Tesi etd-11022009-101034 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
RIPOLI, TOMMASO
URN
etd-11022009-101034
Titolo
VALUTAZIONE DEGLI EFFETTI GENETICI NEL LIEVITO SACCHAROMYCES CEREVISIAE (CEPPO D7)INDOTTI DA RADIAZIONI UV E TEMPERATURA
Dipartimento
FARMACIA
Corso di studi
CHIMICA E TECNOLOGIA FARMACEUTICHE
Relatori
relatore Prof. Scarpato, Roberto
relatore Prof.ssa Costa, Barbara
relatore Prof.ssa Costa, Barbara
Parole chiave
- effetti genetici
- radiazione ultravioletta
- saccharomyces cerevisiae
- temperatura
Data inizio appello
18/11/2009
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
18/11/2049
Riassunto
Il sistema cellulare impiegato negli esperimenti effettuati durante il periodo di tirocinio è rappresentato dal lievito Saccharomyces cerevisiae, un organismo eucariotico unicellulare esistente sia in forma aploide, che diploide. Saccharomyces cerevisiae fornisce un adeguato esempio di sistema cellulare per studiare gli effetti a livello genetico, dovuti sia ad esposizioni alla radiazione ultravioletta (UV), sia a variazioni di temperatura, in quanto tali effetti sono facilmente individuati da prototrofia per uno specifico fattore di crescita (capacità di formare colonie in terreni selettivi, gelificati con Agar), cambiamento di colore e di dimensione delle colonie sviluppate.
Specificamente utilizzato nella tecnologia del DNA ricombinante, S. cerevisiae viene, di fatto, impiegato nella ricerca di base e applicativa per lo studio di molti aspetti della genetica. Tra le principali ragioni del largo uso di questo lievito, si annoverano:
1 ) L’estrema precisione con cui si conosce la sua genetica.
2 ) La stima secondo cui S. cerevisiae condivide circa il 23% del suo genoma con quello dell’uomo.
3 ) Il fatto che, essendo un organismo eucariotico, presenta le complessità tipiche della struttura interna di piante e animali.
4 ) L’ampia tolleranza di questo organismo ai valori di pH (3-9) e temperatura (18-40°C), sebbene l’optimum per la crescita sia attorno a pH=7 e tra 28-31°C.
In questo lavoro di tesi è stato usato il ceppo diploide D7 (ade2- 40/ade2-119 trp5-12/trp5-27 ilv1-92/ilv1-92), sviluppato da F. K. Zimmermann nella prima metà degli anni Settanta; tale ceppo si divide in maniera asessuata (per gemmazione).
Il presente studio fa parte di un progetto multidisciplinare, chiamato “BIOCLIMA”. Tale progetto è stato sviluppato dalla cooperazione di dieci gruppi di ricerca e ha come scopo primario quello di valutare gli effetti delle variabili climatiche a livello biologico. Nello specifico, ci siamo prefissati l’obiettivo di valutare gli effetti genetici in un sistema cellulare in vitro rappresentato dal lievito S. cerevisiae riproducendo, il più fedelmente possibile, quelle che sono le condizioni di temperatura e irradiazione UV, in termini di distribuzione spettrale di potenza, corrispondenti a esposizioni ambientali alle nostre latitudini.
A tale proposito è stata usata una lampada UV-A formata da due neon fluorescenti (UV-A TLD 15W) che emettono radiazioni ad una lunghezza d’onda pari a 340 nm, in accordo con lo spettro di emissione dei raggi UV-A, compreso tra 400-315 nm. Medesimo procedimento è stato riproposto per l’irradiazione con la lampada UV-B. Anche in questo caso è stata utilizzata una lampada a neon capace di emettere radiazioni ad una lunghezza d’onda che rientri nel range di emissione dei raggi UV-B (315-280 nm).
La fonte luminosa (ossia la sorgente di raggi UV-A o UV-B) è stata posta ad una distanza tale che eroghi una potenza pari a 11.6 W/m2 (UV-A) e 1.68 W/m2 (UV-B). Questi due valori rientrano perfettamente nell’intervallo corrispondente a comuni esposizioni ambientali alla luce solare di alta intensità per l’uomo (5-30 W/m2 per UV-A e 1.0-2.0 W/m2 per UV-B). I lieviti sono stati esposti alle radiazioni UV a tempi diversi, compresi tra 225 secondi e 3 ore.
