Tesi etd-11092016-165755 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
SORIA, GUENDALINA
URN
etd-11092016-165755
Titolo
IL SISTEMA DI ACCOGLIENZA DEI RICHIEDENTI PROTEZIONE INTERNAZIONALE TRA CRITICITA' E BUONE PRASSI-L'ESPERIENZA DELLA PROVINCIA DI CHIETI
Dipartimento
SCIENZE POLITICHE
Corso di studi
SOCIOLOGIA E POLITICHE SOCIALI
Relatori
relatore Prof. Salvini, Andrea
Parole chiave
- Accoglienza
- Richiedenti asilo
Data inizio appello
28/11/2016
Consultabilità
Completa
Riassunto
L’eccezionale afflusso di cittadini provenienti da Paesi del Nord Africa spingeva il Presidente del Consiglio dei Ministri ad emanare un decreto, in data 12 febbraio 2011, per dichiarare lo stato di emergenza umanitaria nel territorio nazionale; la situazione era resa ancora più complessa dal conflitto nel territorio libico e dall’evoluzione degli assetti politico – sociali nei paesi della fascia del Maghreb e in Egitto.
Ne consegue la scelta di mobilitare la Protezione Civile per la gestione degli sbarchi a Lampedusa, equiparando, così, l’arrivo di alcune migliaia di persone ad una calamità naturale da affrontare con “misure di carattere straordinario ed urgente”. Pertanto, le strutture già esistenti, preposte all’accoglienza dei cittadini stranieri, poiché ritenute insufficienti, venivano affiancate da nuove tipologie di centri di accoglienza individuati sul territorio nazionale.
Molte regioni italiane, coinvolte nell’accoglienza dei profughi sin dai primi giorni della dichiarata emergenza, hanno sostenuto l’adozione di un modello di accoglienza capillare e decentrato, in antitesi al modello centralizzato proposto dal Governo, che prevedeva l’implementazione di grandi strutture dove concentrare migliaia di persone. L’accordo siglato all’inizio di aprile 2011 tra il Governo e le Regioni ha sancito, quindi, l’avvio della sperimentazione di tipo decentrato, prevedendo un piano di ripartizione sulla base della popolazione di ciascuna Regione e favorendo, così, un sistema di gestione a livello locale, potenzialmente in grado di promuovere un percorso di insediamento e di integrazione, guidato dai singoli territori, per i richiedenti asilo.
Questo lavoro è orientato a condurre una indagine sul funzionamento del piano di accoglienza dei profughi, con una particolare attenzione all’esperienza della Provincia di Chieti, nel corso del 2015/2016 e agli effetti delle politiche di accoglienza sulle traiettorie di vita dei rifugiati e delle comunità locali, al fine di individuare indicazioni circa le trasformazioni in corso ed il loro possibile impatto sul percorso d’inserimento dei rifugiati nella società locale in una prospettiva a medio – lungo termine.
Il primo passo, è quello di analizzare le politiche di accoglienza, partendo da un excursus storico dell’ordinamento giuridico, che permette di capire come la materia dell’asilo sia una disciplina a sé stante e inscindibile dal diritto internazionale, ma anche per mettere in luce come lo storico ritardo dell’Italia, nel recepire le direttive europee, abbia inciso sulle azioni di gestione dell’emergenza / accoglienza implementate sul territorio.
Altro punto di interesse è l’analisi sociologica della consistenza, anche in termini statistici, e delle dinamiche migratorie, unitamente all’impatto che queste hanno avuto sul territorio nazionale e in quali termini gli attori sociali coinvolti hanno dato riscontro all’esigenza di dover accogliere, illustrando le tipologie di strutture predisposte a ciò, le criticità rilevate e le buone prassi.
Successivamente, l’analisi coinvolge direttamente le Strutture della Provincia di Chieti, analizzando:
- i processi culturali, ovvero procedendo alla ricostruzione mediante analisi documentale e colloqui sociali, delle storie dei richiedenti asilo e interviste a operatori sociali, referenti di organismi gestori e soggetti migranti direttamente coinvolti nell’emergenza;
- il contesto all’interno del quale hanno preso forma gli interventi di accoglienza enunciati: l’opportunità di descrivere le dinamiche che si verificano realmente all’interno dei Centri di Accoglienza Straordinari (CAS), in qualità di attore partecipante, cogliendo le sfumature dei processi di interazione e integrazione avviati tra gli attori, di mettere in luce i meccanismi sociali che possono avere consentito / ostacolato / modificato il funzionamento del programma relativamente alle aspettative iniziali, di descrivere e valutare gli effetti sui beneficiari (i rifugiati), sulla comunità locale, sulle comunità di connazionali e sul sistema di emergenza che siano riconducibili alle politiche di accoglienza messe in atto dagli attori locali ad esse deputati, ma anche alla loro capacità riflessiva di interlocuzione rispetto a queste ultime.
