Tesi etd-11132014-184507 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica LC6
Autore
PINI, CAMILLA
URN
etd-11132014-184507
Titolo
Inquadramento nosologico delle schisi orofacciali del feto in utero: utilità e limiti dell'ecografia bidimensionale e tridimensionale.
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Dott.ssa Strigini, Francesca Anna Letizia
Parole chiave
- diagnosi
- labioschisi
- palatoschisi
- prenatale
Data inizio appello
02/12/2014
Consultabilità
Completa
Riassunto
La schisi orofacciale è un difetto che può interessare il labbro, l’alveolo e il palato in posizione monolaterale o bilaterale (nelle schisi tipiche), oppure in posizione mediana (nelle schisi atipiche). La prevalenza delle schisi orofacciali nella popolazione generale è tra 1/500 e 1/1000, e le schisi tipiche ne costituiscono la stragrande maggioranza. Circa il 70% delle schisi orofacciali sono isolate, circa il 30% è associato ad anomalie cromosomiche o strutturali.
In questo studio la casistica del Centro di ecografie ostetriche di secondo livello del’Università di Pisa è stata esaminata nel periodo 2000-2014 al fine di identificare i casi con diagnosi pre- o postnatale di labio e/o palatoschisi, allo scopo di:
• Descrivere i casi identificati;
• Verificare la sensibilità e specificità della diagnosi ecografica di secondo livello;
• Valutare se la rielaborazione dei volumi acquisiti con ecografia tridimensionale (3D) consentisse di ottenere ulteriori informazioni.
Nello studio sono state incluse 38 schisi orofacciali su un totale di 10301 gravidanze. La maggior parte delle schisi erano monolaterali (65,8%), coinvolgevano labbro, alveolo e palato (57,9%) ed erano isolate (60,5%). La sensibilità dell’ecografia di II livello per le schisi orofacciali era del 91,4%, con una specificità superiore al 99,9% (l’unico falso positivo era comunque in un feto con anomalie facciali); tuttavia, l’affidabilità diagnostica per la presenza o meno di schisi del palato in feti con labioschisi era bassa.
L’utilizzazione del 3D nel corso dell’esame migliorava in maniera non significativa la possibilità di diagnosticare la schisi del palato (affidabilità diagnostica: 89% vs 61%); la rielaborazione dei volumi in momenti successivi, effettuata in 19 casi particolarmente complessi, forniva invece un miglioramento significativo dell’affidabilità diagnostica (79% vs 42%; p<0,05).
In questo studio è stata per la prima volta utilizzata la rielaborazione 3D per valutare l’ampiezza della schisi alveolare, rilevante per la successiva programmazione degli interventi chirurgici. È stata osservata una correlazione statisticamente significativa di tali misurazioni con quelle ottenute alla nascita (p<0,001; r2=0,923). La possibile utilità clinica di tale risultato andrà valutata in successivi studi prospettici.
Dal momento che i migliori risultati si ottengono con l’uso del 3D soltanto nelle rielaborazioni dopo la fine dell’esame, potrà rendersi necessario un cambiamento nella organizzazione del lavoro e nella modalità di comunicazione dei risultati alle pazienti, che in ostetricia tipicamente avviene alla fine dell’esame.
In questo studio la casistica del Centro di ecografie ostetriche di secondo livello del’Università di Pisa è stata esaminata nel periodo 2000-2014 al fine di identificare i casi con diagnosi pre- o postnatale di labio e/o palatoschisi, allo scopo di:
• Descrivere i casi identificati;
• Verificare la sensibilità e specificità della diagnosi ecografica di secondo livello;
• Valutare se la rielaborazione dei volumi acquisiti con ecografia tridimensionale (3D) consentisse di ottenere ulteriori informazioni.
Nello studio sono state incluse 38 schisi orofacciali su un totale di 10301 gravidanze. La maggior parte delle schisi erano monolaterali (65,8%), coinvolgevano labbro, alveolo e palato (57,9%) ed erano isolate (60,5%). La sensibilità dell’ecografia di II livello per le schisi orofacciali era del 91,4%, con una specificità superiore al 99,9% (l’unico falso positivo era comunque in un feto con anomalie facciali); tuttavia, l’affidabilità diagnostica per la presenza o meno di schisi del palato in feti con labioschisi era bassa.
L’utilizzazione del 3D nel corso dell’esame migliorava in maniera non significativa la possibilità di diagnosticare la schisi del palato (affidabilità diagnostica: 89% vs 61%); la rielaborazione dei volumi in momenti successivi, effettuata in 19 casi particolarmente complessi, forniva invece un miglioramento significativo dell’affidabilità diagnostica (79% vs 42%; p<0,05).
In questo studio è stata per la prima volta utilizzata la rielaborazione 3D per valutare l’ampiezza della schisi alveolare, rilevante per la successiva programmazione degli interventi chirurgici. È stata osservata una correlazione statisticamente significativa di tali misurazioni con quelle ottenute alla nascita (p<0,001; r2=0,923). La possibile utilità clinica di tale risultato andrà valutata in successivi studi prospettici.
Dal momento che i migliori risultati si ottengono con l’uso del 3D soltanto nelle rielaborazioni dopo la fine dell’esame, potrà rendersi necessario un cambiamento nella organizzazione del lavoro e nella modalità di comunicazione dei risultati alle pazienti, che in ostetricia tipicamente avviene alla fine dell’esame.
File
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TESI__SC...CIALI.pdf | 5.61 Mb |
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