Tesi etd-10232019-170411 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
BRONZINI, MATTIA
URN
etd-10232019-170411
Titolo
"Il processo di recovery nelle residenze psichiatriche Italiane: un confronto tra l'abitare supportato e la residenza psichiatrica sul tema della qualità della vita e dello stigma del paziente"
Dipartimento
PATOLOGIA CHIRURGICA, MEDICA, MOLECOLARE E DELL'AREA CRITICA
Corso di studi
PSICOLOGIA CLINICA E DELLA SALUTE
Relatori
relatore Prof.ssa Aloisi, Maria Stella
controrelatore Prof.ssa Smorti, Martina
controrelatore Prof.ssa Smorti, Martina
Parole chiave
- abitare supportato
- qualità di vita
- recovery
- residenzialità psichiatrica
- stigma
Data inizio appello
27/11/2019
Consultabilità
Completa
Riassunto
Le strutture residenziali psichiatriche (SRP) presenti in Italia sono progettate per la presa in carico e la riabilitazione di pazienti con importanti compromissioni della sfera personale e sociale. L’accoglienza è riservata a soggetti diagnosticati con disturbo schizofrenico, dello spettro psicotico, grave disturbo affettivo o di personalità. Il sistema si basa sul concetto di recovery, per cui il paziente è accompagnato verso una maggiore autonomia grazie all’ottimizzazione delle capacità residue e alla compensazione delle carenze, il tutto in un clima di collaborazione attiva.
In Italia, le SRP sono divise in tre livelli di intensità riabilitativa: SRP1, SRP2 ed SRP3 (a sua volta diviso in 3 sottocategorie). Le prestazioni sono garantite da un team multidisciplinare composto da psichiatri, psicologi, infermieri ed educatori. Secondo un andamento decrescente, all’interno delle SRP1 sono garantiti interventi 24 ore al giorno ad alta intensità riabilitativa (riabilitazione intensiva). Le SRP2 sono adibite ad interventi a media intensità riabilitativa, rivolti soprattutto a pazienti stabilizzati ma con residue difficoltà personali e sociali, meritevoli comunque di assistenza 24 ore al giorno (riabilitazione estensiva). Le SRP3, invece, sono strutture a grado variabile di riabilitazione, con personale presente fino a 24 ore giornaliere, 12 ore oppure fasce orarie. A questo livello, i programmi sono maggiormente incentrati sulla socio-riabilitazione.
Oltre alle SRP, esiste la possibilità per il paziente di essere inserito in un programma di “abitare supportato”. Se il processo di recovery è andato a buon fine, il soggetto può andare a vivere autonomamente in strutture dove solo saltuariamente è prevista l’assistenza di personale sanitario. Il contesto presenta quindi numerose sfide sia di ordine personale che di ordine sociale per il soggetto, ora maggiormente responsabilizzato e autosufficiente rispetto ai precedenti stadi di riabilitazione. Si tratta spesso di una soluzione in caso di impossibilità di reinserimento all’interno del nucleo familiare.
Scopo del presente lavoro di tesi è di valutare alcuni aspetti del processo di recovery tra i pazienti inseriti all’interno del sistema di cure su base residenziale, in particolare la qualità della vita e il costrutto di stigma. La ricerca verrà svolta sul territorio di competenza della USL Toscana Nordovest, in particolare all’interno del centro terapeutico riabilitativo Basaglia di Putignano (PI) e in alcuni appartamenti in provincia di Pisa. Proponiamo di misurare entrambi i costrutti all’interno di un campione di pazienti eterogeneo sotto il profilo dell'autonomia raggiunta, del quadro clinico e della struttura di inserimento. Il confronto avviene tra i valori misurati per gli utenti del centro Basaglia e coloro che vivono la condizione di abitare supportato. L’ipotesi è che, per quanto riguarda la qualità della vita, si registri un punteggio a vantaggio dell’abitare supportato rispetto alla struttura riabilitativa a intervento più intensivo. Al contrario, l’ipotesi relativa al costrutto di stigma è che non necessariamente segua lo stesso andamento della qualità di vita. Dato che nell’abitare supportato il soggetto è inserito in un contesto quanto più vicino alla “normalità”, quindi con numerose sfide sia per quanto riguarda la sfera personale, ma soprattutto quella sociale, si ipotizza che possa soffrire maggiormente una etichettatura negativa (da parte del vicinato ad esempio) piuttosto che in fasi precedenti e più “protette” di riabilitazione.
