Tesi etd-11122016-171500 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
PIAZZETTA, MIRIAM
Indirizzo email
miriam_piazz@yahoo.it
URN
etd-11122016-171500
Titolo
Il Nesso tra Migrazione e Sviluppo nell'ordinamento dell'Unione Europea.
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Prof.ssa Martines, Francesca
Parole chiave
- Nesso tra Migrazione e Sviluppo
Data inizio appello
14/12/2016
Consultabilità
Completa
Riassunto
Il fenomeno migratorio è antichissimo. È quasi scontato infatti sottolineare che appartiene alla storia dell’uomo il proposito di soggetti singoli, e di gruppi più estesi, di abbandonare il luogo di nascita, nel tentativo di sopravvivere scappando da situazioni di pericolo; o, comunque, di conquistare una esistenza migliore per sé e per la propria famiglia.
Come si avrà modo di illustrare più ampiamente nel corso del lavoro, l’analisi del fenomeno migratorio è stata per lungo tempo caratterizzata da approcci di tipo pessimistico.
In questa ottica, la migrazione è vista come un fenomeno causato dalla estrema povertà ed incapace di generare effetti positivi o, comunque, di generare uno sviluppo dei paesi coinvolti.
Questa interpretazione del fenomeno migratorio è stata così accompagnata dalla considerazione soprattutto dei problemi attinenti alla sicurezza e all’ordine pubblico scaturenti dalla migrazione e, dunque, dalla predisposizione di politiche rivolte prevalentemente a gestire i flussi migratori, al fine di contrastare l’immigrazione legale o, comunque, al fine di arginare la migrazione nel suo complesso.
Ancora nei nostri giorni si registra, per la verità, l’ostilità, più o meno evidente, di parte dell’opinione pubblica verso migranti di diversa provenienza e appartenenza, rifugiati, rom o nomadi, la quale, come hanno evidenziato alcuni autori, è il prodotto di una “macchina tautologica della paura”, alimentata, oltre che dal discorso politico e dalle cronache dei media, da un “diritto speciale” riservato ai migranti, ovvero da una produzione normativa che spesso sembra racchiudere in categorie specifiche e particolari le persone straniere, non nazionali o “extracomunitarie”.
E tuttavia, la più recente analisi scientifica sulle migrazioni, forse anche sulla base della ormai incessante, e secondo i più, inarrestabile crescita dei flussi migratori sembra impegnata soprattutto nel tentativo di analizzare il fenomeno migratorio anche in relazione alle possibilità di sviluppo da esso scaturenti.
Uno sviluppo che, si badi, sembrerebbe poter coinvolgere tutti gli “attori” del fenomeno migratorio, e legato non soltanto al profilo economico strettamente inteso.
Più precisamente, negli atti ufficiali predisposti dalle istituzioni preposte allo studio ed alla gestione delle migrazioni si ritrova frequentemente la esaltazione delle potenzialità di sviluppo legate ad una politica di gestione efficace delle migrazioni; e, per dirla con una espressione ricorrente, le possibilità di co-sviluppo triple win (del migrante, del paese di origine e di quello di destinazione) connesse con il fenomeno migratorio.
Mobilità e migrazioni emergono allora, quantomeno nelle dichiarazioni di principio, come fattori chiave per l’integrazione dell’economia globale e per il perseguimento di dinamiche di crescita positive e sostenute.
La questione dello sviluppo legato alla migrazione è così letta in termini di global policy issue, divenendo oggetto di strategie e politiche di governance da parte delle Istituzioni Internazionali e, tra queste, soprattutto da parte dell’Unione Europea.
Questo mutato approccio è stato salutato da alcuni come una sorta di ritorno ciclico; l’antropologo olandese Hein de Haas nel 2008 ha scritto che “i dibattiti accademici e politici su migrazione e sviluppo hanno mostrato una tendenza a oscillare avanti e indietro come un pendolo, dall’ottimismo sviluppista negli anni ‘50 e ‘60, al pessimismo e scetticismo strutturalista e neomarxista negli anni ‘70 e ‘80, a visioni più moderate, che furono influenzate dalle nuove economie della migrazione per ragioni di lavoro, dagli approcci che considerano i mezzi di sussistenza (livelihood) e dalla svolta transnazionale negli studi migratori negli anni ‘90. Dal 2000 si è verificata un’improvvisa rinascita delle visioni ottimistiche, particolarmente nel dibattito politico, assieme ad un boom del lavoro empirico su migrazione e sviluppo”.
