Tesi etd-10302009-112506 |
Link copiato negli appunti
Tipo di tesi
Tesi di dottorato di ricerca
Autore
ANZANI, GAETANO
Indirizzo email
GAETANO_ANZANI@YAHOO.IT
URN
etd-10302009-112506
Titolo
Responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale. La distinzione alla prova dell'attualità.
Settore scientifico disciplinare
IUS/01
Corso di studi
DIRITTO PRIVATO
Relatori
tutor Prof. Giardina, Francesca
Parole chiave
- responsabilità da fatto illecito
- responsabilità da inadempimento
Data inizio appello
26/11/2009
Consultabilità
Parziale
Data di rilascio
26/11/2049
Riassunto
In Italia la responsabilità civile – comprensiva della responsabilità da inadempimento e della responsabilità da fatto illecito – si sta sviluppando in due direzioni maestre.
Una prima direzione conduce a riconoscere la rilevanza per l’ordinamento di nuovi interessi, che sono individuati come meritevoli di tutela in modo da ampliare la categoria dei danneggiati in senso giuridico, ossia di coloro che possono avvalersi degli strumenti di responsabilità.
La responsabilità extracontrattuale avanza più rapidamente di quella contrattuale, perché è agevolata dalla duttile formulazione dell’art. 2043 c.c.: almeno il diritto vivente riconosce ormai a questa disposizione il rango di «clausola generale», mentre la dottrina è divisa tra coloro che così la intendono e coloro che – ferma un’indubbia, ma inferiore elasticità – la classificano come «norma generale», con una diversità di nomenclatura che si riverbera sulla risarcibilità dei c.d. «danni meramente patrimoniali». Tuttavia, l’espansione della responsabilità aquiliana si accompagna alla persistente esitazione sulle sue funzioni, e ciò produce paradossalmente una sorta di “crisi” dell’istituto.
Ma anche la responsabilità contrattuale conquista nuovi territori, perché il requisito dell’inadempimento di un obbligo preesistente viene spesso soddisfatto con le teorie sulla struttura complessa dell’obbligazione e, più di recente, sull’«obbligazione senza prestazione».
Una seconda direzione di sviluppo della responsabilità civile si manifesta nella crescente evanescenza della distinzione tra responsabilità da inadempimento e responsabilità da fatto illecito. Il che è dovuto all’azione congiunta della dottrina e della giurisprudenza, le quali o tendono a ridimensionare gli aspetti peculiari di ciascuna specie di responsabilità o, comunque, sono animate dal proposito di porre a disposizione del danneggiato gli strumenti più convenienti in concreto.
La ricostruzione del rapporto tra responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale, invero, può generare assetti sistematici differenti.
Uno di essi consegue all’opzione interpretativa di fondo consistente nel negare qualunque compenetrazione, anche soltanto in astratto, tra i regimi di responsabilità, giacché – se si osserva una logica speculare – la loro potenziale interferenza appare irrazionale. Semmai, le due specie di responsabilità potrebbero essere mantenute contigue, in modo da scongiurare che tra l’una e l’altra, a causa di un limen tracciato formalisticamente, residuino “intercapedini” nelle quali non sarebbe invocabile né la responsabilità da inadempimento né la responsabilità da fatto illecito.
Qualora i regimi di responsabilità si escludano reciprocamente, l’intento di favorire il danneggiato è perseguibile solo nella fase di individuazione del regime da applicare, mediante l’attrazione dell’interesse da proteggere nell’orbita di quello in grado di dispensare la tutela più adeguata: ne scaturisce un processo di osmosi dall’area extracontrattuale a quella contrattuale, o viceversa.
Un altro possibile assetto sistematico – nel rifiuto di qualsivoglia concezione “manicheistica” – apre invece le porte ad una parziale sovrapposizione dello spettro di entrambi i regimi di responsabilità.
In quest’ultima prospettiva i danneggiati possono talvolta beneficiare, almeno in astratto, di una duplice tutela, che viene assicurata dagli strumenti tanto della responsabilità da inadempimento quanto della responsabilità da fatto illecito.
Sia le diverse direttrici di sviluppo sia gli alternativi assetti sistematici ai quali si è appena fatto cenno emergono con evidenza nei fenomeni del «concorso di responsabilità» e della «responsabilità da contatto sociale qualificato», che inducono a meditare sulla solidità dei motivi di distinzione tra responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale. Tale distinzione, infatti, potrebbe aver perso il proprio tradizionale significato e necessitare di nuove ragioni.
