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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-11052022-145057


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
TAMMARO, MARTINA
URN
etd-11052022-145057
Titolo
I modelli archetipici come strumenti per l'osservazione organizzativa: il caso "Italservice"
Dipartimento
SCIENZE POLITICHE
Corso di studi
COMUNICAZIONE D'IMPRESA E POLITICA DELLE RISORSE UMANE
Relatori
relatore Prof. Villa, Matteo
Parole chiave
  • Italservice
  • Toscana
  • impresa
  • organizzazione
  • modelli
  • archetipi
Data inizio appello
28/11/2022
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
28/11/2062
Riassunto
Questa tesi si occupa di indagare, teoricamente ed empiricamente, la presenza di modelli all’interno delle organizzazioni concepiti non come assetti aprioristici, puri e standardizzati, ma come forme ideal-tipiche replicate e riproposte che vengono plasmate e modificate non solo sulla base di necessità e caratteristiche in grado di garantire un valore aggiunto rispetto alla concorrenza, ma anche sulla base dei contesti culturali, sociali, economici e ambientali nei quali le organizzazioni si trovano ad agire.
Pertanto, partendo dall’ipotesi secondo la quale le organizzazioni si dotano, spesso in maniera inconscia, di modelli archetipici per definire, analizzare e strutturare se stesse, mi sono posta alcune domande. Quando e dove nasce l’esigenza di dotarsi di modelli da parte delle organizzazioni? Possono nascere costi o benefici dall’implementazione o mancata implementazione di questi? Ma soprattutto possono essi essere considerati delle strutture profonde e primordiali che permeano tutta la realtà che ci circonda, o siamo noi che le creiamo nel momento in cui cerchiamo di comprenderla generando dei costrutti mentali soggettivamente definiti?
Per comprendere in maniera più chiara ed esplicita l’idea di modello qui concepita ho deciso di avvalermi del concetto di archetipo il quale, attraverso la sua natura, costituisce un valido strumento di confronto usato non per identificare un assetto organizzativo predefinito da adottare acriticamente, ma per comprendere nel dettaglio l’assetto reale di un’organizzazione.
I primi capitoli si incentrano sull’osservazione teorica circa la tematica, dedicando spazio sia all’analisi della dimensione dei modelli all’interno dei principali studi organizzativi, ma anche alle teorizzazioni del concetto di archetipo all’interno di vari differenti ambiti, tra cui quello organizzativo.
Dato che le teorie che indagano l’utilizzo di forme e modelli archetipici nelle organizzazioni sono molte, per delineare il framework di riferimento ho scelto un approccio olistico all’analisi organizzativa, focalizzandomi sul tentativo di restituire la sua natura sistemica. In questo senso ho deciso di concentrarmi sullo studio di teorizzazioni archetipiche legate ad alcune variabili (struttura, cultura e strategia) in grado di far comprendere da un lato la naturale suddivisione in dimensione differenti di cui si caratterizzano le organizzazioni, ma dall’altro anche la loro costante interdipendenza e influenza reciproca, in modo tale da prendere in considerazione la sua totalità e complessità.
Gli ultimi capitolo sono invece dedicati allo sviluppo di una ricerca empirica che ha come obiettivo principale quello di valutare, all’interno di una piccola impresa artigiana situata sul territorio toscano scelta come caso studio, la presenza o meno di modelli predeterminati i quali a loro volta possono portare alla creazione di macro-forme archetipiche particolari. Di fatto, allo stesso modo in cui a livello di ciascuna micro-variabile possiamo constatare l’utilizzo di determinate modalità di azione, di pensiero e di percezione che finiscono per far nascere modelli intesi in senso archetipico, anche a livello macro un’azienda caratterizzata dall’utilizzo di un insieme di modelli interdipendenti e condivisi può dare luogo a sua volta alla creazione di un macro-archetipo in grado di dare un significato alla natura del suo comportamento e del suo essere.

Tutto ciò viene messo in atto attraverso due diverse fasi di ricerca. La prima fase si occupa di indagare la presenza o meno, all’interno dei vari aspetti organizzativi, di modelli archetipici strutturanti a loro volta macro-forme archetipiche ben definite. Questa fase si sviluppa a partire dalla somministrazione di interviste semi-strutturate ai membri dell’impresa, le quali poi successivamente vengono analizzate attraverso l’uso di una metodologia specifica (processo di codifica della Grounded Theory) valutando, sulla base dei risultati, la possibilità di intravedere nell’azienda non solo riproposizioni di modelli ormai presenti e conosciuti all’interno degli studi organizzativi, ma anche il richiamo ad uno degli archetipi definiti all’interno di un particolare studio concernente le forme archetipiche nel mondo della piccola impresa toscana di Daniele Calamandrei.
