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La tesi prende in esame l'evoluzione delle politiche del tempo di lavoro e del tempo libero tra le due guerre, attraverso un analisi del confronto tra l'Italia e l'Organizzazione internazionale del lavoro.
La ricerca si muove tra il piano nazionale e quello transnazionale, per indagare gli scambi e i conflitti relativi a un nuovo problema sociale emerso nel primo dopoguerra, in seguito alla generalizzazione di un nuovo regime del tempo di lavoro (le otto ore) sotto la spinta delle lotte sociali. La dimensione politica della questione è considerata dal punto di vista delle risposte e dei modelli elaborati da un gruppo di attori - leader riformisti, industriali, funzionari, élite riformatrici - impegnati nella ricerca di forme nuove di rappresentanza e negoziazione all'interno della società industriale. In questo quadro, la considerazione del caso italiano permette sia di esaminare gli elementi di continuità e discontinuità introdotti dal fascismo, impegnato in un tentativo di legittimazione internazionale della propria politica sociale, sia di misurare lo scarto tra i dibattiti, i modelli e le politiche effettive.
L'arco cronologico esaminato, cioè il periodo tra le due guerre, consente infine di individuare un profondo cambiamento di segno del problema del tempo di lavoro e del tempo libero tra l'immediato dopoguerra e gli anni della crisi economica.