesoro” in cui i giovani messi alla prova sono entrati in contatto con il mondo del museo e della fotografia, provando a diventare, essi stessi, piccoli fotografi ed esponendo, poi, le loro opere.
Concludendo, si evince che l’obiettivo primario a cui l’elaborato tende è giungere alla consapevolezza che il minore non vada “rieducato” alla società quanto “educato” a vivere nella società. Per questo fine, parallelamente all’attività del Giudice minorile, tratterò l’operato dei Servizi Sociali.
Questo elaborato si pone come obiettivo quello di esaminare il processo penale minorile sotto una duplice chiave di lettura, da un lato quella di illustrare il ruolo del Tribunale minorile nelle sue vari articolazioni e funzioni, analizzando i singoli organi giudiziari con cui il minore entra in contatto, dall’altro quella di esaminare il ruolo dell’Ufficio dei Servizi Sociali della Giustizia Minorile ( il cui acronimo è U.S.S.M.) durante l’intero iter processuale trattando lo stretto rapporto fra quest’ultimo e l’Autorità Giudiziaria.
Filo conduttore dell’elaborato sarà la figura del minore deviato, i suoi diritti e doveri e i progetti di reinserimento sociale, con particolare attenzione all’istituto della messa alla prova, quale mezzo privilegiato per la rapida fuoriuscita dal circuito penale.
Dopo un breve excursus storico sull’origine dell’U.S.S.M. e del Tribunale minorile, che risale al Regio Decreto 1404/34 e, trattando le tappe principali, fino al DPR 448/88, verranno analizzate la struttura e le funzioni del Tribunale con particolare attenzione alla singole figure istituzionali che intorno ad esso gravitano.
L’analisi dei principali organi giudiziari che il minore incontra fin dall’ingresso nel circuito penale si concretizzerà nell’esame della Polizia Giudiziaria che provvede all’arresto ovvero al fermo, del Pubblico Ministero quale organo che presiede e coopera al conseguimento del peculiare interesse – dovere dello Stato di recupero del minore, del Giudice minorile diviso nelle figure di giudice monocratico e organo collegiale, ed infine del Magistrato di Sorveglianza, quale giudice specializzato che vigila sull’esecuzione delle misure penali e di sicurezza, al fine che ogni forma di custodia sia attuata conformemente a leggi e regolamenti e nel rispetto dei diritti dei giovani detenuti.
Verrà evidenziato come, nel processo penale minorile, vi sia la tendenza alla marginalizzazione del carcere e all’adozione di altri tipi di sanzioni. Infatti, ove non risulti necessario far ricorso ad altre misure cautelari, il Giudice, sentito l’esercente la potestà dei genitori, può impartire al minore prescrizioni relative alle sue attività di studio, di lavoro o altrimenti educative, e solo in caso di gravi e ripetute violazioni, potrà disporre la misura della permanenza in casa. A loro volta, solo nel caso di gravi e ripetute violazioni degli obblighi inerenti questa misura, il Giudice potrà disporre il collocamento in comunità, e ancora in caso di gravi e ripetute violazioni la custodia cautelare presso un Istituto Penale Minorile. Tale misura viene vista, nel nuovo processo penale minorile, come estrema ratio e vi si procede solo per i delitti per i quali è stabilita la reclusione in misura non inferiore nel massimo a nove anni.
Sotto il secondo profilo verrà analizzato il ruolo dell’ U.S.S.M., evidenziando in particolare i compiti istituzionali, gli obiettivi, l’organizzazione interna, le modifiche e le principali innovazioni che riguardano l’ufficio e i suoi operatori.
Verranno, a tal proposito, esaminate la legge 1085/ 1962 isitutiva dei ruoli del personale del Servizio Sociale e il DPR 448/88 che ha completamente ridisegnato l’assetto della giustizia minorile con il D. lgs 272/89 che ne ha previsto l’attuazione.
Infatti, il DPR 448/88, contenendo, per la prima volta in un testo organico, le disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni, ha ridefinito il ruolo professionale dell’U.S.S.M. confermando la “specializzazione” degli interventi nel penale minorile.
Il modello di intervento a cui sono chiamati a rispondere i Servizi Sociali e il Tribunale per i minorenni prevede, quindi, un percorso più educativo che punitivo, individualizzato e modificabile in itinere che, considerando i mutevoli bisogni del minore, coinvolga in un intervento integrato le risorse del territorio e ambientali.
Sulla scia di quanto suddetto, il legislatore dell’88 offre al minore la possibilità di essere “messo alla prova”.
Tema centrale dell’elaborato sarà proprio la concedibilità o meno di questo beneficio e le sue conseguenze applicative.
Infatti la messa alla prova, detta anche “probation”, è uno degli strumenti più innovativi del nostro codice di procedura penale e consiste nella sospensione del processo da parte di un giudice minorile con messa alla prova del minore (art 28 del DPR 448/88) per la durata massima di tre anni.