Il mutato approccio e le dichiarazioni di principio solennemente enunciate dagli Organismi internazionali, complessivamente intesi, si confrontano tuttavia con le iniziative e le politiche in concreto predisposte al fine di tentare una mediazione reale tra, appunto, la migrazione e lo sviluppo, capace di contribuire al progresso dei popoli e degli Stati.
Proprio al rapporto tra migrazione e sviluppo è dedicato questo lavoro di tesi, il quale si propone innanzitutto di inquadrare il fenomeno migratorio nella sua reale portata e poi, soprattutto, di illustrare le modalità mediante le quali il fenomeno è stato affrontato e messo in correlazione con lo sviluppo, tanto nell’ambito internazionale, quanto nell’ambito Europeo.
Allo stesso tempo, la tesi ha l’ambizione di illustrare le diverse tecniche di intervento e di verificare se quelle più diffusamente utilizzate siano in grado di contribuire realmente alla promozione di una relazione proficua tra migrazione e sviluppo.
In questa logica, il primo capitolo propone un inquadramento del fenomeno migratorio all’interno del quadro internazionale, nell’ambito del quale si è inteso dare risalto ai diversi soggetti istituzionali costituiti al fine di affrontare le tematiche connesse alla migrazione e, allo stesso tempo, alle molteplici iniziative di tipo intergovernativo poste in essere su iniziativa delle Nazioni Unite.
Nel secondo capitolo, il medesimo approccio è stato utilizzato per inquadrare il fenomeno migratorio all’interno del contesto europeo.
L’analisi dei documenti predisposti dalle istituzioni europee ha consentito di verificare innanzitutto un mutamento delle politiche in tema di immigrazione, là dove gli atti istitutivi originari della CEE non avevano in realtà previsto una competenza della Comunità in materia di immigrazione, la quale è invece stata riconosciuta all’Unione soltanto successivamente, come si avrà ampiamente modo di illustrare in seguito.
Allo stesso tempo, è emerso che il panorama europeo è connotato anche da alcuni profili di ambiguità, là dove non sempre le azioni in concreto poste in essere sembrano corrispondere e dare effettiva attuazione alle pur importanti dichiarazioni di principio contenute, soprattutto, nei preamboli che accompagnano ciascun atto e documento predisposto dalle Istituzioni europee.
Ed infine, nel terzo capitolo si è dato specifico spazio alle modalità di intervento adoperate, sin qui, nell’approccio del rapporto tra migrazione e sviluppo, le quali sono state analizzate tentando di offrire anche taluni spunti di riflessione critica, espressi nelle conclusioni del lavoro.
Come si avrà modo di illustrare più ampiamente nel corso del lavoro, l’analisi del fenomeno migratorio è stata per lungo tempo caratterizzata da approcci di tipo pessimistico.
In questa ottica, la migrazione è vista come un fenomeno causato dalla estrema povertà ed incapace di generare effetti positivi o, comunque, di generare uno sviluppo dei paesi coinvolti.
Questa interpretazione del fenomeno migratorio è stata così accompagnata dalla considerazione soprattutto dei problemi attinenti alla sicurezza e all’ordine pubblico scaturenti dalla migrazione e, dunque, dalla predisposizione di politiche rivolte prevalentemente a gestire i flussi migratori, al fine di contrastare l’immigrazione legale o, comunque, al fine di arginare la migrazione nel suo complesso.
Ancora nei nostri giorni si registra, per la verità, l’ostilità, più o meno evidente, di parte dell’opinione pubblica verso migranti di diversa provenienza e appartenenza, rifugiati, rom o nomadi, la quale, come hanno evidenziato alcuni autori, è il prodotto di una “macchina tautologica della paura”, alimentata, oltre che dal discorso politico e dalle cronache dei media, da un “diritto speciale” riservato ai migranti, ovvero da una produzione normativa che spesso sembra racchiudere in categorie specifiche e particolari le persone straniere, non nazionali o “extracomunitarie”.
E tuttavia, la più recente analisi scientifica sulle migrazioni, forse anche sulla base della ormai incessante, e secondo i più, inarrestabile crescita dei flussi migratori sembra impegnata soprattutto nel tentativo di analizzare il fenomeno migratorio anche in relazione alle possibilità di sviluppo da esso scaturenti.
Uno sviluppo che, si badi, sembrerebbe poter coinvolgere tutti gli “attori” del fenomeno migratorio, e legato non soltanto al profilo economico strettamente inteso.
