Tesi etd-11112019-122621 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
DEL RIO, ROSSANO
URN
etd-11112019-122621
Titolo
Problematiche agroambientali causate dalla fauna selvatica nel Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano
Dipartimento
SCIENZE AGRARIE, ALIMENTARI E AGRO-AMBIENTALI
Corso di studi
PRODUZIONI AGROALIMENTARI E GESTIONE DEGLI AGROECOSISTEMI
Relatori
relatore Prof. Conte, Giuseppe
relatore Prof. Pistoia, Alessandro
correlatore Prof. Benelli, Giovanni
relatore Prof. Pistoia, Alessandro
correlatore Prof. Benelli, Giovanni
Parole chiave
- fauna selvatica
- impatto
- Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano
Data inizio appello
09/12/2019
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
09/12/2089
Riassunto
In questo elaborato sono state affrontate le problematiche faunistiche provocate dai selvatici in ambiente agroforestale ed in particolare alcune specie di ungulati che sono i maggiori responsabili dei danni, sia all’agricoltura che agli ecosistemi naturali, per alcune peculiari abitudini, sia alimentari che comportamentali.
All’interno delle aree protette, tali problematiche assumono una maggiore rilevanza, sia per le finalità stesse di protezione della biocenosi, sia per mancanza di un controllo numerico sostenibile, per il divieto dell’attività venatoria previsto dalla legge, ma anche per motivi etici di correnti animaliste che ostacolano anche il controllo da parte di personale autorizzato.
Nelle aree protette di tipo insulare tali problematiche possono assumere contorni più gravi soprattutto perché i selvatici, non avendo la possibilità di migrare, portano a esaurimento le risorse trofiche fino a completo esaurimento, addirittura cambiando gli atteggiamenti alimentari.
Il presente lavoro si è incentrato sulle problematiche faunistiche del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano (PNAT), prendendo in considerazione le 5 isole ricadenti nella Provincia di Livorno.
L’Isola di Gorgona è la più piccola e i problemi sono circoscritti alla presenza di fagiani che creano lievi danni ai grappoli delle viti, e ai piccioni che imbrattano e consumano gli alimenti destinati agli allevamenti zootecnici.
In questo studio è stato evidenziato che mentre la popolazione del fagiano è in calo per difficoltà di adattamento, la popolazione del piccione tende ad aumentare progressivamente, tanto che sarebbero necessari dei piani di controllo.
Nell’Isola di Pianosa l’eccessiva presenza della Lepre che sta ostacolando la rinaturalizzazione della fitocenosi, obiettivo del PNAT; soprattutto per l’attività trofica nel periodo di stasi vegetativa dove gli animali si nutrono di plantule di leccio ed altre essenze della macchia mediterranea.
Da censimenti e rilievi floristici, è stato osservato che nonostante la popolazione sia ancora sostenibile per evitare un aumento nel tempo, andrebbe controllato il numero con catture anche ai fini del ripopolamento di territori vocati con questa sottospecie endemica dell’Italia centrale e settentrionale.
Nell’Isola di Montecristo sono stati evidenziati i problemi più gravi dovuti alla presenza della Capra inselvatichita; infatti l’elevata consistenza numerica della popolazione ircina ha determinato la totale scomparsa del cotico erboso, il degrado della macchia mediterranea fino alla morte di molte essenze arbustive dovuto causata anche dallo scavo delle radici operato fini alimentari.
La riduzione della copertura vegetale e il peggioramento delle caratteristiche pedologiche ha reso il terreno particolarmente vulnerabile a fenomeni irreversibili di desertificazione con rischi idrogeologici.
Nell’Isola di Capraia è il Muflone che rallenta la rinaturalizzazione degli ecosistemi come evidenziato dalla comparazione di una zona di esclusione appositamente allestita con zone limitrofe aperte dove si evidenzia anche una modifica degli assetti vegetazionali dovuta ad una elevata pressione selettiva.
Inoltre, in questa isola si sono evidenziati gravi danni a giovani impianti olivicoli, mentre i vigneti di pregio sono stati salvaguardati grazie ad apposite recinzioni che ha determinato un notevole sforzo economico.
Nell’Isola d’Elba le problematiche sono più complesse perché causate da più specie faunistiche.
L’eccessivo aumento della popolazione di lepre per mancanza di predatori e di attività venatoria, sta determinando un notevole disturbo alle barbatelle degli impianti di nuovi vigneti, mentre i fagiani tendono ad attaccate grappoli d’uva nella fase fenologica di maturazione.
