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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-11052020-143416


Tipo di tesi
Tesi di specializzazione (4 anni)
Autore
LUPETTI, ILARIA
URN
etd-11052020-143416
Titolo
Suicidalita e autolesivita non suicidaria: confronto tra tre gruppi di soggetti adolescenti con disturbo bipolare
Dipartimento
MEDICINA CLINICA E SPERIMENTALE
Corso di studi
NEUROPSICHIATRIA INFANTILE
Relatori
relatore Prof.ssa Battini, Roberta
correlatore Dott. Masi, Gabriele
Parole chiave
  • suicidalità
  • autolesività non suicidaria
  • disturbo bipolare
Data inizio appello
23/11/2020
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
23/11/2090
Riassunto
Il suicidio rappresenta la terza causa di morte nella fascia di età tra i 10 e i 24 anni e la prevalenza del suicidio aumenta di sei volte dall’infanzia al termine dell’adolescenza.
Con il termine NSSI (Nonsuicidal Self-Injury) si fa riferimento a condotte che comportano una diretta e deliberata distruzione del proprio tessuto corporeo in assenza di intento letale e per ragioni che non sono sancite socialmente. Tra gli adolescenti le stime di prevalenza relative all’autolesività non suicidaria variano dal 15% al 45%. NSSI e suicidio differiscono per quanto riguarda l’intenzione primaria, che nel suicidio è la morte, mentre nell’autolesività non suicidaria è il danneggiamento del corpo e per quanto riguarda la funzione, che nel suicidio è quella di porre fine al dolore psichico, mentre nell’NSSI è quella di combattere stati emotivi negativi e generare emozioni positive. Altre importanti differenze tra i due comportamenti sono rappresentate dal tasso di mortalità (elevato nel suicidio, basso nell’NSSI), dai metodi utilizzati (un solo metodo nel suicidio, metodi multipli nell’NSSI) e dalla frequenza (i tentativi di suicidio vengono di solito messi in atto una o due volte nell’arco di vita, mentre la frequenza dei gesti autolesivi non suicidari è molto maggiore). Nonostante tali differenze, NSSI e suicidio spesso coesistono e condividono numerosi fattori di rischio, tra cui la presenza di un disturbo psichiatrico; il disturbo bipolare, in particolare, si accompagna al maggiore rischio suicidario.
Nel presente studio è stato preso in considerazione un campione di 95 adolescenti bipolari, di età compresa tra gli 11 e i 18 anni, suddivisi in tre gruppi: il primo gruppo definito “Suicidal attempt or suicidal ideation bipolar (SASIB), costituito da 30 soggetti con ideazione suicidaria pari o superiore a 3 secondo la scala della Columbia University (C-SSRS) o almeno un tentativo di suicidio concreto, il secondo gruppo definito “Nonsuicidal self-injury bipolar” (NSSIB), costituito da 35 soggetti con condotte autolesive non suicidarie, senza pregressi tentativi di suicidio e con ideazione suicidaria inferiore a 3 secondo la scala C-SSRS e il terzo gruppo definito “Controls bipolar” (CB), costituito da 30 soggetti senza ideazione suicidaria, senza pregressi tentativi di suicidio e senza condotte autolesive non suicidarie. Tutti i soggetti reclutati presentano un QIT> 70. Sono stati quindi effettuati confronti tra i tre gruppi, relativamente a: fattori demografici, fattori anamnestici e clinici noti in letteratura quali fattori di rischio per suicidalità e per autolesività non suicidaria, comorbidità psichiatrica, livello cognitivo, dimensione della disregolazione emotiva e profili psicopatologici valutati attraverso i questionari CBCL 6-18 e YSR 11-18, funzionamento clinico globale valutato attraverso CGI e C-GAS, sintomatologia depressiva valutata attraverso la scala CDI e sintomatologia ansiosa valutata attraverso la scala MASC.
I dati derivanti da tale studio possono essere di supporto nella pratica clinica quotidiana, consentendo una migliore definizione diagnostica, caratterizzazione clinica e gestione terapeutica dei pazienti.
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