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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-10292020-195341


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
VORCELLI, MARCO
URN
etd-10292020-195341
Titolo
«Nec fortitudo lapidum fortitudo mea». Modelli di virtù e trasformazione morale nel "Super Iob" di Alberto Magno.
Dipartimento
CIVILTA' E FORME DEL SAPERE
Corso di studi
FILOSOFIA E FORME DEL SAPERE
Relatori
relatore Prof. Perfetti, Stefano
correlatore Prof.ssa D'Ancona, Cristina
Parole chiave
  • Alberto Magno (Albert the Great)
  • esegesi biblica (biblical exegesis)
  • Etica nicomachea (Nicomachean Ethics)
  • filosofia morale (moral philosophy)
  • libro di Giobbe (Book of Job)
Data inizio appello
16/11/2020
Consultabilità
Tesi non consultabile
Riassunto
Questa tesi è una lettura morale del commento di Alberto Magno al libro di Giobbe. Scritto dopo che il Domenicano aveva assimilato e ripensato l’"Etica nicomachea" di Aristotele, il "Super Iob" dialoga con la filosofia morale aristotelica per affrontare i problemi da sempre posti dal libro biblico: Giobbe è veramente il virtuoso che ci viene presentato nel prologo? Come dobbiamo intendere la proverbiale "pazienza" di fronte alla sofferenza? Il lamento improvviso che erompe nel capitolo 3 è invece espressione di "impazienza"? Giobbe viene brutalmente schiacciato dai discorsi finali di Dio o impara qualcosa? E se impara, che tipo di lezione riceve? La tesi analizza come Alberto risponda a queste domande con gli strumenti della propria filosofia morale, tracciando così un percorso di trasformazione etica che dalla virtù e dalla protesta conduce alla comprensione della giustizia di Dio e della natura umana.

This thesis is a moral reading of Albert the Great’s commentary on the Book of Job. Written after the Dominican had assimilated and reworked Aristotle’s "Nicomachean Ethics", the "Super Iob" converses with Aristotelian moral philosophy to address the queries that the biblical book has always given rise to: is Job really the virtuous man portrayed in the prologue? How should we conceive his proverbial "forbearance" in the face of his plight? When he bursts into lamentation at the beginning of chapter 3, is Job being rebelliously "impatient"? Is he brutally overwhelmed by God’s final speeches or does he learn something? And if he does, what kind of lesson does he receive? My thesis analyses how Albert answers these questions with the tools of his own moral philosophy, thus sketching an itinerary of ethical transformation which from virtue and protest leads to the comprehension of God’s justice and human nature.
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