I maggiori problemi sono causati dagli ungulati come il Muflone e il Cinghiale che procurano danni elevati per sovrapposizione degli effetti che, come è emerso da questo studio sta portando ad una riduzione della diversità vegetale fino alla banalizzazione degli ecosistemi; in alcune zone si è verificata la completa trasformazione di ambienti di macchia mediterranea verso gli pteridieti (felce aquilina).
Inoltre, soprattutto il Cinghiale ha causando gravi danni al suolo per compattamento e grufolamento con distruzione dei muri a secco e ciò rende il territorio più esposto a fenomeni erosivi e a dissesto idrogeologico
All’interno delle aree protette, tali problematiche assumono una maggiore rilevanza, sia per le finalità stesse di protezione della biocenosi, sia per mancanza di un controllo numerico sostenibile, per il divieto dell’attività venatoria previsto dalla legge, ma anche per motivi etici di correnti animaliste che ostacolano anche il controllo da parte di personale autorizzato.
Nelle aree protette di tipo insulare tali problematiche possono assumere contorni più gravi soprattutto perché i selvatici, non avendo la possibilità di migrare, portano a esaurimento le risorse trofiche fino a completo esaurimento, addirittura cambiando gli atteggiamenti alimentari.
Il presente lavoro si è incentrato sulle problematiche faunistiche del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano (PNAT), prendendo in considerazione le 5 isole ricadenti nella Provincia di Livorno.
L’Isola di Gorgona è la più piccola e i problemi sono circoscritti alla presenza di fagiani che creano lievi danni ai grappoli delle viti, e ai piccioni che imbrattano e consumano gli alimenti destinati agli allevamenti zootecnici.
In questo studio è stato evidenziato che mentre la popolazione del fagiano è in calo per difficoltà di adattamento, la popolazione del piccione tende ad aumentare progressivamente, tanto che sarebbero necessari dei piani di controllo.
Nell’Isola di Pianosa l’eccessiva presenza della Lepre che sta ostacolando la rinaturalizzazione della fitocenosi, obiettivo del PNAT; soprattutto per l’attività trofica nel periodo di stasi vegetativa dove gli animali si nutrono di plantule di leccio ed altre essenze della macchia mediterranea.
Da censimenti e rilievi floristici, è stato osservato che nonostante la popolazione sia ancora sostenibile per evitare un aumento nel tempo, andrebbe controllato il numero con catture anche ai fini del ripopolamento di territori vocati con questa sottospecie endemica dell’Italia centrale e settentrionale.
Nell’Isola di Montecristo sono stati evidenziati i problemi più gravi dovuti alla presenza della Capra inselvatichita; infatti l’elevata consistenza numerica della popolazione ircina ha determinato la totale scomparsa del cotico erboso, il degrado della macchia mediterranea fino alla morte di molte essenze arbustive dovuto causata anche dallo scavo delle radici operato fini alimentari.
La riduzione della copertura vegetale e il peggioramento delle caratteristiche pedologiche ha reso il terreno particolarmente vulnerabile a fenomeni irreversibili di desertificazione con rischi idrogeologici.
Nell’Isola di Capraia è il Muflone che rallenta la rinaturalizzazione degli ecosistemi come evidenziato dalla comparazione di una zona di esclusione appositamente allestita con zone limitrofe aperte dove si evidenzia anche una modifica degli assetti vegetazionali dovuta ad una elevata pressione selettiva.
Inoltre, in questa isola si sono evidenziati gravi danni a giovani impianti olivicoli, mentre i vigneti di pregio sono stati salvaguardati grazie ad apposite recinzioni che ha determinato un notevole sforzo economico.
Nell’Isola d’Elba le problematiche sono più complesse perché causate da più specie faunistiche.
L’eccessivo aumento della popolazione di lepre per mancanza di predatori e di attività venatoria, sta determinando un notevole disturbo alle barbatelle degli impianti di nuovi vigneti, mentre i fagiani tendono ad attaccate grappoli d’uva nella fase fenologica di maturazione.
I maggiori problemi sono causati dagli ungulati come il Muflone e il Cinghiale che procurano danni elevati per sovrapposizione degli effetti che, come è emerso da questo studio sta portando ad una riduzione della diversità vegetale fino alla banalizzazione degli ecosistemi; in alcune zone si è verificata la completa trasformazione di ambienti di macchia mediterranea verso gli pteridieti (felce aquilina).
Inoltre, soprattutto il Cinghiale ha causando gravi danni al suolo per compattamento e grufolamento con distruzione dei muri a secco e ciò rende il territorio più esposto a fenomeni erosivi e a dissesto idrogeologico
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