Ovviamente in questo caso si parla di archetipi che possono essere generati consciamente o inconsciamente da parte dell’azienda. È infatti possibile che l’azienda segua delle linee strutturate di pensiero e di azione che non sono, da parte di essa, consciamente riconducibili ad un archetipo. A prescindere da ciò, che sia consapevole o meno, strutturare l’identità aziendale e il proprio operato a partire da un archetipo attraverso l’interiorizzazione di modelli che lo definiscono, comporta delle scelte che conducono a delle determinate conseguenze. Che cosa succede infatti se l’impresa comincia a conoscerli ed utilizzarli consciamente? Questa rappresenta la base di partenza da cui si sviluppa il secondo stadio di ricerca. L’obiettivo principale di questa fase è ipotizzare un possibile percorso futuro dell’azienda a partire dall’applicazione e interiorizzazione di un determinato archetipo con gli annessi schemi di azione e di comportamento che lo definiscono. Viene qui considerato quale archetipo potrebbe rappresentare al meglio le esigenze e gli obbiettivi a lungo termine dell’azienda, valutando come questo possa impattare direttamente sulla gestione e sviluppo di essa e quindi modificare o generare nuovi comportamenti, obiettivi, strategie e differenti valori.
Attraverso i contributi teorici e la ricerca empirica sono giunta ad alcune conclusioni rispetto ai quesiti posti inizialmente.
In entrambi gli aspetti relativi alla teoria e la pratica, ho concretamente avvalorato l’ipotesi della presenza di modelli all’interno delle organizzazioni concepiti in senso archetipico, ovvero ho osservato la possibilità di riscontrare delle indicazioni o delle linee guida che vengono utilizzate spesso in maniera inconscia dai membri delle organizzazioni i quali, condividendole e interiorizzandole, danno luogo a dei pattern che da un lato seguono una regolamentazione oggettiva da lungo tempo teorizzata basata su di una logica in grado di affrontare l’evento o il fenomeno prospettato, ma al tempo stesso, dall’altro, presentano specificazioni e integrazioni create appositamente per rispondere alle esigenze e ai bisogni che emergono dall’interazione soggettiva tra l’organizzazione e l’evento o fenomeno con cui si interfaccia, dando così luogo all’idea di modelli qui concepiti in senso archetipico. Non solo. Ho inoltre riscontrato una coerenza tra la definizione e attuazione di un determinato modello piuttosto che un altro, finendo così per generare un unicum all’interno del quale poterli inserire, un macro-modello sulla base del quale poter istituire modalità di azione, pensiero e percezione che caratterizzano l’intera organizzazione. È a partire da questo presupposto che sono riuscita a comprendere la creazione delle varie classificazioni e categorizzazioni che sono state fatte nei vari studi e che prendono il nome di forme archetipiche.
Una volta verificato che la nostra realtà si basa su tipi, categorie e modelli, per comprendere poi se questi siano realtà esistenti veramente o siano solo dei costrutti mentali utilizzati per spiegare ciò che ci circonda, mi sono posta in una posizione intermedia, la quale considera l’essenza dei modelli archetipici come derivante da entrambe le dimensioni, sia quella oggettiva che quella soggettiva.
A mio avviso l’archetipo, grazie alle sue caratteristiche in particolare modo il suo essere antinomico, rappresenta una contraddizione vivente. Non a caso da preesistente e assoluto, nel momento in cui entra nell’esperienza, esso è in grado di trasformarsi in un’entità esiste e relativa. Questo significa che l’archetipo può essere concepito sia come entità originaria preesistente al tempo e allo spazio che viene ereditata e tramandata da millenni nelle nostre menti inconsce emergendo, come afferma Jung, attraverso alcune dimensioni come quella dei sogni in momenti di bisogno; ma può essere anche concepito come un costrutto simbolo socialmente definito che creiamo per spiegare qualcosa che non riusciamo a concepire fino in fondo tramite la nostra mente conscia. In questo senso noi non possiamo mai conoscere consapevolmente la sua vera natura predeterminata a priori ma solo la sua declinazione, riproposizione e denominazione che determina categorizzazioni e classificazione soggettive.
Infine, a partire da tutte le osservazioni raccolte, sono giunta alla conclusione che una delle ragioni principali per cui le organizzazioni possono decidere di utilizzare, o essere portati ad attuare inconsciamente questi modelli, è a causa della loro capacità di agevolare la comprensione delle logiche di creazione e sviluppo della dimensione organizzativa. Essi infatti possono aiutare sia gli osservatori esterni ma anche gli stessi membri dell’impresa a dare un senso a ciò che li circonda, sottolineando nessi e differenze tramite osservazioni che vanno al di là della lettura superficiale. Ciò che la dimensione archetipica può fare è cercare di contestualizzare e comprendere le contingenze con cui l’organizzazione deve interfacciarsi ogni giorno. La cosa importante è ricordarsi sempre che l’idea di modello, al fine di restituire questa sua grande potenzialità, deve essere concepita in chiave archetipica e non stereotipica, altrimenti rischiamo di cadere in regolamentazioni standardizzate da applicare in qualsiasi caso e in ogni situazione, ragionando attraverso logiche che ormai sappiamo essere superate.
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