Più precisamente, negli atti ufficiali predisposti dalle istituzioni preposte allo studio ed alla gestione delle migrazioni si ritrova frequentemente la esaltazione delle potenzialità di sviluppo legate ad una politica di gestione efficace delle migrazioni; e, per dirla con una espressione ricorrente, le possibilità di co-sviluppo triple win (del migrante, del paese di origine e di quello di destinazione) connesse con il fenomeno migratorio.
Mobilità e migrazioni emergono allora, quantomeno nelle dichiarazioni di principio, come fattori chiave per l’integrazione dell’economia globale e per il perseguimento di dinamiche di crescita positive e sostenute.
La questione dello sviluppo legato alla migrazione è così letta in termini di global policy issue, divenendo oggetto di strategie e politiche di governance da parte delle Istituzioni Internazionali e, tra queste, soprattutto da parte dell’Unione Europea.
Questo mutato approccio è stato salutato da alcuni come una sorta di ritorno ciclico; l’antropologo olandese Hein de Haas nel 2008 ha scritto che “i dibattiti accademici e politici su migrazione e sviluppo hanno mostrato una tendenza a oscillare avanti e indietro come un pendolo, dall’ottimismo sviluppista negli anni ‘50 e ‘60, al pessimismo e scetticismo strutturalista e neomarxista negli anni ‘70 e ‘80, a visioni più moderate, che furono influenzate dalle nuove economie della migrazione per ragioni di lavoro, dagli approcci che considerano i mezzi di sussistenza (livelihood) e dalla svolta transnazionale negli studi migratori negli anni ‘90. Dal 2000 si è verificata un’improvvisa rinascita delle visioni ottimistiche, particolarmente nel dibattito politico, assieme ad un boom del lavoro empirico su migrazione e sviluppo”.
Il mutato approccio e le dichiarazioni di principio solennemente enunciate dagli Organismi internazionali, complessivamente intesi, si confrontano tuttavia con le iniziative e le politiche in concreto predisposte al fine di tentare una mediazione reale tra, appunto, la migrazione e lo sviluppo, capace di contribuire al progresso dei popoli e degli Stati.
Proprio al rapporto tra migrazione e sviluppo è dedicato questo lavoro di tesi, il quale si propone innanzitutto di inquadrare il fenomeno migratorio nella sua reale portata e poi, soprattutto, di illustrare le modalità mediante le quali il fenomeno è stato affrontato e messo in correlazione con lo sviluppo, tanto nell’ambito internazionale, quanto nell’ambito Europeo.
Allo stesso tempo, la tesi ha l’ambizione di illustrare le diverse tecniche di intervento e di verificare se quelle più diffusamente utilizzate siano in grado di contribuire realmente alla promozione di una relazione proficua tra migrazione e sviluppo.
In questa logica, il primo capitolo propone un inquadramento del fenomeno migratorio all’interno del quadro internazionale, nell’ambito del quale si è inteso dare risalto ai diversi soggetti istituzionali costituiti al fine di affrontare le tematiche connesse alla migrazione e, allo stesso tempo, alle molteplici iniziative di tipo intergovernativo poste in essere su iniziativa delle Nazioni Unite.
Nel secondo capitolo, il medesimo approccio è stato utilizzato per inquadrare il fenomeno migratorio all’interno del contesto europeo.
L’analisi dei documenti predisposti dalle istituzioni europee ha consentito di verificare innanzitutto un mutamento delle politiche in tema di immigrazione, là dove gli atti istitutivi originari della CEE non avevano in realtà previsto una competenza della Comunità in materia di immigrazione, la quale è invece stata riconosciuta all’Unione soltanto successivamente, come si avrà ampiamente modo di illustrare in seguito.
Allo stesso tempo, è emerso che il panorama europeo è connotato anche da alcuni profili di ambiguità, là dove non sempre le azioni in concreto poste in essere sembrano corrispondere e dare effettiva attuazione alle pur importanti dichiarazioni di principio contenute, soprattutto, nei preamboli che accompagnano ciascun atto e documento predisposto dalle Istituzioni europee.
Ed infine, nel terzo capitolo si è dato specifico spazio alle modalità di intervento adoperate, sin qui, nell’approccio del rapporto tra migrazione e sviluppo, le quali sono state analizzate tentando di offrire anche taluni spunti di riflessione critica, espressi nelle conclusioni del lavoro.
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