Tesi etd-11032009-183527 |
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Tipo di tesi
Tesi di dottorato di ricerca
Autore
CERRAI, SONDRA
URN
etd-11032009-183527
Titolo
I Partigiani della Pace in Italia tra utopia e sogno egemonico
Settore scientifico disciplinare
M-STO/04
Corso di studi
STORIA
Relatori
tutor Prof. Pezzino, Paolo
commissario Pons, Silvio
commissario Gozzini, Giovanni
commissario Pons, Silvio
commissario Gozzini, Giovanni
Parole chiave
- comunismo
- pace
- pacifismo
- partigiani
Data inizio appello
09/12/2009
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
09/12/2049
Riassunto
Le tesi di dottorato della candidata Sondra Cerrai ha per oggetto il movimento dei Partigiani della Pace in Italia tra il 1949 (data ufficiale di fondazione) e il 1956, anno che segna l’effettiva chiusura del movimento originario. In quei sei anni L’Italia condivise, divenendone parte attiva e determinante, un grande processo internazionale di costruzione di una nuova identità pacifista che dette vita ad un fenomeno di massa che si presentava con caratteristiche completamente inedite rispetto al pacifismo che si era sviluppato in epoche storiche precedenti. Hiroshima e Nagasaki costituirono una cesura fortissima con il passato: nessun movimento che facesse della “pace” la propria bandiera, dopo questo evento, avrebbe più potuto avere le caratteristiche dei precedenti. Su queste differenze la dottoressa si è concentrata, analizzando l’evoluzione del significato del termine “pacifismo” all’interno dei comunismo internazionale e, in particolare, italiano.
L’origine dei partigiani della pace fu infatti chiaramente “di parte”: l’egemonia di quel movimento fu conquistata dai comunisti che seguirono pedissequamente le direttive che giungevano da Mosca. Come è ormai del tutto chiaro, dopo l’apertura degli archivi moscoviti, l’idea fu partorita e in gran parte gestita da Mosca. Già durante il primo congresso del Cominform, nel settembre del 1947, Zdanov aveva indicato fra i compiti strategici primari del movimento internazionale comunista la creazione, nei paesi occidentali, di un’organizzazione per la difesa della pace. Il Politburo decretò la convocazione del primo congresso mondiale per la pace a Parigi nella primavera del 1949, formulò gli obiettivi della campagna per la pace, indicò sia le organizzazioni che dovevano promuovere il congresso, sia quelle la cui partecipazione era considerata indispensabile e stanziò risorse finanziarie per coprirne le ingenti spese. Il Cominform, a sua volta, assicurò un’attiva partecipazione dei partiti comunisti occidentali alla campagna per la pace, in modo da occupare il posto centrale in tutta l’attività dei partiti comunisti e delle organizzazioni “democratiche” collaterali.
Il movimento dei partigiani della pace rappresentò un importantissimo strumento di lotta politica negli anni della guerra fredda: l’organizzazione, sotto le insegne del pacifismo dei movimenti “simpatizzanti”, formalmente autonomi, ma in realtà strettamente controllati dai vari partiti comunisti, costituiva infatti una componente decisiva della politica estera sovietica. La tesi di Sondra Cerrai, si è, tuttavia, concentrata su altri aspetti della vicenda, cercando di individuare i meccanismi attraverso i quali il partito comunista italiano riuscì, meglio di altri, a far sì che questo movimento si trasformasse in un vero movimento di massa, mettendo in campo un’organizzazione fortemente strutturata, attivando centinaia di iniziative e coinvolgendo porzioni sempre più ampie di società civile, inglobando personalità e movimenti di area democratico-liberale e giocando una partita molto importante con le forze cattoliche.
In Italia si sviluppò il più imponente movimento dei Partigiani della Pace dell’Europa occidentale che riuscì, in parte, a sfuggire alle rigide maglie dell’organizzazione terzinternazionalista per assumere caratteri propri ed originali. Gran parte del lavoro della candidata si è, dunque, focalizzato sull’analisi delle retoriche, degli stilemi utilizzati, del linguaggio adoperato, delle parole-chiave reiterate. L’autrice ha analizzato la costante mobilitazione dei consigli comunali e provinciali, veri contraltari dal basso delle politiche nazionali; l’uso spregiudicato dell’associazionismo collaterale (Case del popolo, Unioni sportive, Federterra, Lega delle cooperative, UDI, ANPI, Associazione Italia-URSS); il costante richiamo alla ”piazza” come forte elemento di un “contropotere” di base legittimato dalla costante mobilitazione di centinaia di migliaia di militanti, “raccoglitori di firme”, “stelline delle pace”, “pionieri contro la guerra”, la cui antropologia è stata analizzata in questa ricerca.
