Tesi etd-10252016-091055 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
PENNO, GIULIA
URN
etd-10252016-091055
Titolo
Tomografia Elettrica 2D e 3D come strumento di imaging di strutture sepolte: strategie di elaborazione e inversione 2D e 3D di dati geoelettrici in un contesto archeologico urbano.
Dipartimento
SCIENZE DELLA TERRA
Corso di studi
GEOFISICA DI ESPLORAZIONE E APPLICATA
Relatori
relatore Prof. Ribolini, Adriano
correlatore Dott. Morelli, Gianfranco
controrelatore Prof. Costantini, Paolo
correlatore Dott. Morelli, Gianfranco
controrelatore Prof. Costantini, Paolo
Parole chiave
- inversione robusta
- problema diretto
- problema inverso
- tomografia elettrica 2D e 3D
Data inizio appello
18/11/2016
Consultabilità
Completa
Riassunto
Scopo del presente lavoro di tesi è quello di valutare l’applicabilità della geoelettrica 2D e 3D in un contesto archeologico urbano. In particolare tale lavoro verte sull’acquisizione, inversione e interpretazione di dati di tomografia elettrica 2D e 3D al fine di indagare la stratigrafia tramite le variazioni di resistività del sottosuolo e nello specifico di verificare la presenza di eventuali resti di edifici pubblici quale l’anfiteatro romano (Dr. Paolo Storchi “topografia romana di Regium Lepidi”, 2009).
L’obiettivo della tomografia di resistività elettrica (ERT) è fornire immagini sulla distribuzione 2D e 3D della resistività del sottosuolo. Ciò è possibile tramite l’analisi delle variazioni di un campo elettrico generato artificialmente, prodotte dall’eterogeneità resistiva del sottosuolo.
La resistività elettrica, espressa nel sistema SI in Ωm, è una caratteristica intrinseca del sottosuolo e dipende sia dalla sua composizione chimica che dalle proprietà fisiche, come la porosità e la saturazione in acqua.
In questo lavoro sono stati realizzati 12 profili 2D e , successivamente, un profilo 3D tramite il georesistivimetro SYSCAL Pro (Iris Instruments).
Con la tomografia elettrica 2D sono stati effettuati 10 stendimenti rettilinei paralleli distanti tra loro 20 m e altri due stendimenti, separati sempre da 20 m, ma con inclinazione differente ai precedenti. Ogni stendimento, lungo 144 m, è costituito da 72 elettrodi equispaziati l’uno dall’altro da 2 m.
Per ogni acquisizione bidimensionale sono state utilizzate due diverse configurazioni elettrodiche: Dipolo – Dipolo e Wenner – Schlumberger.
Il motivo di tale scelta risiede nel fatto che l’unione di queste due configurazioni permette di ottenere un risultato che abbia le caratteristiche di entrambe: una buona risoluzione sia verticale (WS) che orizzontale (DD) e una modesta profondità di indagine, garantendo così un risultato ottimale per lo scopo prefissato.
Il profilo 3D è effettuato tramite due linee parallele, entrambe composte da 48 elettrodi distanti tra loro 2 m. Le tecniche 3D forniscono dati sicuramente più accurati rispetto alla tecnica 2D, ma sono ancora costose a causa dei lunghi tempi di acquisizione legati all’impossibilità di effettuare più di una misura nello stesso tempo ed ai tempi di elaborazione della maggiore quantità di dati. Per questo l’acquisizione 3D è stata effettuata in un secondo momento solo nella zona di maggior interesse identificata dai risultati delle acquisizioni 2D.
Per l’acquisizione 3D è stata utilizzata la configurazione dipolo – dipolo poiché risulta essere la migliore dal punto di vista della profondità di indagine.
Al fine di ottenere risultati soddisfacenti dalle indagini ERT, prima di procedere all’inversione, è stato necessario fare opportuni filtraggi per non includere nelle immagini finali informazioni sbagliate e per evitare un rallentamento nel processo di inversione. In un secondo momento sono stati inseriti i valori adeguati ai parametri che servono per configurare il processo di inversione.
Il software ERTLab ha permesso di eseguire step di filtraggio in maniera completa, dalla generazione della sequenza dei dati, all’inversione, alla rappresentazione grafica dei risultati.
Per tutte le acquisizione sono effettuate diverse prove per capire quali sarebbero stati i migliori parametri da utilizzare nelle inversioni.
L’algoritmo di inversione che sta alla base del metodo ERT deve essere in grado di risolvere accuratamente anomalie sia conduttive che resistive, indipendentemente dalle condizioni di misura e dagli eventuali errori dell’operatore.
Precedenti metodi di interpretazione della tomografia elettrica necessitavano di avere dati causali con errori normalmente distribuiti e varianza nota. Tuttavia nella realtà risulta difficile, se non impossibile, determinare il vero valore della varianza dei dati durante le acquisizioni in campagna.
Per questo motivo sono stati raggiunti dei grandi miglioramenti grazie all’invenzione di un sistema di inversione statisticamente robusto, il quale garantisce una convergenza più rapida della soluzione, la disponibilità di un criterio di arresto delle iterazioni e la diminuzione della dipendenza sulla qualità dei dati misurati in campagna.
