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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-11052009-172627


Tipo di tesi
Tesi di dottorato di ricerca
Autore
BONAFEDE, ALFONSO
URN
etd-11052009-172627
Titolo
Il danno non patrimoniale in Italia alla luce del diritto europeo
Settore scientifico disciplinare
IUS/01
Corso di studi
DIRITTO PRIVATO
Relatori
tutor Prof. Collura, Giorgio
Parole chiave
  • danno non patrimoniale Europa
Data inizio appello
26/11/2009
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
26/11/2049
Riassunto
L’analisi della problematica del danno alla persona in Italia, attraverso un angolo di visuale che tenga conto, sotto diversi profili, del diritto privato europeo, impone una preliminare (nonché doverosamente breve) riflessione generale in merito allo stato attuale di quel percorso di riavvicinamento degli ordinamenti del Vecchio Continente che, negli ultimi anni, è stato oggetto di numerosi dibattiti, soprattutto in ordine alla possibilità di individuare una base comune per lo sviluppo futuro di una dimensione autonoma del diritto privato europeo.
È agevole rilevare come tale dibattito si sia evoluto di pari passo con le ambizioni dalla Unione Europea, la quale, partendo dall’idea di realizzare un mercato unico, si è spinta, soprattutto negli ultimi anni, in settori che esulano dalla stretta finalità economica e che coinvolgono tutti gli ambiti del diritto.
Emblematica di quanto si sta affermando è la redazione della Costituzione europea, vero e proprio momento cruciale di una svolta che mira a porre sul tavolo del diritto europeo (seppur tra innumerevoli difficoltà chiaramente dovute alla forte identità nazionale che contraddistingue storia e tradizione di ogni singolo Stato) una carta di valori comuni.
Nonostante la responsabilità aquiliana rappresenti l’altra componente primaria del diritto delle obbligazioni, si deve constatare che l’avvio di un percorso analogo a quello condotto in materia contrattuale, a livello europeo, è stato più incerto.
In primo luogo, il settore dei danni non patrimoniali da fatto illecito è in una fase di espansione che non lo rende facilmente inquadrabile nemmeno a livello nazionale e, pertanto, vi sarebbero ancora maggiori difficoltà a formulare un discorso di carattere sopranazionale.
In secondo luogo, le norme relative alla responsabilità aquiliana devono misurarsi costantemente con la capacità di interpretazione della giurisprudenza, a differenza di quanto avviene in materia contrattuale, ove vi è comunque il filtro dell’autonomia privata delle parti, grazie alla quale, per molti versi, i contraenti riescono comunque ad adattare la norma alla loro situazione concreta.
In altre parole, il fatto che i privati abbiano uno spazio proprio di normazione ulteriore rispetto a quanto disposto dal legislatore, attenuerebbe tutti i rischi di un eccessivo impatto tra il singolo ordinamento nazionale e quello europeo.
L’elemento che però, fin dall’inizio, ha destato maggiori perplessità in merito alla possibilità di concepire un diritto europeo, anche solo a livello di mera armonizzazione, avente ad oggetto il danno alla persona derivante da fatto illecito, è l’enorme differenza esistente tra gli ordinamenti dei singoli stati.
Infatti, anche a volere raggruppare le differenti soluzioni legislative recepite dagli Stati nei due “classici” modelli di riferimento – vale a dire Francia e Germania – è agevole rilevare come tra essi esistano delle divergenze che, a tratti, sembrano a tutt’oggi incolmabili.
viene da chiedersi se valga davvero la pena di affrontare, in termini “europei”, una materia così complessa come quella della responsabilità civile e, per quello che soprattutto concerne il presente lavoro, i danni non patrimoniali.
La risposta deve senz’altro essere affermativa poiché, in generale, è oggi impensabile studiare qualsiasi settore del diritto in un’ottica strettamente nazionale per non scivolare, nel contesto sociale attuale, nel vero e proprio provincialismo.
Per quanto concerne, poi, l’argomento specifico che si sta trattando, occorre fare alcune ulteriori osservazioni che depongono a favore della ricerca di una dimensione europea del danno alla persona.
Innanzitutto, il fatto che tale settore sia in continuo fermento, sia legislativo sia giurisprudenziale, in quasi tutti i paesi del Vecchio Continente spinge a rilevare l’utilità di uno studio comparato che, nella ricerca di un ideale modello di sintesi, rappresenti anche un momento di scambio di soluzioni operative, prolifico anche a livello nazionale.
La conoscenza approfondita delle regole degli altri ordinamenti porta comunque ad una competizione tra i vari modelli di responsabilità civile che può portare, alla lunga, ad una sorta di “selezione naturale” dei sistemi più efficaci.
L’Italia, in particolare, presenta alcune importanti peculiarità, prima tra tutte la struttura e la disciplina concernenti il danno biologico, che devono necessariamente misurarsi con le soluzioni assunte in altri ordinamenti: d’altronde, l’Unione Europea ha ormai intrapreso un percorso di ricerca, consolidamento e condivisione di valori fondamentali della persona, all’interno del quale diventa essenziale un confronto (teso alla convergenza) di soluzioni, affinché un cittadino europeo non rischi di vedere risarcito il proprio danno non patrimoniale in maniera diametralmente opposta a seconda dello Stato in cui si trovi.
Dunque, alla luce di quanto fin qui esposto, soprattutto per quanto concerne le profonde differenze a tutt’oggi esistenti tra i singoli ordinamenti, si può affermare che le prospettive di un danno alla persona di dimensione europea passano necessariamente attraverso un primo step di studio di diritto comparato.
Infine, a conferma definitiva del fatto che, nonostante tutte le particolarità e difficoltà fin qui evidenziate, la collocazione del danno non patrimoniale nel più generale diritto europeo sia un’esigenza oggi imprescindibile, occorre registrare come alcuni atti comunitari siano stati determinanti nell’alimentare questa prospettiva e come, d’altro canto, vi siano stati gruppi di studio che hanno elaborato progetti con cui la dottrina di ogni singolo paese è chiamata a confrontarsi.
La tesi si propone di ripercorrere i momenti dell’evoluzione del diritto europeo più significativi in ordine alla problematica del danno non patrimoniale e, su questa scia, rivisita il percorso intrapreso dal legislatore italiano con il codice civile del 1942 per dimostrare che, pur considerando che i numerosi interventi giurisprudenziali hanno contribuito a trasformare completamente l’assetto risarcitorio originariamente concepito, essi hanno di fatto contribuito ad avvicinare il sistema risarcitorio italiano alla dimensione europea.
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