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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-11102013-083639


Tipo di tesi
Tesi di laurea vecchio ordinamento
Autore
CECCANTI, ALESSIO
URN
etd-11102013-083639
Titolo
Il contraddittorio delle parti rispetto all' iniziativa del giudice nel processo civile a cognizione piena.
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Prof. Cecchella, Claudio
Parole chiave
  • questioni rilevabili d' ufficio
  • terza via
Data inizio appello
02/12/2013
Consultabilità
Completa
Riassunto
La presente indagine illustra le modalità mediante le quali, alle parti, è riconosciuta nel processo civile a cognizione piena, la facoltà di contraddire all'iniziativa del giudice, dando particolare evidenza alle ultime riforme intervenute in materia.
La novella del 2006, relativamente all'art. 384 comma 3° c.p.c., investe il giudizio di cassazione, stabilendo che, nel caso in cui il giudice fondi la decisione su una questione rilevata d'ufficio, debba consentire il contraddittorio delle parti e del p.m. su tale rilievo officioso, assegnando loro un termine compreso tra i 20 e i 60 giorni, per il deposito di osservazioni in cancelleria relative alla medesima questione.
La novella del 2009, relativamente all’ art. 101 comma 2° c.p.c., riproducendo quasi specularmente quanto previsto dall'art. 384 comma 3° c.p.c., oltre ad esser applicabile all'intero processo civile (poiché è contenuta nelle disposizioni generali del c.p.c.), prevede la sanzione della nullità del provvedimento, nel caso in cui il giudice non instauri il contraddittorio delle parti su una questione rilevata d'ufficio posta a fondamento della decisione, concedendo loro un termine compreso tra i 20 e i 40 giorni, per il deposito di memorie in cancelleria.
Dunque la previsione dell'art. 101 comma 2° c.p.c., con la sua portata innovativa rispetto al sistema previgente, giunge finalmente a codificare il divieto delle c.d. sentenze di “terza via”, per anni oggetto di accesi dibattiti dottrinali e giurisprudenziali, testimoniando che non vi è “processo giusto”, ove manchi un contraddittorio effettivo e dinamico, esteso all'intero processo e vincolante anche per chi giudica, confermando la centralità del contraddittorio nel nostro sistema processuale e la sua perdurante idoneità a consentire l'accertamento del vero.
Se finalmente l'annoso dibattito tra “obbligo” o “facoltà” per il giudice, di indicare le questioni rilevabili d'ufficio, appare definitivamente risolto e, altrettanto chiara pare per il legislatore la sanzione della nullità, residuano tuttavia dubbi sulla portata applicativa di tale obbligo, sui casi in cui debba essere effettivamente comminata la nullità e sui rimedi esperibili verso una sentenza di “terza via”, come analizzato in chiave critica nella presente indagine.
Il lavoro si organizza in 3 parti: nella prima dopo un breve excursus sull’evoluzione storica del contraddittorio dal medioevo ai nostri giorni, vengono esaminate le garanzie costituzionali del principio del contraddittorio con particolare attenzione alla riforma costituzionale sul “giusto processo”, analizzando le principali opinioni dottrinali che in tale contesto sono emerse e le implicazioni che tale garanzia costituzionale pone in relazione alle sentenze di “terza via”.
Nella seconda parte viene esaminato il contraddittorio delle parti rispetto all’iniziativa del giudice nella fase istruttoria del processo civile, illustrando le modalità procedimentali con cui i contendenti possono replicare ai rilievi officiosi nell’ istruttoria dei vari riti a cognizione piena, evidenziandone le varie peculiarità, ponendo particolare attenzione al rito ordinario e al rito del lavoro, senza trascurare le principali opinioni dottrinali e orientamenti giurisprudenziali che nel tempo, in tale contesto, si sono susseguiti.
La terza parte, infine, cura dettagliatamente la portata innovatrice delle riforme del 2006 e 2009 (relativamente agli artt. 384 comma 3° e 101 comma 2° c.p.c. ) costituendo pertanto il punto di maggior rilievo della presente indagine, descrivendo il contraddittorio delle parti rispetto all'iniziativa del giudice nella fase decisoria del processo civile, analizzando il lungo percorso che dottrina e giurisprudenza hanno per molti anni affrontato con opinioni e decisioni spesso variegate e contrastanti, fino ad ispirare, nonostante la variopinta polifonia interpretativa, il legislatore nelle citate riforme del 2006 e 2009.
Nella stesura del presente lavoro, ho preso gradualmente coscienza dell’innegabile rilevanza del concetto di “giusto processo” e, in particolare, della continua ricerca delle modalità mediante le quali possa prodursi la decisione più “giusta” possibile, nel rispetto delle garanzie delle parti, anche attraverso il crescente dibattito dottrinale e giurisprudenziale, rappresentando un percorso costantemente in evoluzione e che ancora lunga strada dovrà compiere negli anni a seguire. La tematica affrontata da questo lavoro può dunque considerarsi emblematica dello sforzo ermeneutico che impegna giurisprudenza e dottrina nella ricerca della soluzione più coerente con i principi del “giusto processo”, navigando in un sistema interpretativo talvolta oscuro ed imperfetto.
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