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Tesi etd-10312019-140406


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
BORRASI, VITTORIO
URN
etd-10312019-140406
Titolo
LIMITI ED OPPORTUNITA' ISTRUTTORIE DEL PROCESSO TRIBUTARIO
Dipartimento
ECONOMIA E MANAGEMENT
Corso di studi
CONSULENZA PROFESSIONALE ALLE AZIENDE
Relatori
relatore Zanotti, Nicolò
Parole chiave
  • prova testimoniale
  • prova
  • processo tributario
  • processo
  • onus probandi
  • onere probatorio
  • mezzi probatori
  • istruzione
  • istruttoria
  • dispositivo inquisitorio
  • dichiarazione del terzo
  • regime probatorio
  • strumenti probatori
  • testimonianza
  • testimonianza scritta
  • tributario
Data inizio appello
09/12/2019
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
09/12/2089
Riassunto
Partendo dalla definizione di cosa s’intenda per processo tributario e quale ne sia la natura, questo elaborato vuole analizzare e valutare quello che è l’attuale regime istruttorio che caratterizza il processo tributario, e gli strumenti probatori concessi alle parti per dimostrare i fatti costitutivi, impeditivi modificativi ed estintivi dell’obbligazione tributaria, alla luce delle criticità emerse negli anni e delle considerazioni avanzate nel tempo dalla dottrina e dalla giurisprudenza. A tal fine, si è partiti dall’analisi di ciò che rappresenta le fondamenta di ogni sistema probatorio processuale: la prova. Un concetto polisemantico che ha impegnato diversi autori nel tentativo di circoscriverne i contenuti e che va individuata ed analizzata per le molteplici peculiarità che presenta, a seconda che ci si riferisca al profilo procedimentale o a quello processuale, così come anche la terminologia anglosassone ci suggerisce, adottando termini differenti per le due diverse fattispecie.
Emergono considerazioni interessanti che evidenziano come già prima degli anni ’70, con la presunzione di legittimità dell’atto amministrativo, veniva riconosciuto all’amministrazione finanziaria, un ruolo privilegiato rispetto alla parte privata.
Giacché il giudice, prima dell’individuazione delle norme applicabili, deve appurare i fatti, dopo l’analisi, dunque, del principio dell’ ”onus probandi”,(ossia di chi deve provare cosa), si è passati alla esposizione dei principali strumenti probatori messi a disposizione e disciplinati dall’ordinamento giuridico, ciascuno caratterizzato da specifica efficacia probante, e che le parti in causa possono utilizzare per convincere il giudice della sussistenza e della corrispondenza al vero di un determinato fatto a lui sconosciuto e utile al perseguimento della propria strategia difensiva, in quanto funzionali alla riproduzione ex novo agli occhi del giudice, dei fatti e delle azioni passate sulle quali è sorto lo scontro di vedute tra amministrazione finanziaria e contribuente.
Si evidenzia come lo strumento che l’amministrazione finanziaria predilige per la ricerca di materia imponibile non portata a tassazione e fondare i propri atti impositivi, sia quello presuntivo, capace di invertire l’onere probatorio a carico del contribuente, rendendo la sua attività di produzione di controprove di natura documentale o presuntiva, molto più ardua. Emergono criticità anche nell’uso da parte dell’ente impositore di dichiarazioni di terzi sulle quali, lo stesso, è solito fondare i propri atti impositivi, sia per la mancanza delle garanzie che dovrebbero sempre accompagnare la fase di produzione delle prove, sia per le difficoltà che sorgono in capo al contribuente, qualora volesse controbattere il contenuto di tali dichiarazioni utilizzando il medesimo strumento, che solo successivamente è stato precisato dai giudici della Corte di Cassazione, deve essere consentito anche alla parte privata.
Se “ex lege” spetta alle parti del processo, produrre le prove da allegare agli atti, qualora il giudice le ritenga non sufficienti a convincerlo sulla decisione da prendere, la legge mette a disposizione un’ampia gamma di poteri istruttori paralleli a quelli riconosciuti all’amministrazione finanziaria dalle singole leggi impositive per la ricerca di materia imponibile eventualmente occultata, per consentire al giudice di colmare eventuali lacune conoscitive, nonostante sia obbligato a porre come fondamento della propria decisione, le prove fornite dalle parti in causa.
Oggetto di questo elaborato è anche il modo in cui tali poteri possono essere esercitati e se, alla luce di tali considerazioni, il processo tributario possa essere considerato un giudizio di tipo inquisitorio piuttosto che dispositivo. Nonostante l’importanza che dovrebbe rivestire la fase processuale istruttoria, il contenzioso tributario viene, però, considerato un processo ad “istruzione esaurita”: l’evidenza empirica mostra, infatti, che a differenza di altre tipologie processuali, raramente i poteri istruttori vengono esercitati dai giudici delle commissioni tributarie fermandosi, perlopiù, a giudicare in base a ciò che emerge “ex actis” ed esaurendosi, la fase istruttoria, già al momento dell’unica udienza di trattazione-decisione.
Quali differenze, dunque, esistono con il processo ordinario civile considerando che nel classificare il processo tributario, il legislatore abbia espressamente richiamato la disciplina dettata dal codice di rito anche se, soltanto nei casi di lacunosità e compatibilità con la disciplina propria dettata per la giurisdizione tributaria? Sicuramente, con riferimento alla fase istruttoria, emergono le maggiori possibilità concesse dal legislatore alle parti coinvolte nel giudizio civile, di poter fornire al giudice la necessaria conoscenza sui fatti oggetto del giudizio utile ai fini della decisione, e di dimostrare al giudice il fondamento delle proprie deduzioni, potendo sfruttare strumenti probatori che nel processo tributario, sono considerati, tuttora, inammissibili. Nonostante i tentativi di ridurre la posizione di svantaggio che le suddette criticità dell’attuale sistema probatorio processuale tributario generano per il contribuente ipotizzando la possibilità per la parte privata di introdurre dichiarazioni “paratestimoniali” attraverso la tecnica giuridica della testimonianza scritta, con questo lavoro si è voluto far emergere che oggi non si può affermare che il contenzioso tributario rispetti il diritto di difesa dei contribuenti perché, di fatto, non viene rispettato il principio della parità delle armi e, di conseguenza, il principio del “giusto processo” sanciti dalla Costituzione. Si propone, inoltre, di evidenziare la forte disparità di trattamento che il legislatore ha riservato al contribuente che intenda impugnare gli atti di accertamento emanati dall’amministrazione finanziaria e come quest’ultima sia avvantaggiata nel poter provare fatti attraverso accertamenti meramente ipotetici che il contribuente difficilmente riesce a contrastare con i mezzi messi a disposizione dal legislatore, in quanto non suscettibili di essere provati con la prova documentale.
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