Bisogna domandarsi se le fisionomie dell’inadempimento e del fatto illecito, classiche fonti delle due specie di responsabilità, abbiano tratti tanto simili da rivendicare regole identiche o tanto dissimili da spiegare regole diverse. E l’analisi deve investire sia il diritto positivo sia il diritto vivente, perché spesso l’essenza di un istituto è scolpita dalla giurisprudenza più che dal legislatore.
La disciplina del nesso di causalità materiale è mutuata per tutta la responsabilità civile dagli artt. 40 e 41 del Codice Penale, ma rimane il dilemma se la condotta lesiva debba essere qualificata dalla colpevolezza, oltre che per l’integrazione di un illecito aquiliano ai sensi dell’art. 2043 c.c., anche per integrare un inadempimento ai sensi dell’art. 1218 c.c., ossia il dilemma sul fondamento soggettivo ovvero oggettivo della responsabilità contrattuale.
Quanto al nesso di causalità giuridica ed alla liquidazione dei danni risarcibili, l’art. 2056 c.c., al 1° comma, richiama gli artt. 1223, 1226 e 1227 c.c., dettati a proposito della responsabilità da inadempimento, per la regolamentazione della responsabilità da fatto illecito: queste disposizioni sono dunque indubbiamente comuni ai due regimi di responsabilità, fatte salve le eventuali divergenze nell’applicazione dell’uno e dell’altro nella prassi.
L’art. 2056 c.c. non richiama invece l’art. 1225 c.c., e comprende un 2° comma che a prima lettura sembra attinente alla sola responsabilità aquiliana, sicché sotto questi profili è necessario verificare se tra le forme di responsabilità sussistano effettive differenze.
Alcuni istituti, poi, sebbene siano stati autonomamente disciplinati nella sedes materiae di ciascun tipo di responsabilità (ad esempio, agli artt. 1228 e 2049 c.c.), presentano ictu oculi delle affinità che, allo scopo di un accostamento, meritano una riflessione.
Di contro, occorre interrogarsi intorno alla diretta o analogica estensione degli istituti previsti soltanto nell’ambito di una specie di responsabilità (ad esempio, agli artt. 1229, 2055, 2058 e 2059 c.c.) anche all’altra specie.
Altri istituti, ancora, sono sottoposti a regole che potrebbero risultare irriducibilmente inconciliabili (ad esempio, in materia di prescrizione), tanto da porre il quesito se le discrepanze di disciplina siano opportune ovvero inopportune. Ed una risposta nel secondo senso graverebbe l’interprete di compiti ulteriori, con finalità adeguatrici de jure condito o quantomeno propositive de jure condendo.
Infine, è ormai assodato che l’interazione tra gli elementi costitutivi dell’obbligazione risarcitoria li rende sovente fungibili.
Nella complessità dello scenario moderno, peraltro, una ricerca che nutra ambizioni scientifiche deve tener conto di quanto accade in altri ordinamenti nazionali, nonché a livello sovranazionale o internazionale: fuori dalle frontiere di ogni Stato, che coincidono sempre meno con i confini di un’esperienza giuridica, tanti sono infatti i fermenti di novità. Si pensi alla Modernisierung des Schuldrecht varata in Germania e alla legge francese del 17 giugno 2008, n. 561, portant réforme de la prescription en matière civile, che ha anticipato in materia di prescrizione le innovazioni abbozzate nell’Avant-projet per una più ampia riforma del Code Civil, cioè ad avvenimenti che riguardano tradizioni giuridiche storicamente intrecciate alla nostra, ma anche ai Principles of International Commercial Contracts, ai Principles of European Contract Law, ai Principles of European Tort Law e al Progetto preliminare del Code Européen des Contrats, cioè a testi normativi nei quali, dopo approfonditi studi e vivaci dibattiti, i redattori hanno faticosamente tentato un’equilibrata sintesi di esperienze diverse in vista dell’armonizzazione dei sistemi privatistici nazionali. La responsabilità civile occupa una posizione di primo piano in tutte queste reali o potenziali fonti del diritto, e la corrente del rinnovamento, ora travolgente ora meno impetuosa, va verso la riduzione delle divergenze tra la responsabilità che sorge dall’inadempimento di un’obbligazione e la responsabilità che sorge dalla commissione di un fatto illecito.
