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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-10292021-121855


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
QUERCIOLI, FRANCESCA
URN
etd-10292021-121855
Titolo
Gli strumenti giuridici per il contrasto al cambiamento climatico: verso un modello di ambiente per lo sviluppo
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Prof.ssa Passalacqua, Michela
Parole chiave
  • ambiente
  • cambiamenti climatici
  • diritto
  • economia
  • sviluppo
Data inizio appello
06/12/2021
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
06/12/2091
Riassunto
La crisi climatica in atto rappresenta un fenomeno di portata globale che espone a un rischio crescente la tenuta dei sistemi naturali popolati dall’uomo e dalle altre specie. Da anni la comunità scientifica, incessantemente e sempre più frequentemente, si premura di richiamare l’attenzione su questi aspetti, prospettando sviluppi drammatici e irreversibili il cui realizzarsi risulta inevitabile senza un significativo cambio di rotta. A dar conto delle drastiche conseguenze dovute ai cambiamenti climatici, tuttavia, potrebbero ritenersi già di per sé sufficienti gli eventi estremi ai quali stiamo assistendo, quali lo scioglimento dei ghiacciai, l’aumento del livello del mare, il riscaldamento globale senza precedenti, le esondazioni, e la restante congerie di circostanze atmosferiche anomale ormai ben note.
Si tratta di avvenimenti strettamente legati all’inquinamento ambientale causato dalle attività produttive, certamente antropiche, caratterizzanti la rivoluzione industriale degli ultimi due secoli e, ancora oggi, in gran parte costituenti il sostentamento delle economie di molti Paesi. Invero, si attesta che il principale mezzo di contrasto alla lotta al cambiamento climatico sia rappresentato dall’interesse che per antonomasia si contrappone alla protezione dell’ambiente: quello relativo allo sviluppo produttivo ed economico. Non vi è dubbio che quest’ultimo abbia apportato significativi vantaggi all’umanità, ma tra i due valori, entrambi primari, vi è da sempre un conflitto che genera problematiche di difficile risoluzione sia sul piano politico che giuridico.
Premesso tale scenario, il contributo si interroga sul ruolo che il diritto può ricoprire nell’alveo dello stesso, indagando, in particolare, sulla possibilità di affermare un nuovo paradigma tramite il quale orientare le politiche pubbliche economiche e ambientali, denominato “modello della conversione” e sintetizzabile nella formula dell’“ambiente per lo sviluppo”. Si tratta, segnatamente, di un nuovo modo di concepire il rapporto sussistente tra la tutela ambientale e la crescita economica, letto in almeno due diverse maniere negli ultimi cinquanta anni.
Difatti, se fino agli anni Settanta del secolo scorso si è prevalentemente perseguita la logica della massimizzazione della produzione, ignorandone le ricadute sull’ecosistema e sulla disponibilità delle risorse naturali, essa è stata successivamente sostituita da un modello economico più attento all’interesse ambientale, fondato, tuttavia, su una concezione in chiave negativa e oppositiva di quest’ultimo, percepito come limite e ostacolo alla crescita economica.
A tale impostazione si è poi affiancato, determinandone un quasi totale superamento, il più recente principio dello sviluppo sostenibile, emblematico di un nuovo inquadramento fondato su una logica di compatibilità tra ambiente e sviluppo, che vede il secondo evolversi neutralmente rispetto al primo. Questo modello, pur perseguendo degli obiettivi senz’altro apprezzabili, si è spesso convertito concretamente, come denunciato anche dal Parlamento europeo, in una molteplicità di azioni e iniziative “dipinte di verde” poco incisive sul piano degli effetti.
In nome dello sviluppo sostenibile sono inoltre stati adottati alcuni dei più importanti atti a livello internazionale, all’interno dei quali sono contenute delle enunciazioni di principio, fondamentali per la protezione dell’ambiente e la lotta al cambiamento climatico, e degli obblighi di contenimento delle emissioni di sostanze climalteranti gravanti in capo alle parti contraenti. Tuttavia, risulta ad oggi particolarmente difficile comprendere che cosa accada nel caso in cui vengano violati gli impegni assunti tramite detti accordi, e un loro limite ancor più significativo è rappresentato dalla mancata sottoscrizione dei medesimi da parte di alcune delle potenze mondiali più importanti e, al contempo, più inquinanti.
Da qui, per chi scrive, l’esigenza di valutare la prospettazione di un modello giuridico, istituzionale ed economico innovativo, come possibile alternativa alle insufficienze di quanto fino ad ora perpetrato, puntualizzando sin da subito, tuttavia, che esso non dovrebbe sostituirsi, bensì accostarsi, ai modi di produzione compatibili con l’ambiente già esistenti, accompagnandoli e integrandoli.
Il prototipo di ambiente per lo sviluppo ad oggetto dello studio, preso atto del legame complesso, ma imprescindibile, sussistente tra la tutela ambientale e la crescita economica, cerca di identificare nella prima un fattore trainante della seconda. Si richiede, dunque, uno sforzo ulteriore ai pubblici decisori, consistente nel potenziamento di attività che non si limitino a rapportarsi in modo neutrale all’ambiente, ma che siano in grado di determinare un miglioramento in termini qualitativi dello stesso.
Assunte queste considerazioni di carattere teorico e generale, l’elaborato si propone di declinarle concretamente tentando, in primo luogo, di approfondire il ruolo che l’istituto del processo, in generale, e il contenzioso climatico, in particolare, possono ricoprire nel vincolare gli Stati al rispetto dei principi e degli impegni fissati sul piano internazionale. Si ritiene, infatti, l’adempimento degli obblighi contratti un elemento imprescindibile su cui far leva per far sì che qualsivoglia politica economica o ambientale, nel caso di specie quella basata, appunto, sul paradigma della conversione, venga rispettata in sede attuativa.
Segue poi l’intento di focalizzare l’attenzione su strumenti giuridici trasversali e pubblicistici ulteriori, quali il governo del territorio, il procurement delle amministrazioni e la finanza sostenibile, valutandone la capacità di assurgere a mezzi per l’affermazione del modello di ambiente per lo sviluppo, in un’ottica, stavolta, preventiva e orientativa. Il fine propostosi, difatti, è quello di suggerirne una eventuale lettura de iure condendo declinata in tal senso.
L’intero lavoro, infine, è permeato da costanti riferimenti all’attuale situazione di emergenza sanitaria dovuta alla pandemia da Covid-19, strettamente connessa ad una crisi anche economica avvertita a livello globale.
L’auspicio, in questo caso, è che la ripresa dalla stessa si fondi sull’adozione di misure incentivanti la tutela ambientale, e fanno ben sperare le linee sino ad ora perseguite nel contesto europeo. Risulta tuttavia innegabile, e per certi versi comprensibile, la tentazione di regredire nelle politiche ambientali per far fronte, rapidamente, ad immediate esigenze di crescita.
Dunque, si ritiene ancor più importante in questa fase storica fornire degli spunti per far sì che l’emergenza climatica non venga accantonata ma, per converso, sia utilizzata quale volano per la ripartenza da un punto di vista economico, valorizzando l’ambiente come un solido fattore di sviluppo.
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