Inoltre, come richiesto dal progetto, i tempi di esposizione alla sorgente UV sono stati manipolati in combinazione fattoriale con due intervalli di temperatura, che rispecchiano, rispettivamente, la temperatura fisiologica (ossia compresa tra i 28° C e 31° C, temperature permissive di crescita) e un intervallo non fisiologico (ipertermia; compreso tra i 33°C e i 40°C ). Gli effetti sono stati valutati in termini di:
1 ) Frequenza di mutazione genica, ricombinazione mitotica e conversione genica.
2 ) Vitalità cellulare.
Per quanto riguarda gli UV-B è stato visto che, esponendo una soluzione di lieviti alla distanza di 29.5 cm (P=5.26 W/m2), la dose minima efficace per avere una risposta di conversione genica è di 15 minuti di esposizione (circa 3.2 volte il livello dello spontaneo, ossia senza trattamento con UV), mentre occorre aspettare 60 minuti per vedere una sostanziale risposta di mutazione genica (2,6 volte il livello dello spontaneo). Per quanto riguarda la mortalità possiamo dire che si ha un lieve aumento attorno alle 2 ore di trattamento (mortalità del 14.2%).
Alla dose massima utilizzata (3 ore di esposizione) si è riscontrato, un aumento di 52.9 volte la frequenza dei convertenti, con circa il 15.7% di mortalità.
E’stato visto, inoltre, che a temperature non permissive di crescita dei lieviti (circa 40°C), la sola temperatura (senza trattamento UV), gioca un ruolo essenziale. Già dopo un esposizione di 15 minuti si inizia a osservare una mortalità di circa il 18.5% che raggiunge il 61% dopo 3 ore di trattamento. A 7.5 minuti, invece, si inizia già ad osservare un leggero aumento di colonie convertenti di circa 1.6 volte il livello dello spontaneo.
L’esposizione combinata di UV-B + temperatura (40°C) per 15 minuti provoca una mortalità del 25% rispetto allo spontaneo e del 6.5% rispetto al solo trattamento con la temperatura. A 15 minuti si rileva un aumento di 10.6 volte il numero di convertenti contro le 1,5 volte della sola temperatura. Da questo si deduce che la temperatura potenzia notevolmente l’effetto dei raggi UV-B.
Da rilevare, invece, la sostanziale inefficacia dei raggi UV-A in termini di tossicità (dopo 3 ore si ha una mortalità di circa il 18%), cosi come nel produrre colonie mutanti e convertenti. Dopo 3 ore è comunque evidenziabile un aumento delle colonie mutanti, circa 2.8 volte il numero di quelle spontanee.
Specificamente utilizzato nella tecnologia del DNA ricombinante, S. cerevisiae viene, di fatto, impiegato nella ricerca di base e applicativa per lo studio di molti aspetti della genetica. Tra le principali ragioni del largo uso di questo lievito, si annoverano:
1 ) L’estrema precisione con cui si conosce la sua genetica.
2 ) La stima secondo cui S. cerevisiae condivide circa il 23% del suo genoma con quello dell’uomo.
3 ) Il fatto che, essendo un organismo eucariotico, presenta le complessità tipiche della struttura interna di piante e animali.
4 ) L’ampia tolleranza di questo organismo ai valori di pH (3-9) e temperatura (18-40°C), sebbene l’optimum per la crescita sia attorno a pH=7 e tra 28-31°C.
In questo lavoro di tesi è stato usato il ceppo diploide D7 (ade2- 40/ade2-119 trp5-12/trp5-27 ilv1-92/ilv1-92), sviluppato da F. K. Zimmermann nella prima metà degli anni Settanta; tale ceppo si divide in maniera asessuata (per gemmazione).
