Tesi etd-11152016-150017 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM6
Autore
CARDELLI, LAURA SOFIA
URN
etd-11152016-150017
Titolo
Verso un protocollo di Antimicrobial Stewardship per le urosepsi
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Taddei, Stefano
correlatore Dott. Grazi, Giovanni
correlatore Dott. Grazi, Giovanni
Parole chiave
- antibiotici
- antibiotico-resistenza
- appropriatezza
- catetere vescicale
- DDD
- E.coli
- E.faecalis
- emocoltura
- frailty
- indicatori qualità terapeutica
- infezioni vie urinarie
- pazienti fragili
- PCR
- PCT
- PDD
- piperacillina-tazobactam
- urinocoltura
- urosepsi
Data inizio appello
06/12/2016
Consultabilità
Completa
Riassunto
In ambito ospedaliero e comunitario, le infezioni delle vie urinarie (IVU) sono tra le più comuni patologie infettive e sono responsabili del frequente ricorso ad esami diagnostici, alla prescrizione di antibiotici e, più in generale, incidono sulla qualità di vita dei pazienti. Per quanto frequenti, sono patologie difficili da delineare, con molteplici sfaccettature e diversi gradi di severità, che spaziano dalle IVU non complicate fino alle IVU complicate e alle urosepsi. Questo studio condotto su 95 pazienti con sepsi a partenza dalle vie urinarie durante un periodo di otto mesi (da Febbraio a Settembre 2016) rappresenta la fase preliminare all’introduzione di un programma di Antimicrobial Stewardship (ASP) nella realtà locale dei reparti di Medicina Interna dell’Ospedale “F. Lotti” di Pontedera (PI).
Inizialmente sono state analizzate le caratteristiche clinico-epidemiologiche e microbiologiche dei pazienti in studio, quali età e fattori di rischio (FR) per lo sviluppo di urosepsi e di antibiotico-resistenza, ma anche i parametri clinici all’esordio del quadro infettivo. È emerso che queste patologie affliggono una tipologia di paziente prevalentemente anziano, con molteplici fattori di rischio (i pazienti con almeno un FR sono ben l’86% del totale) e spesso portatore di numerose altre patologie. Lo studio ha dimostrato che le urosepsi sono affezioni frequenti nei reparti di Medicina Interna (il loro tasso d’incidenza è vicino a 4.15 casi/100 ricoveri), determinano una lunga degenza (almeno 9 giorni) e si caratterizzano per una significativa mortalità (che si attesta intorno all’8.5%). Le condizioni cliniche all’esordio sono caratteristiche: questi pazienti si presentano spesso in shock, con leucocitosi neutrofila, alta concentrazione sierica di PCT e PCR e con una funzione renale peggiorata, anche in assenza di pregressa insufficienza renale. Pertanto queste patologie non sono difficili da diagnosticare e sulla loro gestione iniziale si gioca buona parte del successo terapeutico successivo. Lo studio ha infatti messo in evidenza il ruolo cruciale della raccolta di campioni biologici per esami colturali già in Pronto Soccorso, che permette di modificare precocemente la terapia empirica iniziale a favore di una mirata ai risultati in vitro, una volta che il paziente viene trasferito in reparto.
Successivamente sono stati individuati otto indicatori di qualità gestionale - validati in letteratura – di cui è stata valutata l’applicazione nella realtà in studio; questi sono stati poi utilizzati per teorizzare una serie di interventi efficaci e mirati al miglioramento dell’intero percorso terapeutico e che sono confluiti in un programma interno di Antimicrobial Stewardship. Dallo studio retrospettivo è emerso che la percentuale di applicazione di questi indicatori è stata variabile, passando dal 25% al 100%: più in dettaglio, l’esecuzione dell’urinocoltura nei pazienti con urosepsi ha avuto una percentuale di applicazione del 90%, la prescrizione antibiotica empirica in accordo con le linee guida nazionali è stata applicata nel 100% dei casi, l’uso di fluorochinoloni solo come terapia orale nel 27%, la modifica della terapia empirica dopo i risultati delle colture nel 38%; e ancora la variazione della terapia intravenosa in terapia orale dopo 48-72 h in base alle condizioni cliniche nel 17%, la durata della terapia antibiotica di almeno 10 giorni nel 73%, la sostituzione del catetere entro 24h dall’inizio del trattamento antibiotico nel 32% ed infine l’adattamento della dose degli antibiotici in relazione alla funzione renale in tutti i casi esaminati.
Data la frequenza delle IVU, e delle urosepsi, queste affezioni concorrono in maniera significativa al consumo totale degli antibiotici, con incremento della spesa sanitaria e della diffusione dell’antibiotico-resistenza: proprio quest'ultimo fenomeno appare in netta crescita tra i microrganismi responsabili di urosepsi, come è stato messo in evidenza dal confronto tra i dati di antibiotico resistenza regionali (Secondo Report della Rete di Sorveglianza dell’antibiotico-resistenza in Toscana - SART-) e quelli derivati dal nostro studio, soprattutto per quanto riguarda E. coli, E. faecalis, P. aeruginosa e K. Pneumoniae – che sono tra i microrganismi più spesso responsabili di urosepsi -. L'elevata percentuale di resistenza agli antibiotici comunemente utilizzati in terapia antibiotica empirica, e come tali consigliati dalle linee guida nazionali ed internazionali, rende urgente e necessaria la stesura di linee guida locali, così da evitare fallimenti terapeutici futuri. In tal senso, questo studio ha reso disponibile un repertorio di dati epidemiologici locali e attuali che possono sostenere la stesura di tali linee guida: in particolare, prendendo in considerazione gli 87 isolamenti da urinocoltura e/o emocoltura, il 78% si è dimostrato sensibile alla Piperacillina/Tazobactam, che rende questo antibiotico candidato a divenire la prima scelta in terapia empirica in Pronto Soccorso e Medicina Interna dell’Ospedale “F. Lotti” di Pontedera.