Miglioramenti nella interpretazione automatica dei dati ERT sono presentati in questo lavoro confrontando i risultati generati da entrambi gli algoritmi di inversione: l’inversione standard basata sull’inversione di Occam e l’algoritmo di inversione robusta basato sull’inversione di Occam e sull’algoritmo dei minimi quadrati ponderati.
L’originale inversione di Occam risulta particolarmente adeguata solo nel caso in cui gli errori nei dati sono casuali, normalmente distribuiti e di varianza nota. Lo schema di inversione robusta invece da ottimi risultati quando gli errori sui dati sono stimati in maniera approssimativa, come accade nella realtà.
Dal punto di vista geologico/archeologico i risultati della resistività indicano materiale di riporto, detriti, diffuse radici di alberi ma anche strutture monumentali tra i 5 e 10 m di profondità evidenziate da anomalie con valori di resistività (> 60 Ωm) compatibili con quelli di analoghe strutture in laterizio rinvenute in altre città limitrofe alla zona di indagine.
Intorno ai 5 m di profondità si è individuata la fondazione della cittadella e probabilmente parte del bastione settentrionale, mentre fino a 8-10 m di profondità si individuano massicce strutture in laterizio presumibilmente pertinenti alle fondazioni di un grande edificio di forma ellittica.
L’ipotesi fu formulata già da alcuni anni dallo studioso reggiano Paolo Storchiche, in base all’esame di alcuni documenti e mappe antiche (a partire da una carta del 1599 che mostra chiaramente un’anomalia nella cinta muraria della cittadella), aveva individuato l’anfiteatro alla confluenza tra Viale Allegri e la circonvallazione di Reggio.
Se si confrontano i risultati di questo lavoro con le elaborazioni pubblicate da Storchi (2009) e con le vecchie stampe riproducenti le mura della cittadella, si possono confermare alcune evidenti coincidenze.
L’ipotesi di Storchi partiva dal presupposto che la forma ellittica delle mura poteva indicare la presenza sotterranea di un edificio per spettacoli.
Le anomalie geofisiche riscontrate nelle immagini risultanti di questo lavoro infatti indicano strutture di forma ellittica nella parte NW del Parco del Popolo, proprio tra viale Allegri e Viale Isonzo.
Dal punto di vista geofisico il sistema di inversione robusta sviluppato è in grado di affrontare due problemi tipici di set di dati utilizzati per l’interpretazione ERT che l’inversione standard non è in grado di fare: gli errori nelle procedure di acquisizione in campagna e la difficoltà nella stima del livello di rumore.
Assegnando diversi valori dei parametri dell’inversione otteniamo risultati differenti: aumentando o diminuendo eccessivamente i valori di resistività di fondo e la percentuale di noise otteniamo risultato errati, si creano delle immagini troppo blande o totalmente irreali. Quindi modificare i parametri comporta l’aumento del dettaglio sia orizzontale che verticale ma aumenta anche il rischio di provocare artefatti.
Concludendo i risultati ottenuti sono certamente sorprendenti e considerevoli e richiamano la rilevanza scientifica di indagini rapide e non invasive per lo studio di insediamenti urbani stratificati.
L’obiettivo della tomografia di resistività elettrica (ERT) è fornire immagini sulla distribuzione 2D e 3D della resistività del sottosuolo. Ciò è possibile tramite l’analisi delle variazioni di un campo elettrico generato artificialmente, prodotte dall’eterogeneità resistiva del sottosuolo.
La resistività elettrica, espressa nel sistema SI in Ωm, è una caratteristica intrinseca del sottosuolo e dipende sia dalla sua composizione chimica che dalle proprietà fisiche, come la porosità e la saturazione in acqua.
In questo lavoro sono stati realizzati 12 profili 2D e , successivamente, un profilo 3D tramite il georesistivimetro SYSCAL Pro (Iris Instruments).
Con la tomografia elettrica 2D sono stati effettuati 10 stendimenti rettilinei paralleli distanti tra loro 20 m e altri due stendimenti, separati sempre da 20 m, ma con inclinazione differente ai precedenti. Ogni stendimento, lungo 144 m, è costituito da 72 elettrodi equispaziati l’uno dall’altro da 2 m.
Per ogni acquisizione bidimensionale sono state utilizzate due diverse configurazioni elettrodiche: Dipolo – Dipolo e Wenner – Schlumberger.
Il motivo di tale scelta risiede nel fatto che l’unione di queste due configurazioni permette di ottenere un risultato che abbia le caratteristiche di entrambe: una buona risoluzione sia verticale (WS) che orizzontale (DD) e una modesta profondità di indagine, garantendo così un risultato ottimale per lo scopo prefissato.
Il profilo 3D è effettuato tramite due linee parallele, entrambe composte da 48 elettrodi distanti tra loro 2 m. Le tecniche 3D forniscono dati sicuramente più accurati rispetto alla tecnica 2D, ma sono ancora costose a causa dei lunghi tempi di acquisizione legati all’impossibilità di effettuare più di una misura nello stesso tempo ed ai tempi di elaborazione della maggiore quantità di dati. Per questo l’acquisizione 3D è stata effettuata in un secondo momento solo nella zona di maggior interesse identificata dai risultati delle acquisizioni 2D.
