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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-11062011-151906


Tipo di tesi
Tesi di dottorato di ricerca
Autore
TINTI, IRENE
URN
etd-11062011-151906
Titolo
"Essere" e "divenire" nel Timeo greco e armeno: studio terminologico e indagine traduttologica
Settore scientifico disciplinare
L-LIN/01
Corso di studi
LINGUISTICA GENERALE, STORICA, APPLICATA, COMPUTAZIONALE E DELLE LINGUE MODERNE (ITALIANO, INGLESE, FRANCESE, SPAGNOLO, TEDESCO)
Relatori
tutor Dott. Orengo, Alessandro
tutor Prof. Berrettoni, Pierangiolo
Parole chiave
  • becoming
  • being
  • essere
  • semantica verbale
  • verbal semantics
  • Armeno antico
  • Ancient Armenian
  • Greco antico
  • Ancient Greek
  • divenire
  • Hellenised language
  • lingua ellenizzante
  • actionality
  • azionalità
  • aspect
  • aspetto
  • translation
  • traduzione
  • terminology
  • terminologia
Data inizio appello
13/12/2011
Consultabilità
Completa
Riassunto
La tesi si articola in due parti complementari: la prima è dedicata ad uno studio terminologico dell’ambito semantico relativo ad “essere” e “divenire” nel Timeo platonico; la seconda a un’indagine traduttologica della sua versione in armeno antico (grabar).
La sezione dedicata al greco comprende innanzitutto uno studio dei valori semantici e azionali del verbo trasformativo gìgnomai (“passare ad un nuovo stato di esistenza”, quindi “nascere”, “diventare”), demandato da Platone all’espressione delle varie manifestazioni del mondo fenomenico, in opposizione alla sua controparte stativa eimì (“essere”), che è invece utilizzata in riferimento allo statuto ontologico proprio delle Forme intellegibili. In particolare, si analizza la funzione del perfetto stativo gègona, che riveste un ruolo centrale nel sottocodice filosofico platonico. In seguito, si procede a un’analisi di tutte le occorrenze di gìgnomai nel Timeo, con particolare attenzione ai casi in cui esso è esplicitamente opposto ad eimì, e all’impiego di diverse forme del medesimo verbo, che si distinguono per valori semantici, aspettuali e azionali, e sono sfruttate per veicolare distinzioni filosoficamente rilevanti.
La seconda parte è dedicata invece allo studio dell’analogo ambito semantico nella versione armena, con particolare attenzione alle sue caratteristiche linguistiche (soprattutto all’influsso del greco) e alle strategie adottate per trasporre un settore del lessico investito di rilevanza tecnica nell’originale. Si analizza se e come il traduttore armeno abbia mantenuto la dicotomia lessicale e azionale tra “essere” e “divenire”, e, soprattutto, se e come abbia riconosciuto e mantenuto l’opposizione tra diverse forme di gìgnomai, pur non disponendo, nella lingua replica, di un inventario di voci verbali morfologicamente, semanticamente e aspettualmente differenziate analogo a quello della lingua modello. Poiché la traduzione armena del Timeo è anonima e non datata, inoltre, si ripercorre la storia degli studi dedicati al tema della sua attribuzione e collocazione cronologica, evidenziando come nessuna delle proposte avanzate sinora risulti di per sé cogente, rettificando alcune informazioni imprecise che hanno avuto fortuna in bibliografia (anche a causa di barriere linguistiche che impediscono l’accesso ai testi in armeno moderno), e proponendo un termine ante quem sulla base di una citazione individuata in un autore del XII sec.


The present study analyzes the possibility of detecting elements of a philosophically relevant “special language”, pertaining to the semantic field of “being” and “becoming”, within Plato’s Timaeus. It focuses on the antithesis between the verb eimì and its kinetic pendant gìgnomai (an opposition which mirrors the ontological difference between the world of eternal Ideas and the phenomenical world). As a verb of achievement meaning essentially “coming into a new state of being” ‒ and thus not only “becoming” but also “being born”, “happening” ‒ gìgnomai is especially suitable to represent the various manifestations of the transient world (through several forms, differentiated according to aspect and actionality). The perfect gègona can also neutralize the dynamic component typical of the root, thus signifying a “state of being”, which is however inherently different from the one expressed by eimì.
Since Plato seems to have taken the greatest possible advantage from the opposition between different forms of gìgnomai in order to convey philosophically relevant distinctions, the second part of the analysis is devoted to ascertain, in a traductological perspective, which ones of these distinctions the author(s) of the ancient Armenian translation could recognize and render. That is especially significant, as the target language did not possess an equal set of morphologically and semantically differentiated verbal forms. The linguistic features of the translation, and its degree of Hellenization, are taken into consideration as well. A chapter is also devoted to the much debated matter of the attribution and dating of the Armenian Platonic translations, and a terminus ante quem is proposed.




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