Tesi etd-10282021-103344 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
GAMBINA, PIERO FRANCESCO
URN
etd-10282021-103344
Titolo
Le Fables di Jean de La Fontaine tra tradizione e innovazione: dall'apologo esopico alla poesia siciliana di Giovanni Meli
Dipartimento
FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA
Corso di studi
LETTERATURE E FILOLOGIE EURO - AMERICANE
Relatori
relatore Prof.ssa Sommovigo, Barbara
correlatore Prof.ssa Fedi, Francesca
correlatore Prof.ssa Fedi, Francesca
Parole chiave
- p.g.
Data inizio appello
15/11/2021
Consultabilità
Tesi non consultabile
Riassunto
La tradizione favolistica ha origini ben lontane che si sono tramandate oralmente nel
corso dei secoli, ma certamente l'autore più rappresentativo di questo genere di letteratura è Jean de La Fontaine (1621-1695), noto drammaturgo e autore di favole e novelle vissuto nel Seicento durante il periodo della monarchia assolutista di Luigi XIV. La Fontaine fra i tanti autori che hanno trattato la favola è senza dubbio riuscito a farsi portavoce e modello ideale di un genere che fino a quel momento aveva avuto poco seguito ed era rimasto marginale all'interno della storia della letteratura, destinato principalmente alla didattica e all'insegnamento. Il poeta si rifà alla tradizione classica e, al pari di Esopo e di Fedro, scrive delle favole che mettono in scena vizi e difetti umani, caratterizzate da una morale che invita il lettore ad una riflessione su certi aspetti della vita, ma introduce anche diversi elementi di innovazione. C'è da dire però che l'intera opera di La Fontaine presenta un evidente intento celebrativo del re di Francia e pertanto allude molto spesso a satire di carattere politico e/o sociale, nonché elogi di personaggi illustri e di corte. La prima raccolta di Fables di La Fontaine viene pubblicata nel 1668 ed è costituita da sei libri organizzati in un opera che risulta coerente e completa, a cui precede una doppia dedica al Delfino e una «préface» nella quale l'autore delinea le caratteristiche principali dell'apologo, alla cui base troviamo naturalmente il modello esopico e quello fedriano ripresi anche in ambito umanistico e rinascimentale. Grazie al contributo di Jean de La Fontaine, la tradizione favolistica raggiunge quindi il suo massimo splendore nella Francia del XVII secolo ma, con il suo stile innovativo, la poetica di La Fontaine ha fortemente condizionato tutta la favolistica del Settecento, non soltanto in Francia ma anche nel resto dell'Europa. Sia direttamente che indirettamente, la capillare diffusione delle Fables ne è la testimonianza e anche l'Italia risente di questa influenza, sebbene con un secolo di ritardo. Non meno importanti sono da considerare tutti quei favolisti italiani del Settecento la cui produzione è riconducibile all’ambito della letteratura dialettale. Alcuni esempi di questo tipo di letteratura, almeno per quanto riguarda la favolistica, li ritroviamo all'inizio del secolo quando cominciano a diffondersi le prime traduzioni di Fedro. A questo riguardo, infatti, prenderemo in analisi un autore italiano, nello specifico siciliano, che pubblica una raccolta di favole in vernacolo e si dimostra un profondo conoscitore di La Fontaine. Avendo discusso la diffusione del genere dell'apologo ed essendoci ampiamente soffermati sull'opera di La Fontaine, nel capitolo finale ci occuperemo quindi del confronto tra il celebre autore francese e il palermitano Giovanni Meli (1740-1815), analizzando divergenze e punti in comune tra alcune favole di La Fontaine e i rifacimenti settecenteschi che il Meli ripropone in lingua siciliana.
corso dei secoli, ma certamente l'autore più rappresentativo di questo genere di letteratura è Jean de La Fontaine (1621-1695), noto drammaturgo e autore di favole e novelle vissuto nel Seicento durante il periodo della monarchia assolutista di Luigi XIV. La Fontaine fra i tanti autori che hanno trattato la favola è senza dubbio riuscito a farsi portavoce e modello ideale di un genere che fino a quel momento aveva avuto poco seguito ed era rimasto marginale all'interno della storia della letteratura, destinato principalmente alla didattica e all'insegnamento. Il poeta si rifà alla tradizione classica e, al pari di Esopo e di Fedro, scrive delle favole che mettono in scena vizi e difetti umani, caratterizzate da una morale che invita il lettore ad una riflessione su certi aspetti della vita, ma introduce anche diversi elementi di innovazione. C'è da dire però che l'intera opera di La Fontaine presenta un evidente intento celebrativo del re di Francia e pertanto allude molto spesso a satire di carattere politico e/o sociale, nonché elogi di personaggi illustri e di corte. La prima raccolta di Fables di La Fontaine viene pubblicata nel 1668 ed è costituita da sei libri organizzati in un opera che risulta coerente e completa, a cui precede una doppia dedica al Delfino e una «préface» nella quale l'autore delinea le caratteristiche principali dell'apologo, alla cui base troviamo naturalmente il modello esopico e quello fedriano ripresi anche in ambito umanistico e rinascimentale. Grazie al contributo di Jean de La Fontaine, la tradizione favolistica raggiunge quindi il suo massimo splendore nella Francia del XVII secolo ma, con il suo stile innovativo, la poetica di La Fontaine ha fortemente condizionato tutta la favolistica del Settecento, non soltanto in Francia ma anche nel resto dell'Europa. Sia direttamente che indirettamente, la capillare diffusione delle Fables ne è la testimonianza e anche l'Italia risente di questa influenza, sebbene con un secolo di ritardo. Non meno importanti sono da considerare tutti quei favolisti italiani del Settecento la cui produzione è riconducibile all’ambito della letteratura dialettale. Alcuni esempi di questo tipo di letteratura, almeno per quanto riguarda la favolistica, li ritroviamo all'inizio del secolo quando cominciano a diffondersi le prime traduzioni di Fedro. A questo riguardo, infatti, prenderemo in analisi un autore italiano, nello specifico siciliano, che pubblica una raccolta di favole in vernacolo e si dimostra un profondo conoscitore di La Fontaine. Avendo discusso la diffusione del genere dell'apologo ed essendoci ampiamente soffermati sull'opera di La Fontaine, nel capitolo finale ci occuperemo quindi del confronto tra il celebre autore francese e il palermitano Giovanni Meli (1740-1815), analizzando divergenze e punti in comune tra alcune favole di La Fontaine e i rifacimenti settecenteschi che il Meli ripropone in lingua siciliana.
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