I tre soggetti portanti del movimento, ai quali Cerrai ha dedicato particolare attenzione, furono gli intellettuali (che a centinaia si fecero coinvolgere nel movimento), le donne e i giovani, guidati da un instancabile Enrico Berlinguer. Il Partito comunista italiano riuscì a creare una rete propagandistica e organizzativa, con una serie infinita di attività a cascata, che fu in grado di penetrare in profondità nella coscienza di una buon fetta degli italiani, molti dei quali non erano affatto comunisti. In questo il PCI fu aiutato dall’alleato fedele, il Partito socialista di Nenni, spesso più filosovietico delle stesso Togliatti. Nenni, fu il primo segretario del movimento dei Partigiani della Pace, a fianco del presidente comunista Emilio Sereni, partecipò con grande passione alla costruzione iniziale del movimento, salvo poi rimanerne progressivamente deluso, sino all’abbandono definitivo nel 1956.
La candidata ha ben analizzato le vicende del Partito socialista, sempre rimasto ai margini nelle trattazioni sui Partigiani della Pace, in realtà soggetto importante nella storia del movimento. Analogo interesse ha rivolto ai rapporti tra comunisti e mondo cattolico, alla ricerca di un difficile equilibrio sui temi della pace, spesso trovato con esponenti del cattolicesimo sociale o con singole figure di preti “scomodi”, come Don Andrea Gaggero (che sarebbe poi divenuto dirigente della Consulta di Capitini negli anni ’60), le cui vicende sono state ricostruite nella tesi a partire dai documenti conservati nell’Archivio storico di Piombino.
L’ampiezza e la varietà delle fonti utilizzate è uno degli elementi di pregio di questa ricerca. A parte l’uso di una notevole bibliografia, riportata in chiusura di volume, Cerrai ha visionato l’intera gamma dei bollettini prodotti dai Partigiani della Pace, conservati presso la Biblioteca Nazionale di Firenze, ha utilizzato i più importanti quotidiani e periodici d’area per gli anni in esame, da “L’Unità” all’“Avanti!”, dalla serie completa di “Rinascita” a “Il Quaderno dell’Attivista”, da “Noi donne” a “Gioventù Nuova”. Oltre all’archivio storico di Piombino, la candidata ha esaminato le carte dell’Istituto Gramsci, dell’Istituto Turati e dei due archivi di Stato di Pisa e Livorno, in un costante rimando tra piano nazionale e piano locale, che molto ha giovato alla ricerca.
Ma il lavoro più importante ed innovativo è stato certamente quello relativo al reperimento di un archivio inedito contenente moltissimo materiale sui movimenti pacifisti guidati dal PCI tra la fine degli anni Quaranta e la fine degli anni Ottanta. La vicenda del materiale giacente presso la Biblioteca di Follonica è stata parzialmente ricostruita da Cerrai nell’introduzione della tesi. Gli oltre novanta faldoni, composti di documenti di epoche diverse e frettolosamente inscatolati senza un ordine preciso, sono stati tutti selezionati e censiti dalla candidata, che li ha poi ampiamente e fruttuosamente utilizzati.