Il programma di Antimicrobial Stewardship avviato dall’analisi dei risultati precedenti e in via di applicazione nella pratica clinica, prende in esame ogni aspetto della gestione terapeutica del paziente - dal suo ingresso in Pronto Soccorso fino alla dimissione passando attraverso la scelta dell’antibiotico più corretto per la realtà locale - con l’obiettivo di migliorarlo.
Questo studio rappresenta pertanto il punto di partenza per ulteriori indagini che potranno analizzare i benefici dell’applicazione nei Reparti di Medicina Interna di questo presidio e potranno facilmente implementarne le raccomandazioni.
Inizialmente sono state analizzate le caratteristiche clinico-epidemiologiche e microbiologiche dei pazienti in studio, quali età e fattori di rischio (FR) per lo sviluppo di urosepsi e di antibiotico-resistenza, ma anche i parametri clinici all’esordio del quadro infettivo. È emerso che queste patologie affliggono una tipologia di paziente prevalentemente anziano, con molteplici fattori di rischio (i pazienti con almeno un FR sono ben l’86% del totale) e spesso portatore di numerose altre patologie. Lo studio ha dimostrato che le urosepsi sono affezioni frequenti nei reparti di Medicina Interna (il loro tasso d’incidenza è vicino a 4.15 casi/100 ricoveri), determinano una lunga degenza (almeno 9 giorni) e si caratterizzano per una significativa mortalità (che si attesta intorno all’8.5%). Le condizioni cliniche all’esordio sono caratteristiche: questi pazienti si presentano spesso in shock, con leucocitosi neutrofila, alta concentrazione sierica di PCT e PCR e con una funzione renale peggiorata, anche in assenza di pregressa insufficienza renale. Pertanto queste patologie non sono difficili da diagnosticare e sulla loro gestione iniziale si gioca buona parte del successo terapeutico successivo. Lo studio ha infatti messo in evidenza il ruolo cruciale della raccolta di campioni biologici per esami colturali già in Pronto Soccorso, che permette di modificare precocemente la terapia empirica iniziale a favore di una mirata ai risultati in vitro, una volta che il paziente viene trasferito in reparto.
Successivamente sono stati individuati otto indicatori di qualità gestionale - validati in letteratura – di cui è stata valutata l’applicazione nella realtà in studio; questi sono stati poi utilizzati per teorizzare una serie di interventi efficaci e mirati al miglioramento dell’intero percorso terapeutico e che sono confluiti in un programma interno di Antimicrobial Stewardship. Dallo studio retrospettivo è emerso che la percentuale di applicazione di questi indicatori è stata variabile, passando dal 25% al 100%: più in dettaglio, l’esecuzione dell’urinocoltura nei pazienti con urosepsi ha avuto una percentuale di applicazione del 90%, la prescrizione antibiotica empirica in accordo con le linee guida nazionali è stata applicata nel 100% dei casi, l’uso di fluorochinoloni solo come terapia orale nel 27%, la modifica della terapia empirica dopo i risultati delle colture nel 38%; e ancora la variazione della terapia intravenosa in terapia orale dopo 48-72 h in base alle condizioni cliniche nel 17%, la durata della terapia antibiotica di almeno 10 giorni nel 73%, la sostituzione del catetere entro 24h dall’inizio del trattamento antibiotico nel 32% ed infine l’adattamento della dose degli antibiotici in relazione alla funzione renale in tutti i casi esaminati.
Data la frequenza delle IVU, e delle urosepsi, queste affezioni concorrono in maniera significativa al consumo totale degli antibiotici, con incremento della spesa sanitaria e della diffusione dell’antibiotico-resistenza: proprio quest'ultimo fenomeno appare in netta crescita tra i microrganismi responsabili di urosepsi, come è stato messo in evidenza dal confronto tra i dati di antibiotico resistenza regionali (Secondo Report della Rete di Sorveglianza dell’antibiotico-resistenza in Toscana - SART-) e quelli derivati dal nostro studio, soprattutto per quanto riguarda E. coli, E. faecalis, P. aeruginosa e K. Pneumoniae – che sono tra i microrganismi più spesso responsabili di urosepsi -. L'elevata percentuale di resistenza agli antibiotici comunemente utilizzati in terapia antibiotica empirica, e come tali consigliati dalle linee guida nazionali ed internazionali, rende urgente e necessaria la stesura di linee guida locali, così da evitare fallimenti terapeutici futuri. In tal senso, questo studio ha reso disponibile un repertorio di dati epidemiologici locali e attuali che possono sostenere la stesura di tali linee guida: in particolare, prendendo in considerazione gli 87 isolamenti da urinocoltura e/o emocoltura, il 78% si è dimostrato sensibile alla Piperacillina/Tazobactam, che rende questo antibiotico candidato a divenire la prima scelta in terapia empirica in Pronto Soccorso e Medicina Interna dell’Ospedale “F. Lotti” di Pontedera.
Il programma di Antimicrobial Stewardship avviato dall’analisi dei risultati precedenti e in via di applicazione nella pratica clinica, prende in esame ogni aspetto della gestione terapeutica del paziente - dal suo ingresso in Pronto Soccorso fino alla dimissione passando attraverso la scelta dell’antibiotico più corretto per la realtà locale - con l’obiettivo di migliorarlo.
Questo studio rappresenta pertanto il punto di partenza per ulteriori indagini che potranno analizzare i benefici dell’applicazione nei Reparti di Medicina Interna di questo presidio e potranno facilmente implementarne le raccomandazioni.
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