Finché le due specie di responsabilità saranno anche solo di poco divergenti, comunque, bisognerà chiedersi se e a quali condizioni le regole dell’uno possano trovare applicazione nell’area normalmente governata dall’altro.
Una prima direzione conduce a riconoscere la rilevanza per l’ordinamento di nuovi interessi, che sono individuati come meritevoli di tutela in modo da ampliare la categoria dei danneggiati in senso giuridico, ossia di coloro che possono avvalersi degli strumenti di responsabilità.
La responsabilità extracontrattuale avanza più rapidamente di quella contrattuale, perché è agevolata dalla duttile formulazione dell’art. 2043 c.c.: almeno il diritto vivente riconosce ormai a questa disposizione il rango di «clausola generale», mentre la dottrina è divisa tra coloro che così la intendono e coloro che – ferma un’indubbia, ma inferiore elasticità – la classificano come «norma generale», con una diversità di nomenclatura che si riverbera sulla risarcibilità dei c.d. «danni meramente patrimoniali». Tuttavia, l’espansione della responsabilità aquiliana si accompagna alla persistente esitazione sulle sue funzioni, e ciò produce paradossalmente una sorta di “crisi” dell’istituto.
Ma anche la responsabilità contrattuale conquista nuovi territori, perché il requisito dell’inadempimento di un obbligo preesistente viene spesso soddisfatto con le teorie sulla struttura complessa dell’obbligazione e, più di recente, sull’«obbligazione senza prestazione».
Una seconda direzione di sviluppo della responsabilità civile si manifesta nella crescente evanescenza della distinzione tra responsabilità da inadempimento e responsabilità da fatto illecito. Il che è dovuto all’azione congiunta della dottrina e della giurisprudenza, le quali o tendono a ridimensionare gli aspetti peculiari di ciascuna specie di responsabilità o, comunque, sono animate dal proposito di porre a disposizione del danneggiato gli strumenti più convenienti in concreto.
La ricostruzione del rapporto tra responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale, invero, può generare assetti sistematici differenti.
Uno di essi consegue all’opzione interpretativa di fondo consistente nel negare qualunque compenetrazione, anche soltanto in astratto, tra i regimi di responsabilità, giacché – se si osserva una logica speculare – la loro potenziale interferenza appare irrazionale. Semmai, le due specie di responsabilità potrebbero essere mantenute contigue, in modo da scongiurare che tra l’una e l’altra, a causa di un limen tracciato formalisticamente, residuino “intercapedini” nelle quali non sarebbe invocabile né la responsabilità da inadempimento né la responsabilità da fatto illecito.
Qualora i regimi di responsabilità si escludano reciprocamente, l’intento di favorire il danneggiato è perseguibile solo nella fase di individuazione del regime da applicare, mediante l’attrazione dell’interesse da proteggere nell’orbita di quello in grado di dispensare la tutela più adeguata: ne scaturisce un processo di osmosi dall’area extracontrattuale a quella contrattuale, o viceversa.
Un altro possibile assetto sistematico – nel rifiuto di qualsivoglia concezione “manicheistica” – apre invece le porte ad una parziale sovrapposizione dello spettro di entrambi i regimi di responsabilità.
In quest’ultima prospettiva i danneggiati possono talvolta beneficiare, almeno in astratto, di una duplice tutela, che viene assicurata dagli strumenti tanto della responsabilità da inadempimento quanto della responsabilità da fatto illecito.
Sia le diverse direttrici di sviluppo sia gli alternativi assetti sistematici ai quali si è appena fatto cenno emergono con evidenza nei fenomeni del «concorso di responsabilità» e della «responsabilità da contatto sociale qualificato», che inducono a meditare sulla solidità dei motivi di distinzione tra responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale. Tale distinzione, infatti, potrebbe aver perso il proprio tradizionale significato e necessitare di nuove ragioni.
Bisogna domandarsi se le fisionomie dell’inadempimento e del fatto illecito, classiche fonti delle due specie di responsabilità, abbiano tratti tanto simili da rivendicare regole identiche o tanto dissimili da spiegare regole diverse. E l’analisi deve investire sia il diritto positivo sia il diritto vivente, perché spesso l’essenza di un istituto è scolpita dalla giurisprudenza più che dal legislatore.
