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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-10252022-000425


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
RICCI, FILIPPO
URN
etd-10252022-000425
Titolo
Il caso de La Riforma dell'Alcorano
Dipartimento
CIVILTA' E FORME DEL SAPERE
Corso di studi
STORIA E CIVILTÀ
Relatori
relatore Prof.ssa Cassina, Cristina
relatore Prof. Addobbati, Andrea
Parole chiave
  • Alcorano
  • anonimo
  • Boetti
  • Buonarroti
  • Garrone
  • gesuiti
  • Gustà
  • Mansur
  • opuscolo
  • Piombi
  • riforma
  • Timpanaro
  • Venturi
Data inizio appello
14/11/2022
Consultabilità
Completa
Riassunto
Il presente lavoro contiene una disanima inerente quello che si è scoperto essere un curioso ed ingarbugliato caso storiografico e filologico. Attribuita alla fine del XX secolo a Filippo Buonarroti da parte di Franco e Venturi e Alessandro Galante Garrone, l'opuscolo intitolato "La Riforma dell'Alcorano" è un breve scritto anonimo dal sapore utopistico, uscito dai torchi della stamperia fiorentina di Anton Giuseppe Pagani nel 1786 e pubblicizzato dal periodico "Gazzetta universale" di Vincenzo Piombi. Dal momento che il contenuto di questo libello tratta di un sedicente profeta illuminato denominato scheic Mansur - realmente esistito all'epoca -, intento a portare una nuova epoca di libertà, uguaglianza e giustizia, i due eminenti storici italiani ne attribuirono la paternità al ventenne Buonarroti, all'epoca cittadino fiorentino e collaboratore dello stampatore ed editore Piombi.
Nonostante una serie di accurati saggi a riguardo (tra cui un volume edito dalla casa editrice Sellerio nel 1992), a dubitare delle tesi di Venturi e Garrone fu per prima la filologa ed esperta di storia della stampa fiorentina Maria Augusta Morelli Timpanaro, che con un breve ma ricco saggio pubblicato con un volume edito da ETS a distanza di un anno dall'edizione selleriana, mostra il suo scetticismo dinanzi le conclusioni buonarrotiane.
Lo scopo della mia ricerca ha il duplice obiettivo di presentare questo breve e quasi sconosciuto dibattito, mostrando come non si possa apporre la parola fine alla questione dell'Alcorano dopo l'attribuzione effettuata da Venturi e Garrone, dai più considerata come assolutamente attendibile. Oltre a ciò, la seconda parte del lavoro è incentrata sulla ricerca di una nuova verità ed una nuova pista storiografica da seguire in merito alla paternità di questo opuscolo, da riscontrare nell'ambiente degli esuli gesuiti spagnoli presenti in Italia durante gli anni ottanta del XVIII secolo. Attraverso fonti che ci indicano un nome ben preciso collegato a La Riforma dell'Alcorano, quello del gesuita Francisco Gustà, e altre due sue pubblicazioni tra Rimini e Foligno datate sempre 1786, intendo ripercorrere la vicenda che portò molti ex membri spagnoli della Compagnia di Gesù a dialogare con l'"intellighenzia" fiorentina del tempo, rappresentata da Giuseppe Pelli Bencivenni e lo stesso Piombi. Da tale aspetto sembra così emergere una nuova ed interessante dimensione inerente il nostro opuscolo, quella di uno scritto polemico di marca gesuitica e diretto alla controparte giansenista toscana, la quale vedeva la massima espressione in Scipione de' Ricci, sostenitore del riformismo di Giuseppe II e del fratello Pietro Leopoldo di Lorena, granduca di Toscana.
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