Come si legge nelle conclusioni, la ricerca “si è mossa lungo il difficile crinale della doppia identità di questo movimento, non tacendone (ed anzi analizzandola) l’origine strumentale e l’organizzazione fideistica ma cercando di vedere soprattutto gli elementi di innovazione e di creazione di qualcosa di diverso e di ‘buono in sé’ come direbbero certi filosofi hegeliani”. La dottoressa Cerrai ha voluto dimostrare che la sapiente opera di impalcatura del movimento fatta ad anelli concentrici, dialogante con le forze più disparate della società civile e della politica: dai cattolici ai socialisti, dai liberali ai repubblicani, dai missini ai monarchici, in un caleidoscopio di iniziative e di contatti, è servita a far sì che i partigiani della pace italiani assumessero una connotazione originale rispetto al panorama internazionale. L’origine di parte di quel movimento non giustifica, secondo Cerrai, l’ostracismo e il silenzio che è calato su quegli avvenimenti, anche da parte di coloro che vissero quegli eventi in prima persona, proprio perché quegli eventi, che assunsero una connotazione veramente di massa, contribuirono a forgiare una nuova idea di pacifismo che poi sarebbe stata rielaborata su basi più autonome nei decenni successivi. Nuovi soggetti sociali, in primis i giovani e le donne, furono spinti all’agire politico all’indomani della guerra, proprio passando attraverso l’iniziazione de “la lotta per la pace”. Nuove èlite dirigenti fecero il loro ingresso nella politica attiva passando attraverso il canale del pacifismo organizzato.
L’origine dei partigiani della pace fu infatti chiaramente “di parte”: l’egemonia di quel movimento fu conquistata dai comunisti che seguirono pedissequamente le direttive che giungevano da Mosca. Come è ormai del tutto chiaro, dopo l’apertura degli archivi moscoviti, l’idea fu partorita e in gran parte gestita da Mosca. Già durante il primo congresso del Cominform, nel settembre del 1947, Zdanov aveva indicato fra i compiti strategici primari del movimento internazionale comunista la creazione, nei paesi occidentali, di un’organizzazione per la difesa della pace. Il Politburo decretò la convocazione del primo congresso mondiale per la pace a Parigi nella primavera del 1949, formulò gli obiettivi della campagna per la pace, indicò sia le organizzazioni che dovevano promuovere il congresso, sia quelle la cui partecipazione era considerata indispensabile e stanziò risorse finanziarie per coprirne le ingenti spese. Il Cominform, a sua volta, assicurò un’attiva partecipazione dei partiti comunisti occidentali alla campagna per la pace, in modo da occupare il posto centrale in tutta l’attività dei partiti comunisti e delle organizzazioni “democratiche” collaterali.
Il movimento dei partigiani della pace rappresentò un importantissimo strumento di lotta politica negli anni della guerra fredda: l’organizzazione, sotto le insegne del pacifismo dei movimenti “simpatizzanti”, formalmente autonomi, ma in realtà strettamente controllati dai vari partiti comunisti, costituiva infatti una componente decisiva della politica estera sovietica. La tesi di Sondra Cerrai, si è, tuttavia, concentrata su altri aspetti della vicenda, cercando di individuare i meccanismi attraverso i quali il partito comunista italiano riuscì, meglio di altri, a far sì che questo movimento si trasformasse in un vero movimento di massa, mettendo in campo un’organizzazione fortemente strutturata, attivando centinaia di iniziative e coinvolgendo porzioni sempre più ampie di società civile, inglobando personalità e movimenti di area democratico-liberale e giocando una partita molto importante con le forze cattoliche.
In Italia si sviluppò il più imponente movimento dei Partigiani della Pace dell’Europa occidentale che riuscì, in parte, a sfuggire alle rigide maglie dell’organizzazione terzinternazionalista per assumere caratteri propri ed originali. Gran parte del lavoro della candidata si è, dunque, focalizzato sull’analisi delle retoriche, degli stilemi utilizzati, del linguaggio adoperato, delle parole-chiave reiterate. L’autrice ha analizzato la costante mobilitazione dei consigli comunali e provinciali, veri contraltari dal basso delle politiche nazionali; l’uso spregiudicato dell’associazionismo collaterale (Case del popolo, Unioni sportive, Federterra, Lega delle cooperative, UDI, ANPI, Associazione Italia-URSS); il costante richiamo alla ”piazza” come forte elemento di un “contropotere” di base legittimato dalla costante mobilitazione di centinaia di migliaia di militanti, “raccoglitori di firme”, “stelline delle pace”, “pionieri contro la guerra”, la cui antropologia è stata analizzata in questa ricerca.
