Tesi etd-11122013-120938 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
ETZO, TIZIANA
URN
etd-11122013-120938
Titolo
Voci dalla deindustrializzazione pisana.
Dipartimento
SCIENZE POLITICHE
Corso di studi
COMUNICAZIONE D'IMPRESA E POLITICA DELLE RISORSE UMANE
Relatori
relatore Prof. Stampacchia, Mauro
Parole chiave
- comunità
- deindustrializzazione
- fabbriche
- industrializzazione
- Pisa
- sindacato
- storia orale
Data inizio appello
02/12/2013
Consultabilità
Completa
Riassunto
Il presente lavoro di tesi, da intendersi come preparatorio a futuri approfondimenti, nasce con l'obiettivo di indagare il processo di deindustrializzazione che ha precocemente colpito la città e la provincia di Pisa tra gli anni Settanta e Ottanta del Novecento.
A un puntuale resoconto storico, che permette di chiarire le cause che hanno portato alla chiusura di importanti stabilimenti pisani (come quello dell'azienda Marzotto, della Richard Ginori e della Fiat a Marina di Pisa), viene affiancata una modalità alternativa di racconto dei fatti storici. Il processo di deindustrializzazione della zona pisana viene, infatti, ripercorso attraverso le biografie dei protagonisti di quegli anni, inserite in un quadro ampio e organico dal quale si possono ricavare valutazioni e osservazioni critiche.
Il primo capitolo, sintesi derivata da un'ampia ricerca bibliografica e sitografica, ripercorre la storia dell'industria pisana (dall'inizio del '800 fino agli anni Settanta del Novecento), mettendo in luce alcuni elementi (peculiarità, ostacoli interni ed esterni e carenze endemiche) che preannunciano il verificarsi del processo di deindustrializzazione a Pisa ben prima che nel resto dell'Italia industriale.
Intenzione della candidata, dopo aver disegnato una solida cornice storica che renda conto del cammino percorso dall'industria pisana, è quella di raccontare il processo di deindustrializzazione contemporaneo attraverso le parole di chi quel processo l'ha vissuto, o lo sta vivendo, sulla propria pelle. Per questo, dunque, è stato pensato un secondo capitolo della trattazione, frutto di un lungo e intenso lavoro di ricerca sul campo che ha portato l'autrice a condurre una serie di interviste atte a costruire un percorso che delinei la storia delle fabbriche pisane attraverso l'esperienza diretta degli operai che vi hanno lavorato.
L'elaborato si presenta quindi non come un lavoro di storia orale o indagine sociologica (anche se sono tenute ben presenti le modalità di ricerca riconducibili a detti campi), ma un progetto di comunicazione più vicino alle modalità dell'inchiesta giornalistica.
Il capitolo è esso stesso una sorta di “esperimento” di comunicazione: ogni paragrafo tematico è suddiviso in sotto paragrafi dedicati, ognuno, ad un protagonista diverso. Risultano pertanto, in sequenza, prospettive dello stesso argomento profondamente diverse, come sono profondamente diversi fra loro i protagonisti.
Le “voci” raccolte (differenti per genere, età anagrafica, fabbrica di provenienza, appartenenza o meno alle organizzazioni sindacali) vanno a disegnare un mosaico della vita di fabbrica, partendo dal primo giorno di lavoro, passando per le criticità quotidiane, con un occhio rivolto alle problematiche di genere, attraverso la necessità di costruire una comunità capace di reagire nei momenti più delicati ed essere solidale in quelli quotidiani, arrivando alla tragedia dei licenziamenti o a quella della cassa integrazione.
Le due parti della tesi dovrebbero, idealmente, essere accostate l'una all'altra, di modo che la storia dell'industria pisana, le sue origini, il suo sviluppo e i suoi momenti di crisi, fungano da lente attraverso la quale decodificare il processo contemporaneo di deindustrializzazione che, oltre al disagio economico, porta con se una serie di problematiche fin'ora trascurate dalla letteratura sul tema.
Obiettivo del lavoro è verificare quali tipi di conseguenze emozionali e psicologiche, oltre che economiche, possono seguire al momento dell'uscita dalla fabbrica, tanto più quando questa non è volontaria.