L’istituto è il massimo esempio di coordinamento fra i compiti dell’Autorità Giudiziaria e il ruolo dell’U.S.S.M. specie per quanto concerne la costruzione del progetto di messa alla prova.
Infatti, il principale interlocutore dell’U.S.S.M. durante la misura è evidentemente l’Autorità Giudiziaria, in quanto il processo assume senso e prende forma all’interno dello scambio tra questi “attori istituzionali”.
Le modalità di tale scambio si possono evincere dalla lettura dell’articolo 27 del D. lgs 28 luglio 1989 n° 272 “Il giudice provvede a norma dell’articolo 28 del DPR 448/88 sulla base di un intervento elaborato dai Servizi Minorili dell’Amministrazione della Giustizia, in collaborazione con i Servizi socio-assistenziali degli Enti Locali”.
La messa alla prova, infatti, consiste nella sottoposizione del minore ad un progetto di intervento elaborato parallelamente dall’U.S.S.M. e dal Giudice, e successivamente approvato da quest’ultimo.
Tuttavia, nella prassi si è da tempo consolidata la regola secondo cui l’U.S.S.M. prima dell’udienza, sia preliminare che dibattimentale, predisponga autonomamente il progetto di messa alla prova, concordandolo con il minore e sottoponendolo solo successivamente al Giudice in sede di udienza.
Una volta che il progetto è disposto e il processo è stato sospeso con ordinanza, il Giudice affida il minore, sottoposto alla prova, ai Servizi minorili, i quali devono periodicamente informarlo sull’attività svolta e sull’andamento di questa, proponendo eventuali modifiche e abbreviazioni del progetto, nonché la revoca del provvedimento di sospensione nel caso di gravi e ripetute trasgressioni del minore.
Il Giudice dunque, quale organo giudiziario, coordina una attività di tipo assistenziale, concernente l’evoluzione della personalità e il recupero sociale del minore, che abbia commesso un reato.
Ulteriore obiettivo sarà, così, quello che di valutare l’offerta dei progetti che il territorio offre per reinserire il minorenne, messo alla prova, nella società.
Nello specifico l’articolo 27 del Decreto attuativo 272/89 delinea un progetto di intervento articolato che deve contenere diversi elementi quali: il coinvolgimento del minore e dei famigliari, l’impegno specifico del soggetto, la partecipazione degli operatori e l’ eventuale riparazione del danno e conciliazione con la vittima.
Tra gli obiettivi del progetto si possono individuare obiettivi generali che riguardano tutti i minori sottoposti alla messa alla prova, riconducibili allo sviluppo delle necessarie competenze relazionali e sociali al fine di evitare la ricaduta.
Tra questi troviamo sia quello relativo al rafforzamento della personalità del minore e della sua autostima attraverso il superamento positivo dei singoli punti del progetto come scuola, lavoro, volontariato, sia quello relativo alla responsabilizzazione e alla riparazione rispetto al reato e alla vicenda penale.
Altro principio a cui il progetto di intervento dovrebbe attenersi è rappresentato dalla flessibilità durante il corso della prova.
Questo criterio risulta necessario affinché il progetto possa modularsi in relazione ai cambiamenti che emergono dal percorso congruenti con i “movimenti evolutivi” del minore nella sua scalata al reinserimento sociale.
In ultima analisi, verranno analizzati, concretamente, i progetti che il territorio mette a disposizione, in particolare, il progetto “Crei” relativo ad attività di giardinaggio e manutenzione per giovani messi alla prova; il progetto “Cosmi” relativo alla comunicazione sociale e volto all’inserimento dei minori stranieri nei sistemi di giustizia europei, i “Percorsi di Legalità-Azione di accompagnamento e inserimento lavorativo dei minori/giovani detenuti in area penale”, evidenziando come spesso le “work esperience” siano un elemento positivo per evitare la ricaduta in percorsi devianti, ed infine i percorsi di mediazione penale e giustizia riparativa.
Inoltre, grazie all’incontro con la Dottoressa Anna Maria Scazzosi, Direttore dell’Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni di Genova del Centro per la Giustizia Minorile, è stato possibile analizzare da vicino alcuni progetti rieducativi come quello denominato “La stanza del tesoro” in cui i giovani messi alla prova sono entrati in contatto con il mondo del museo e della fotografia, provando a diventare, essi stessi, piccoli fotografi ed esponendo, poi, le loro opere.
Concludendo, si evince che l’obiettivo primario a cui l’elaborato tende è giungere alla consapevolezza che il minore non vada “rieducato” alla società quanto “educato” a vivere nella società. Per questo fine, parallelamente all’attività del Giudice minorile, tratterò l’operato dei Servizi Sociali.
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