I tre soggetti portanti del movimento, ai quali Cerrai ha dedicato particolare attenzione, furono gli intellettuali (che a centinaia si fecero coinvolgere nel movimento), le donne e i giovani, guidati da un instancabile Enrico Berlinguer. Il Partito comunista italiano riuscì a creare una rete propagandistica e organizzativa, con una serie infinita di attività a cascata, che fu in grado di penetrare in profondità nella coscienza di una buon fetta degli italiani, molti dei quali non erano affatto comunisti. In questo il PCI fu aiutato dall’alleato fedele, il Partito socialista di Nenni, spesso più filosovietico delle stesso Togliatti. Nenni, fu il primo segretario del movimento dei Partigiani della Pace, a fianco del presidente comunista Emilio Sereni, partecipò con grande passione alla costruzione iniziale del movimento, salvo poi rimanerne progressivamente deluso, sino all’abbandono definitivo nel 1956.
La candidata ha ben analizzato le vicende del Partito socialista, sempre rimasto ai margini nelle trattazioni sui Partigiani della Pace, in realtà soggetto importante nella storia del movimento. Analogo interesse ha rivolto ai rapporti tra comunisti e mondo cattolico, alla ricerca di un difficile equilibrio sui temi della pace, spesso trovato con esponenti del cattolicesimo sociale o con singole figure di preti “scomodi”, come Don Andrea Gaggero (che sarebbe poi divenuto dirigente della Consulta di Capitini negli anni ’60), le cui vicende sono state ricostruite nella tesi a partire dai documenti conservati nell’Archivio storico di Piombino.
L’ampiezza e la varietà delle fonti utilizzate è uno degli elementi di pregio di questa ricerca. A parte l’uso di una notevole bibliografia, riportata in chiusura di volume, Cerrai ha visionato l’intera gamma dei bollettini prodotti dai Partigiani della Pace, conservati presso la Biblioteca Nazionale di Firenze, ha utilizzato i più importanti quotidiani e periodici d’area per gli anni in esame, da “L’Unità” all’“Avanti!”, dalla serie completa di “Rinascita” a “Il Quaderno dell’Attivista”, da “Noi donne” a “Gioventù Nuova”. Oltre all’archivio storico di Piombino, la candidata ha esaminato le carte dell’Istituto Gramsci, dell’Istituto Turati e dei due archivi di Stato di Pisa e Livorno, in un costante rimando tra piano nazionale e piano locale, che molto ha giovato alla ricerca.
Ma il lavoro più importante ed innovativo è stato certamente quello relativo al reperimento di un archivio inedito contenente moltissimo materiale sui movimenti pacifisti guidati dal PCI tra la fine degli anni Quaranta e la fine degli anni Ottanta. La vicenda del materiale giacente presso la Biblioteca di Follonica è stata parzialmente ricostruita da Cerrai nell’introduzione della tesi. Gli oltre novanta faldoni, composti di documenti di epoche diverse e frettolosamente inscatolati senza un ordine preciso, sono stati tutti selezionati e censiti dalla candidata, che li ha poi ampiamente e fruttuosamente utilizzati.
Come si legge nelle conclusioni, la ricerca “si è mossa lungo il difficile crinale della doppia identità di questo movimento, non tacendone (ed anzi analizzandola) l’origine strumentale e l’organizzazione fideistica ma cercando di vedere soprattutto gli elementi di innovazione e di creazione di qualcosa di diverso e di ‘buono in sé’ come direbbero certi filosofi hegeliani”. La dottoressa Cerrai ha voluto dimostrare che la sapiente opera di impalcatura del movimento fatta ad anelli concentrici, dialogante con le forze più disparate della società civile e della politica: dai cattolici ai socialisti, dai liberali ai repubblicani, dai missini ai monarchici, in un caleidoscopio di iniziative e di contatti, è servita a far sì che i partigiani della pace italiani assumessero una connotazione originale rispetto al panorama internazionale. L’origine di parte di quel movimento non giustifica, secondo Cerrai, l’ostracismo e il silenzio che è calato su quegli avvenimenti, anche da parte di coloro che vissero quegli eventi in prima persona, proprio perché quegli eventi, che assunsero una connotazione veramente di massa, contribuirono a forgiare una nuova idea di pacifismo che poi sarebbe stata rielaborata su basi più autonome nei decenni successivi. Nuovi soggetti sociali, in primis i giovani e le donne, furono spinti all’agire politico all’indomani della guerra, proprio passando attraverso l’iniziazione de “la lotta per la pace”. Nuove èlite dirigenti fecero il loro ingresso nella politica attiva passando attraverso il canale del pacifismo organizzato.
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