Gli strumenti utilizzati per la misurazione della qualità di vita includono il test RAS (scala di valutazione della recovery), e il questionario WHOQOL breve. Lo stigma viene invece misurato tramite il questionario QUO (questionnaire on user’s opinion). Si tratta di un questionario composto da 50 items, contenente sia domande aperte sia items con scala likert a 4 punti. Tutti gli strumenti citati godono di validazione italiana.
In Italia, le SRP sono divise in tre livelli di intensità riabilitativa: SRP1, SRP2 ed SRP3 (a sua volta diviso in 3 sottocategorie). Le prestazioni sono garantite da un team multidisciplinare composto da psichiatri, psicologi, infermieri ed educatori. Secondo un andamento decrescente, all’interno delle SRP1 sono garantiti interventi 24 ore al giorno ad alta intensità riabilitativa (riabilitazione intensiva). Le SRP2 sono adibite ad interventi a media intensità riabilitativa, rivolti soprattutto a pazienti stabilizzati ma con residue difficoltà personali e sociali, meritevoli comunque di assistenza 24 ore al giorno (riabilitazione estensiva). Le SRP3, invece, sono strutture a grado variabile di riabilitazione, con personale presente fino a 24 ore giornaliere, 12 ore oppure fasce orarie. A questo livello, i programmi sono maggiormente incentrati sulla socio-riabilitazione.
Oltre alle SRP, esiste la possibilità per il paziente di essere inserito in un programma di “abitare supportato”. Se il processo di recovery è andato a buon fine, il soggetto può andare a vivere autonomamente in strutture dove solo saltuariamente è prevista l’assistenza di personale sanitario. Il contesto presenta quindi numerose sfide sia di ordine personale che di ordine sociale per il soggetto, ora maggiormente responsabilizzato e autosufficiente rispetto ai precedenti stadi di riabilitazione. Si tratta spesso di una soluzione in caso di impossibilità di reinserimento all’interno del nucleo familiare.
Scopo del presente lavoro di tesi è di valutare alcuni aspetti del processo di recovery tra i pazienti inseriti all’interno del sistema di cure su base residenziale, in particolare la qualità della vita e il costrutto di stigma. La ricerca verrà svolta sul territorio di competenza della USL Toscana Nordovest, in particolare all’interno del centro terapeutico riabilitativo Basaglia di Putignano (PI) e in alcuni appartamenti in provincia di Pisa. Proponiamo di misurare entrambi i costrutti all’interno di un campione di pazienti eterogeneo sotto il profilo dell'autonomia raggiunta, del quadro clinico e della struttura di inserimento. Il confronto avviene tra i valori misurati per gli utenti del centro Basaglia e coloro che vivono la condizione di abitare supportato. L’ipotesi è che, per quanto riguarda la qualità della vita, si registri un punteggio a vantaggio dell’abitare supportato rispetto alla struttura riabilitativa a intervento più intensivo. Al contrario, l’ipotesi relativa al costrutto di stigma è che non necessariamente segua lo stesso andamento della qualità di vita. Dato che nell’abitare supportato il soggetto è inserito in un contesto quanto più vicino alla “normalità”, quindi con numerose sfide sia per quanto riguarda la sfera personale, ma soprattutto quella sociale, si ipotizza che possa soffrire maggiormente una etichettatura negativa (da parte del vicinato ad esempio) piuttosto che in fasi precedenti e più “protette” di riabilitazione.
Gli strumenti utilizzati per la misurazione della qualità di vita includono il test RAS (scala di valutazione della recovery), e il questionario WHOQOL breve. Lo stigma viene invece misurato tramite il questionario QUO (questionnaire on user’s opinion). Si tratta di un questionario composto da 50 items, contenente sia domande aperte sia items con scala likert a 4 punti. Tutti gli strumenti citati godono di validazione italiana.
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