L’indagine, in ultimo, si inserisce nell’attività ordinaria di programmazione dei sistemi di accoglienza, attivando in essi una funzione strategica di autovalutazione partecipata dei cambiamenti in corso e delle condizioni che ne sostengono / inibiscono lo sviluppo e ha come obiettivo finale contribuire alla riflessione sulle prospettive delle politiche di accoglienza e illustrare le “buone prassi” che, nonostante lo scetticismo in voga circa l’accoglienza dei cittadini stranieri, sono state create tra il 2015 e il 2016 dal mondo delle cooperative sociali.
Ne consegue la scelta di mobilitare la Protezione Civile per la gestione degli sbarchi a Lampedusa, equiparando, così, l’arrivo di alcune migliaia di persone ad una calamità naturale da affrontare con “misure di carattere straordinario ed urgente”. Pertanto, le strutture già esistenti, preposte all’accoglienza dei cittadini stranieri, poiché ritenute insufficienti, venivano affiancate da nuove tipologie di centri di accoglienza individuati sul territorio nazionale.
Molte regioni italiane, coinvolte nell’accoglienza dei profughi sin dai primi giorni della dichiarata emergenza, hanno sostenuto l’adozione di un modello di accoglienza capillare e decentrato, in antitesi al modello centralizzato proposto dal Governo, che prevedeva l’implementazione di grandi strutture dove concentrare migliaia di persone. L’accordo siglato all’inizio di aprile 2011 tra il Governo e le Regioni ha sancito, quindi, l’avvio della sperimentazione di tipo decentrato, prevedendo un piano di ripartizione sulla base della popolazione di ciascuna Regione e favorendo, così, un sistema di gestione a livello locale, potenzialmente in grado di promuovere un percorso di insediamento e di integrazione, guidato dai singoli territori, per i richiedenti asilo.
Questo lavoro è orientato a condurre una indagine sul funzionamento del piano di accoglienza dei profughi, con una particolare attenzione all’esperienza della Provincia di Chieti, nel corso del 2015/2016 e agli effetti delle politiche di accoglienza sulle traiettorie di vita dei rifugiati e delle comunità locali, al fine di individuare indicazioni circa le trasformazioni in corso ed il loro possibile impatto sul percorso d’inserimento dei rifugiati nella società locale in una prospettiva a medio – lungo termine.
Il primo passo, è quello di analizzare le politiche di accoglienza, partendo da un excursus storico dell’ordinamento giuridico, che permette di capire come la materia dell’asilo sia una disciplina a sé stante e inscindibile dal diritto internazionale, ma anche per mettere in luce come lo storico ritardo dell’Italia, nel recepire le direttive europee, abbia inciso sulle azioni di gestione dell’emergenza / accoglienza implementate sul territorio.
Altro punto di interesse è l’analisi sociologica della consistenza, anche in termini statistici, e delle dinamiche migratorie, unitamente all’impatto che queste hanno avuto sul territorio nazionale e in quali termini gli attori sociali coinvolti hanno dato riscontro all’esigenza di dover accogliere, illustrando le tipologie di strutture predisposte a ciò, le criticità rilevate e le buone prassi.
Successivamente, l’analisi coinvolge direttamente le Strutture della Provincia di Chieti, analizzando:
- i processi culturali, ovvero procedendo alla ricostruzione mediante analisi documentale e colloqui sociali, delle storie dei richiedenti asilo e interviste a operatori sociali, referenti di organismi gestori e soggetti migranti direttamente coinvolti nell’emergenza;
- il contesto all’interno del quale hanno preso forma gli interventi di accoglienza enunciati: l’opportunità di descrivere le dinamiche che si verificano realmente all’interno dei Centri di Accoglienza Straordinari (CAS), in qualità di attore partecipante, cogliendo le sfumature dei processi di interazione e integrazione avviati tra gli attori, di mettere in luce i meccanismi sociali che possono avere consentito / ostacolato / modificato il funzionamento del programma relativamente alle aspettative iniziali, di descrivere e valutare gli effetti sui beneficiari (i rifugiati), sulla comunità locale, sulle comunità di connazionali e sul sistema di emergenza che siano riconducibili alle politiche di accoglienza messe in atto dagli attori locali ad esse deputati, ma anche alla loro capacità riflessiva di interlocuzione rispetto a queste ultime.
L’indagine, in ultimo, si inserisce nell’attività ordinaria di programmazione dei sistemi di accoglienza, attivando in essi una funzione strategica di autovalutazione partecipata dei cambiamenti in corso e delle condizioni che ne sostengono / inibiscono lo sviluppo e ha come obiettivo finale contribuire alla riflessione sulle prospettive delle politiche di accoglienza e illustrare le “buone prassi” che, nonostante lo scetticismo in voga circa l’accoglienza dei cittadini stranieri, sono state create tra il 2015 e il 2016 dal mondo delle cooperative sociali.
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