Il presente studio fa parte di un progetto multidisciplinare, chiamato “BIOCLIMA”. Tale progetto è stato sviluppato dalla cooperazione di dieci gruppi di ricerca e ha come scopo primario quello di valutare gli effetti delle variabili climatiche a livello biologico. Nello specifico, ci siamo prefissati l’obiettivo di valutare gli effetti genetici in un sistema cellulare in vitro rappresentato dal lievito S. cerevisiae riproducendo, il più fedelmente possibile, quelle che sono le condizioni di temperatura e irradiazione UV, in termini di distribuzione spettrale di potenza, corrispondenti a esposizioni ambientali alle nostre latitudini.
A tale proposito è stata usata una lampada UV-A formata da due neon fluorescenti (UV-A TLD 15W) che emettono radiazioni ad una lunghezza d’onda pari a 340 nm, in accordo con lo spettro di emissione dei raggi UV-A, compreso tra 400-315 nm. Medesimo procedimento è stato riproposto per l’irradiazione con la lampada UV-B. Anche in questo caso è stata utilizzata una lampada a neon capace di emettere radiazioni ad una lunghezza d’onda che rientri nel range di emissione dei raggi UV-B (315-280 nm).
La fonte luminosa (ossia la sorgente di raggi UV-A o UV-B) è stata posta ad una distanza tale che eroghi una potenza pari a 11.6 W/m2 (UV-A) e 1.68 W/m2 (UV-B). Questi due valori rientrano perfettamente nell’intervallo corrispondente a comuni esposizioni ambientali alla luce solare di alta intensità per l’uomo (5-30 W/m2 per UV-A e 1.0-2.0 W/m2 per UV-B). I lieviti sono stati esposti alle radiazioni UV a tempi diversi, compresi tra 225 secondi e 3 ore.
Inoltre, come richiesto dal progetto, i tempi di esposizione alla sorgente UV sono stati manipolati in combinazione fattoriale con due intervalli di temperatura, che rispecchiano, rispettivamente, la temperatura fisiologica (ossia compresa tra i 28° C e 31° C, temperature permissive di crescita) e un intervallo non fisiologico (ipertermia; compreso tra i 33°C e i 40°C ). Gli effetti sono stati valutati in termini di:
1 ) Frequenza di mutazione genica, ricombinazione mitotica e conversione genica.
2 ) Vitalità cellulare.
Per quanto riguarda gli UV-B è stato visto che, esponendo una soluzione di lieviti alla distanza di 29.5 cm (P=5.26 W/m2), la dose minima efficace per avere una risposta di conversione genica è di 15 minuti di esposizione (circa 3.2 volte il livello dello spontaneo, ossia senza trattamento con UV), mentre occorre aspettare 60 minuti per vedere una sostanziale risposta di mutazione genica (2,6 volte il livello dello spontaneo). Per quanto riguarda la mortalità possiamo dire che si ha un lieve aumento attorno alle 2 ore di trattamento (mortalità del 14.2%).
Alla dose massima utilizzata (3 ore di esposizione) si è riscontrato, un aumento di 52.9 volte la frequenza dei convertenti, con circa il 15.7% di mortalità.
E’stato visto, inoltre, che a temperature non permissive di crescita dei lieviti (circa 40°C), la sola temperatura (senza trattamento UV), gioca un ruolo essenziale. Già dopo un esposizione di 15 minuti si inizia a osservare una mortalità di circa il 18.5% che raggiunge il 61% dopo 3 ore di trattamento. A 7.5 minuti, invece, si inizia già ad osservare un leggero aumento di colonie convertenti di circa 1.6 volte il livello dello spontaneo.
L’esposizione combinata di UV-B + temperatura (40°C) per 15 minuti provoca una mortalità del 25% rispetto allo spontaneo e del 6.5% rispetto al solo trattamento con la temperatura. A 15 minuti si rileva un aumento di 10.6 volte il numero di convertenti contro le 1,5 volte della sola temperatura. Da questo si deduce che la temperatura potenzia notevolmente l’effetto dei raggi UV-B.
Da rilevare, invece, la sostanziale inefficacia dei raggi UV-A in termini di tossicità (dopo 3 ore si ha una mortalità di circa il 18%), cosi come nel produrre colonie mutanti e convertenti. Dopo 3 ore è comunque evidenziabile un aumento delle colonie mutanti, circa 2.8 volte il numero di quelle spontanee.
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