Per fare questo, per capire cosa succede quando una grande fabbrica chiude, è stato indispensabile andare a ricostruire il mondo che vi sta dietro, la comunità che si forma, fatta dei suoi codici, del suo linguaggio, bagaglio simbolico e regole.
Il terzo e ultimo capitolo mette insieme i risultati raccolti, alcuni dei quali davvero inattesi, e si chiude con una domanda fondamentale: quale futuro per la città di Pisa?
A un puntuale resoconto storico, che permette di chiarire le cause che hanno portato alla chiusura di importanti stabilimenti pisani (come quello dell'azienda Marzotto, della Richard Ginori e della Fiat a Marina di Pisa), viene affiancata una modalità alternativa di racconto dei fatti storici. Il processo di deindustrializzazione della zona pisana viene, infatti, ripercorso attraverso le biografie dei protagonisti di quegli anni, inserite in un quadro ampio e organico dal quale si possono ricavare valutazioni e osservazioni critiche.
Il primo capitolo, sintesi derivata da un'ampia ricerca bibliografica e sitografica, ripercorre la storia dell'industria pisana (dall'inizio del '800 fino agli anni Settanta del Novecento), mettendo in luce alcuni elementi (peculiarità, ostacoli interni ed esterni e carenze endemiche) che preannunciano il verificarsi del processo di deindustrializzazione a Pisa ben prima che nel resto dell'Italia industriale.
Intenzione della candidata, dopo aver disegnato una solida cornice storica che renda conto del cammino percorso dall'industria pisana, è quella di raccontare il processo di deindustrializzazione contemporaneo attraverso le parole di chi quel processo l'ha vissuto, o lo sta vivendo, sulla propria pelle. Per questo, dunque, è stato pensato un secondo capitolo della trattazione, frutto di un lungo e intenso lavoro di ricerca sul campo che ha portato l'autrice a condurre una serie di interviste atte a costruire un percorso che delinei la storia delle fabbriche pisane attraverso l'esperienza diretta degli operai che vi hanno lavorato.
L'elaborato si presenta quindi non come un lavoro di storia orale o indagine sociologica (anche se sono tenute ben presenti le modalità di ricerca riconducibili a detti campi), ma un progetto di comunicazione più vicino alle modalità dell'inchiesta giornalistica.
Il capitolo è esso stesso una sorta di “esperimento” di comunicazione: ogni paragrafo tematico è suddiviso in sotto paragrafi dedicati, ognuno, ad un protagonista diverso. Risultano pertanto, in sequenza, prospettive dello stesso argomento profondamente diverse, come sono profondamente diversi fra loro i protagonisti.
Le “voci” raccolte (differenti per genere, età anagrafica, fabbrica di provenienza, appartenenza o meno alle organizzazioni sindacali) vanno a disegnare un mosaico della vita di fabbrica, partendo dal primo giorno di lavoro, passando per le criticità quotidiane, con un occhio rivolto alle problematiche di genere, attraverso la necessità di costruire una comunità capace di reagire nei momenti più delicati ed essere solidale in quelli quotidiani, arrivando alla tragedia dei licenziamenti o a quella della cassa integrazione.
Le due parti della tesi dovrebbero, idealmente, essere accostate l'una all'altra, di modo che la storia dell'industria pisana, le sue origini, il suo sviluppo e i suoi momenti di crisi, fungano da lente attraverso la quale decodificare il processo contemporaneo di deindustrializzazione che, oltre al disagio economico, porta con se una serie di problematiche fin'ora trascurate dalla letteratura sul tema.
Obiettivo del lavoro è verificare quali tipi di conseguenze emozionali e psicologiche, oltre che economiche, possono seguire al momento dell'uscita dalla fabbrica, tanto più quando questa non è volontaria.
Per fare questo, per capire cosa succede quando una grande fabbrica chiude, è stato indispensabile andare a ricostruire il mondo che vi sta dietro, la comunità che si forma, fatta dei suoi codici, del suo linguaggio, bagaglio simbolico e regole.
Il terzo e ultimo capitolo mette insieme i risultati raccolti, alcuni dei quali davvero inattesi, e si chiude con una domanda fondamentale: quale futuro per la città di Pisa?
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