Per l’acquisizione 3D è stata utilizzata la configurazione dipolo – dipolo poiché risulta essere la migliore dal punto di vista della profondità di indagine.
Al fine di ottenere risultati soddisfacenti dalle indagini ERT, prima di procedere all’inversione, è stato necessario fare opportuni filtraggi per non includere nelle immagini finali informazioni sbagliate e per evitare un rallentamento nel processo di inversione. In un secondo momento sono stati inseriti i valori adeguati ai parametri che servono per configurare il processo di inversione.
Il software ERTLab ha permesso di eseguire step di filtraggio in maniera completa, dalla generazione della sequenza dei dati, all’inversione, alla rappresentazione grafica dei risultati.
Per tutte le acquisizione sono effettuate diverse prove per capire quali sarebbero stati i migliori parametri da utilizzare nelle inversioni.
L’algoritmo di inversione che sta alla base del metodo ERT deve essere in grado di risolvere accuratamente anomalie sia conduttive che resistive, indipendentemente dalle condizioni di misura e dagli eventuali errori dell’operatore.
Precedenti metodi di interpretazione della tomografia elettrica necessitavano di avere dati causali con errori normalmente distribuiti e varianza nota. Tuttavia nella realtà risulta difficile, se non impossibile, determinare il vero valore della varianza dei dati durante le acquisizioni in campagna.
Per questo motivo sono stati raggiunti dei grandi miglioramenti grazie all’invenzione di un sistema di inversione statisticamente robusto, il quale garantisce una convergenza più rapida della soluzione, la disponibilità di un criterio di arresto delle iterazioni e la diminuzione della dipendenza sulla qualità dei dati misurati in campagna.
Miglioramenti nella interpretazione automatica dei dati ERT sono presentati in questo lavoro confrontando i risultati generati da entrambi gli algoritmi di inversione: l’inversione standard basata sull’inversione di Occam e l’algoritmo di inversione robusta basato sull’inversione di Occam e sull’algoritmo dei minimi quadrati ponderati.
L’originale inversione di Occam risulta particolarmente adeguata solo nel caso in cui gli errori nei dati sono casuali, normalmente distribuiti e di varianza nota. Lo schema di inversione robusta invece da ottimi risultati quando gli errori sui dati sono stimati in maniera approssimativa, come accade nella realtà.
Dal punto di vista geologico/archeologico i risultati della resistività indicano materiale di riporto, detriti, diffuse radici di alberi ma anche strutture monumentali tra i 5 e 10 m di profondità evidenziate da anomalie con valori di resistività (> 60 Ωm) compatibili con quelli di analoghe strutture in laterizio rinvenute in altre città limitrofe alla zona di indagine.
Intorno ai 5 m di profondità si è individuata la fondazione della cittadella e probabilmente parte del bastione settentrionale, mentre fino a 8-10 m di profondità si individuano massicce strutture in laterizio presumibilmente pertinenti alle fondazioni di un grande edificio di forma ellittica.
L’ipotesi fu formulata già da alcuni anni dallo studioso reggiano Paolo Storchiche, in base all’esame di alcuni documenti e mappe antiche (a partire da una carta del 1599 che mostra chiaramente un’anomalia nella cinta muraria della cittadella), aveva individuato l’anfiteatro alla confluenza tra Viale Allegri e la circonvallazione di Reggio.
Se si confrontano i risultati di questo lavoro con le elaborazioni pubblicate da Storchi (2009) e con le vecchie stampe riproducenti le mura della cittadella, si possono confermare alcune evidenti coincidenze.
L’ipotesi di Storchi partiva dal presupposto che la forma ellittica delle mura poteva indicare la presenza sotterranea di un edificio per spettacoli.
Le anomalie geofisiche riscontrate nelle immagini risultanti di questo lavoro infatti indicano strutture di forma ellittica nella parte NW del Parco del Popolo, proprio tra viale Allegri e Viale Isonzo.
Dal punto di vista geofisico il sistema di inversione robusta sviluppato è in grado di affrontare due problemi tipici di set di dati utilizzati per l’interpretazione ERT che l’inversione standard non è in grado di fare: gli errori nelle procedure di acquisizione in campagna e la difficoltà nella stima del livello di rumore.
Assegnando diversi valori dei parametri dell’inversione otteniamo risultati differenti: aumentando o diminuendo eccessivamente i valori di resistività di fondo e la percentuale di noise otteniamo risultato errati, si creano delle immagini troppo blande o totalmente irreali. Quindi modificare i parametri comporta l’aumento del dettaglio sia orizzontale che verticale ma aumenta anche il rischio di provocare artefatti.
Concludendo i risultati ottenuti sono certamente sorprendenti e considerevoli e richiamano la rilevanza scientifica di indagini rapide e non invasive per lo studio di insediamenti urbani stratificati.
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