Tesi etd-11132018-160722 |
Link copiato negli appunti
Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
BONGIOVANNI, GIUSEPPE
URN
etd-11132018-160722
Titolo
Una grande riforma in un cantiere aperto.
Nuova articolazione delle Province dopo la Legge Delrio
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Prof. Fioritto, Alfredo
Parole chiave
- enti di area vasta
- funzioni di area vasta
- progetto di abolizione delle Province
- smart cities
Data inizio appello
10/12/2018
Consultabilità
Completa
Riassunto
Nonostante il titolo piuttosto sobrio “Disposizioni sulle Città Metropolitane, sulle Province e sull’Unione e Fusione dei Comuni” non vi è dubbio che la legge n.56 del 2014, nota come Legge Delrio (dal nome del ministro proponente), sia considerata una delle più grandi riforme di sistema degli ultimi anni visto e considerato l’impatto istituzionale avuto in termini riordino delle funzioni, di riallocazione del personale e di taglio delle risorse, nonché il suo stretto legame con il Referendum del 4 Dicembre 2016 che avrebbe dovuto, nell’intenzione del Legislatore, completare questo percorso, cancellando definitivamente la parola “Provincia” dalla Costituzione.
Il principale obiettivo è quello di una razionalizzazione della spesa pubblica e di un conseguente incremento dell’efficienza del governo locale, incidendo proprio sulle Province, considerate da molti come “l’anello” più debole del sistema istituzionale: da decenni, infatti, si denunciava l’incoerenza territoriale e funzionale delle Province istituite, al tempo, sulla base di elementi puramente storico-culturali e politici.
Tale obiettivo viene perseguito attraverso la soppressione dell’ente provinciale mediante la trasformazione, nella gran parte dei casi, in ente territoriale di area vasta mentre negli altri casi è stato sostituito con la Città Metropolitana che acquisisce dal primo territorio e funzioni.
L’ente Provinciale, così declassato ad ente di area vasta, vede una diretta riduzione della democraticità degli Organi di Governo: Il Consiglio Provinciale e Metropolitano non vengono più eletti direttamente dai cittadini ma sono composti da membri non eletti direttamente, come Sindaci e consiglieri che fanno parte del territorio provinciale/metropolitano.
Nell’ottica del Legislatore, dall’applicazione della Legge doveva risultare un sistema in cui le Province sono enti di area vasta di secondo livello, strettamente legati ai Comuni del territorio, che esercitano direttamente alcune specifiche funzioni proprie di programmazione e coordinamento di area vasta; ma allo stesso tempo, d’intesa con i comuni del territorio, possono assumere un ruolo essenziale per la gestione unitaria di importanti servizi che oggi sono svolti a livello comunale o esercitate da agenzie in ambito provinciale o sub-provinciale.
Le altre funzioni, non fondamentali, vengono trasferite mediante un complesso sistema di riordino regionale o verso la Regione, come è avvenuto nella gran parte dei casi, o verso i Comuni o verso unioni e fusioni dei Comuni, che costituiscono il terzo pilastro della riforma.
Infine, le Città Metropolitane, che nella ratio originaria, dovevano costituire l’equivalente delle Città Metropolitane Europee.
Grazie ai poteri e alle funzioni di programmazione e coordinamento del territorio metropolitano e allo stretto legame con il tessuto culturale ed economico del territorio, molte di queste hanno intrapreso la strada della “smarting city” che potrebbe portarli nel giro dei prossimi anni a competere con le grandi città Europee.
La portata rivoluzionaria della riforma viene messa in crisi e poi del tutto sopraffatta dai vincoli economico-finanziari di spesa pubblica; lo Stato con la Legge 190/2014 blocca la capacità assunzionale delle province e taglia i fondi per il triennio successivo di circa 6 miliardi portando la gran parte delle Province in una situazione di predissesto e dissesto finanziario che non ha permesso loro di chiudere il bilancio in pareggio e di esercitare quelle stesse funzioni assegnate dalla Legge.
Oggi le Province possono tornare nuovamente a sperare grazie al lavoro formidabile dell’Unione delle Province Italiane e dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani, il cui lavoro sinergico ha permesso di recuperare importanti spazi di capacità assunzionale e di recuperare fondi nella legge di bilancio per il 2018.
Il principale obiettivo è quello di una razionalizzazione della spesa pubblica e di un conseguente incremento dell’efficienza del governo locale, incidendo proprio sulle Province, considerate da molti come “l’anello” più debole del sistema istituzionale: da decenni, infatti, si denunciava l’incoerenza territoriale e funzionale delle Province istituite, al tempo, sulla base di elementi puramente storico-culturali e politici.
Tale obiettivo viene perseguito attraverso la soppressione dell’ente provinciale mediante la trasformazione, nella gran parte dei casi, in ente territoriale di area vasta mentre negli altri casi è stato sostituito con la Città Metropolitana che acquisisce dal primo territorio e funzioni.
L’ente Provinciale, così declassato ad ente di area vasta, vede una diretta riduzione della democraticità degli Organi di Governo: Il Consiglio Provinciale e Metropolitano non vengono più eletti direttamente dai cittadini ma sono composti da membri non eletti direttamente, come Sindaci e consiglieri che fanno parte del territorio provinciale/metropolitano.
Nell’ottica del Legislatore, dall’applicazione della Legge doveva risultare un sistema in cui le Province sono enti di area vasta di secondo livello, strettamente legati ai Comuni del territorio, che esercitano direttamente alcune specifiche funzioni proprie di programmazione e coordinamento di area vasta; ma allo stesso tempo, d’intesa con i comuni del territorio, possono assumere un ruolo essenziale per la gestione unitaria di importanti servizi che oggi sono svolti a livello comunale o esercitate da agenzie in ambito provinciale o sub-provinciale.
Le altre funzioni, non fondamentali, vengono trasferite mediante un complesso sistema di riordino regionale o verso la Regione, come è avvenuto nella gran parte dei casi, o verso i Comuni o verso unioni e fusioni dei Comuni, che costituiscono il terzo pilastro della riforma.
Infine, le Città Metropolitane, che nella ratio originaria, dovevano costituire l’equivalente delle Città Metropolitane Europee.
Grazie ai poteri e alle funzioni di programmazione e coordinamento del territorio metropolitano e allo stretto legame con il tessuto culturale ed economico del territorio, molte di queste hanno intrapreso la strada della “smarting city” che potrebbe portarli nel giro dei prossimi anni a competere con le grandi città Europee.
La portata rivoluzionaria della riforma viene messa in crisi e poi del tutto sopraffatta dai vincoli economico-finanziari di spesa pubblica; lo Stato con la Legge 190/2014 blocca la capacità assunzionale delle province e taglia i fondi per il triennio successivo di circa 6 miliardi portando la gran parte delle Province in una situazione di predissesto e dissesto finanziario che non ha permesso loro di chiudere il bilancio in pareggio e di esercitare quelle stesse funzioni assegnate dalla Legge.
Oggi le Province possono tornare nuovamente a sperare grazie al lavoro formidabile dell’Unione delle Province Italiane e dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani, il cui lavoro sinergico ha permesso di recuperare importanti spazi di capacità assunzionale e di recuperare fondi nella legge di bilancio per il 2018.
File
Nome file | Dimensione |
---|---|
tesi_Leg...elrio.pdf | 1.25 Mb |
Contatta l’autore |