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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-11142014-155109


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
ARISTEI, GIULIA
URN
etd-11142014-155109
Titolo
Il trasferimento d'azienda
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Prof. Niccolai, Alberto
Parole chiave
  • azienda
  • trasferimento
Data inizio appello
02/12/2014
Consultabilità
Completa
Riassunto
Introduzione

Uno dei fenomeni giuridici complessi che in quest’ultimo decennio ha interessato e imposto interventi ripetuti del legislatore è quello attinente al “trasferimento d’azienda”.
In questa sua attività normativa, il legislatore nazionale è pervenuto ad una disciplina giuslavoristica ove sono stati elaborati e progressivamente affinati concetti di “azienda”, “trasferimento” e “impresa” che nel diritto del lavoro assumono connotazioni particolari non propriamente coincidenti, per il loro contenuto, con quelli omologhi propri di altri rami dell’ordinamento giuridico quali ad esempio il diritto civile-commerciale e il diritto tributario.
Sulla materia si è assistito ad un continuo intrecciarsi di successivi interventi legislativi e giurisprudenziali, accompagnati da ripetute pronunce della Corte di Giustizia delle Comunità che ha finito con lo spingere lo stesso legislatore europeo ad operare una serie di modificazioni e rettificazioni nelle proprie direttive in materia e, conseguentemente, il legislatore italiano di effettuare a sua volta adattamenti alla disciplina fino all’ultima stesura del 5° comma dell’art. 2112 c.c. introdotta con la legge Biagi del 2003.
Proprio il mutamento che negli anni ha subito la citata disposizione è evidenziato nel presente elaborato poiché guardando a ritroso l’evoluzione della disciplina che ha regolato il rapporto di lavoro in caso di trasferimento d’azienda dall’emanazione del codice civile ai giorni nostri, è possibile ripercorrere le tappe di un itinerario normativo segnato dai cambiamenti radicali che ha subito in Italia la fisionomia dell’impresa.
L’impresa, infatti, abbandonata la forma di stampo fordista sulla quale erano e sono tutt’oggi tarate le disposizioni del codice civile in materia di lavoro ha assunto quella reticolare risultante da una serie di operazioni denominate esternalizzazioni.
Come attenta dottrina ha messo in rilievo, le cause dei cambiamenti dell’impresa vanno ricercate, in primo luogo, nella internazionalizzazione dei mercati che ha elevato il tasso di competitività delle imprese e conseguentemente ha obbligato le stesse a ridurre i costi di produzione e quindi anche il costo del lavoro; e in secondo luogo nel massiccio progresso tecnologico che ha contribuito in modo determinante al superamento della figura socialmente omogenea del lavoratore comune dell’industria sostituita da una pluralità di identità sociali dei produttori derivante da professionalità sovente molto sofisticate.
In definitiva, è ormai crescente la propensione dell’impresa ad assumere articolazioni diverse sia sul piano societario sia mediante segmentazioni del processo produttivo; articolazioni che comportano entrambe la circolazione dell’azienda ovvero una modificazione della titolarità del complesso aziendale.
Tale modificazione implica tutta una serie di conseguenze giuridiche che coinvolgono non soltanto cedente e cessionario, cioè coloro che realizzano l’operazione economica, ma anche un certo numero di soggetti con i quali sono in corso rapporti al momento del suo verificarsi.
Il nostro ordinamento, come è avvenuto per altri stati membri dell’Unione Europea e per lo stesso ordinamento comunitario, ha dedicato una regolamentazione specifica ai riflessi della vicenda traslativa sui rapporti individuali di lavoro.
Nello specifico, a tutela dei diritti dei singoli lavoratori nel caso di trasferimento d’azienda, il codice civile già conteneva una norma, l’art. 2112 c.c., il cui contenuto è stato arricchito e perfezionato in attuazione di direttive comunitarie.
In particolare, l’art. 47 della legge 428 del 1990, che ha recepito la direttiva 77/187/CEE, non solo ha integrato il disposto dell’art. 2112 c.c. a tutela del singolo lavoratore coinvolto nel trasferimento d’azienda, ma ha aggiunto al primo un secondo e separato corpo normativo relativo ai diritti di informazione e consultazione collettiva.
Più di recente il decreto legislativo 18 del 2001, in attuazione della direttiva 50/98/CE del 26 giugno 1998, ha sia sostituito l’art. 2112 c.c., che modificato l’art. 47 della legge 428 del 1990.
In ultimo il decreto legislativo 276 del 2003, pretendendo di dare attuazione alla direttiva 23/2001/CE del 12 marzo 2001 che in verità non incide in modo innovativo sulla materia ma si limita a coordinare le disposizioni già vigenti, ha cercato di rimodellare la fattispecie del trasferimento di ramo d’azienda.
Come è stato osservato la disciplina sul trasferimento d’azienda ha fatto da catalizzatore di fenomeni più ampi, di segmentazione del ciclo produttivo dell’impresa che fanno sì che il senso e gli effetti della disciplina protettiva vengano messi in discussione dal mutamento del fenomeno regolato, fenomeno complesso che non si esaurisce nel solo trasferimento dell’azienda o di un suo ramo, che è continuamente riregolato per effetto della legislazione nazionale e comunitaria, e che risente in maniera vistosa delle elaborazioni della giurisprudenza della Corte di Giustizia .
Allo stato nel caso di trasferimento dell’intera azienda la nuova formulazione dell’art. 2112 c.c. prevede un sistema di pesi e contrappesi che, da un lato, riconosce l’interesse dell’imprenditore cedente ad alienare la compagine aziendale nella sua interezza e, dall’altro lato, garantisce l’interesse del lavoratore trasferendo a conservare il posto di lavoro assicurandogli la continuità del rapporto di lavoro presso il cessionario.
In conclusione la disciplina a tutela del lavoratore nel trasferimento d’azienda e di ramo può essere suddistinta in quattro aree delle quali si dà conto nelle pagine che seguono, ovvero, la fattispecie del trasferimento d’azienda e di ramo, i diritti del lavoratore come singolo, i diritti collettivi e infine le specifiche regole dettate per il caso in cui il trasferimento riguardi aziende in crisi.
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