La disciplina del nesso di causalità materiale è mutuata per tutta la responsabilità civile dagli artt. 40 e 41 del Codice Penale, ma rimane il dilemma se la condotta lesiva debba essere qualificata dalla colpevolezza, oltre che per l’integrazione di un illecito aquiliano ai sensi dell’art. 2043 c.c., anche per integrare un inadempimento ai sensi dell’art. 1218 c.c., ossia il dilemma sul fondamento soggettivo ovvero oggettivo della responsabilità contrattuale.
Quanto al nesso di causalità giuridica ed alla liquidazione dei danni risarcibili, l’art. 2056 c.c., al 1° comma, richiama gli artt. 1223, 1226 e 1227 c.c., dettati a proposito della responsabilità da inadempimento, per la regolamentazione della responsabilità da fatto illecito: queste disposizioni sono dunque indubbiamente comuni ai due regimi di responsabilità, fatte salve le eventuali divergenze nell’applicazione dell’uno e dell’altro nella prassi.
L’art. 2056 c.c. non richiama invece l’art. 1225 c.c., e comprende un 2° comma che a prima lettura sembra attinente alla sola responsabilità aquiliana, sicché sotto questi profili è necessario verificare se tra le forme di responsabilità sussistano effettive differenze.
Alcuni istituti, poi, sebbene siano stati autonomamente disciplinati nella sedes materiae di ciascun tipo di responsabilità (ad esempio, agli artt. 1228 e 2049 c.c.), presentano ictu oculi delle affinità che, allo scopo di un accostamento, meritano una riflessione.
Di contro, occorre interrogarsi intorno alla diretta o analogica estensione degli istituti previsti soltanto nell’ambito di una specie di responsabilità (ad esempio, agli artt. 1229, 2055, 2058 e 2059 c.c.) anche all’altra specie.
Altri istituti, ancora, sono sottoposti a regole che potrebbero risultare irriducibilmente inconciliabili (ad esempio, in materia di prescrizione), tanto da porre il quesito se le discrepanze di disciplina siano opportune ovvero inopportune. Ed una risposta nel secondo senso graverebbe l’interprete di compiti ulteriori, con finalità adeguatrici de jure condito o quantomeno propositive de jure condendo.
Infine, è ormai assodato che l’interazione tra gli elementi costitutivi dell’obbligazione risarcitoria li rende sovente fungibili.
Nella complessità dello scenario moderno, peraltro, una ricerca che nutra ambizioni scientifiche deve tener conto di quanto accade in altri ordinamenti nazionali, nonché a livello sovranazionale o internazionale: fuori dalle frontiere di ogni Stato, che coincidono sempre meno con i confini di un’esperienza giuridica, tanti sono infatti i fermenti di novità. Si pensi alla Modernisierung des Schuldrecht varata in Germania e alla legge francese del 17 giugno 2008, n. 561, portant réforme de la prescription en matière civile, che ha anticipato in materia di prescrizione le innovazioni abbozzate nell’Avant-projet per una più ampia riforma del Code Civil, cioè ad avvenimenti che riguardano tradizioni giuridiche storicamente intrecciate alla nostra, ma anche ai Principles of International Commercial Contracts, ai Principles of European Contract Law, ai Principles of European Tort Law e al Progetto preliminare del Code Européen des Contrats, cioè a testi normativi nei quali, dopo approfonditi studi e vivaci dibattiti, i redattori hanno faticosamente tentato un’equilibrata sintesi di esperienze diverse in vista dell’armonizzazione dei sistemi privatistici nazionali. La responsabilità civile occupa una posizione di primo piano in tutte queste reali o potenziali fonti del diritto, e la corrente del rinnovamento, ora travolgente ora meno impetuosa, va verso la riduzione delle divergenze tra la responsabilità che sorge dall’inadempimento di un’obbligazione e la responsabilità che sorge dalla commissione di un fatto illecito.
Finché le due specie di responsabilità saranno anche solo di poco divergenti, comunque, bisognerà chiedersi se e a quali condizioni le regole dell’uno possano trovare applicazione nell’area normalmente governata dall’altro.
File
Nome file | Dimensione |
---|---|
01Fronte...oTesi.pdf | 24.90 Kb |
02DedicaTesi.pdf | 9.43 Kb |
03IndiceTesi.pdf | 22.46 Kb |
1 file non consultabili su richiesta dell’autore. |