Tesi etd-10222020-111830 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
BALDI, GIORGIA
URN
etd-10222020-111830
Titolo
Vissuti di donne scrittrici durante la dittatura di Ceauşescu e il fascismo italiano
Dipartimento
FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA
Corso di studi
ITALIANISTICA
Relatori
relatore Prof.ssa David, Emilia
correlatore Prof. Brugnolo, Stefano
correlatore Prof. Brugnolo, Stefano
Parole chiave
- Ceausescu
- comunismo
- donne
- fascismo
- Italia
- letteratura
- Radu Pavel Gheo
- regime totalitario
- Romania
Data inizio appello
16/11/2020
Consultabilità
Completa
Riassunto
La suddetta tesi si è concentrata sulla condizione delle donne, con uno sguardo particolare alle scrittrici che hanno vissuto sotto regimi totalitari: quello di Ceauşescu in Romania e quello fascista in Italia.
Nel primo capitolo, prima di concentrarsi sull’aspetto letterario della questione, è stato ritenuto necessario soffermarsi sulle vicende storiche che hanno portato al regime dittatoriale di Nicolae Ceauşescu, partendo dalla Prima Guerra Mondiale, fino ad arrivare agli anni dell’ascesa del leader e alla sua caduta.
Particolare attenzione è stata prestata alla riforma demografica realizzata nel 1966 che prende il nome di decreto 770. Con questo decreto Ceauşescu, per risanare il brusco calo della popolazione che si era verificato in Romania all’inizio del decennio, decise di abolire l’aborto e ogni forma di contraccezione, affermando che il feto fosse proprietà dello Stato stesso. Le donne iniziarono a essere sottoposte a una costante vigilanza da parte della suddetta “polizia mestruale”, agenti governativi con formazione sanitaria che obbligavano le donne a periodiche visite ginecologiche. Chiunque venisse scoperta a trasgredire poteva essere denunciata e finire in prigione.
Tutto questo portò alla formazione di orfanotrofi statali in cui vennero ammassati più di 170.000 bambini, a causa delle condizioni di estrema povertà delle famiglie, troppo povere per poter sfamare molte bocche. Ai numerosi abbandoni si affiancarono moltissimi aborti clandestini, che ebbero come conseguenza un tasso elevato di decessi delle madri che si opponevano alle regole di regime, lottando per la propria libertà e indipendenza.
I successivi capitoli, invece, sono entrambi incentrati sulla questione letteraria. Il tema principale annunciato, la condizione della donna sia da un punto di vista personale che intellettuale, sarà analizzato nelle opere di tre poetesse vissute sotto il regime dittatoriale, per cui è stato necessario fare delle considerazioni sulla censura di quegli anni.
Nella Romania di Ceauşescu “la resistenza attraverso la cultura” fu possibile solamente da parte di alcuni gruppi di intellettuali o da parte di singoli autori, perché l’opposizione è stata esigua. La causa di ciò è attribuibile al ruolo che la censura ha avuto dal 1949 fino al 1989.
La censura, infatti, ebbe un ruolo dominante sia nell’ambito dell’informazione che delle pubblicazioni, utilizzata la maggior parte delle volte come propaganda politica, ma, nonostante questo, ci furono due gruppi che si opposero al leader e alle sue regole: la Generazione ’60 e la Generazione ’80.
La maggior rappresentante della Generazione ’60 è stata Ana Blandiana, autrice che si contraddistingue per l’atteggiamento sia etico che politico della propria scrittura.
Attraverso componimenti quali La crociata dei bambini è possibile percepire tutta la rabbia e l’insofferenza delle donne romene verso un regime che, al posto di tutelarle, le condannava e privava della propria libertà. Una poesia molto breve ma nella quale il messaggio di rivalsa è molto forte da arrivare immediatamente al lettore e colpirlo dritto al cuore. La nascita, evento desiderato e felice, si trasforma durante il regime dittatoriale in una vera e propria condanna, portando a gravi conseguenze, sia fisiche che psicologiche.
Le stesse tematiche si ritrovano in Mariana Marin, una delle poetesse più intransigenti che ha rappresentato appieno la Generazione ’80.
Nel poema La casa della morte, così come aveva fatto anche Ana Blandiana, affronta le problematiche vissute dalle donne sotto la dittatura di Ceauşescu in seguito all’emanazione del decreto 770. Un poema molto breve ma estremamente toccante e immediato, in cui Mariana Marin riesce a fornire al lettore una chiara immagine di quella che era la condizione delle donne sotto il regime di Ceauşescu, definendo appunto il ventre della donna “casa della morte” e riducendo la nascita ad un atto controllato e privo di amore.
Ultima autrice affrontata in questa sede è Herta Müller, ricordata principalmente grazie alla tecnica del collage, da lei utilizzata in molte sue opere. Il collage consiste nell’ unire elementi della vita anche molto distanti fra di loro, facendoli comunicare, partendo così dalle cose più semplici e insignificanti fino ad arrivare a una vera e propria critica verso l’esterno. La Müller gioca con le parole, attraverso le quali critica il regime dittatoriale di Ceauşescu, proiettando sulla pagina l'interiorità spezzata dal trauma con appunto cocci di parole, che possono essere messi insieme, ma di cui i segni della rottura non possono essere eliminati.
Dopo la caduta del regime il tema viene trattato da un autore romeno contemporaneo che si è molto impegnato per far conoscere all’Occidente le vicissitudini accadute nella Romania totalitaria: Radu Pavel Gheo, del quale sono state analizzate come opere il romanzo Buona notte, bambini! e la raccolta di testimonianze di donne scrittrici curata insieme a Dan Lungu Compagne di viaggio. Racconti di donne ai tempi del comunismo.
Buona notte, bambini! è la storia di quattro amici, Cristina, Paul, Marius e Leopold, durante gli anni della dittatura di Ceauşescu. La trama è coinvolgente e si sviluppa intorno a due linee, sia cronologica che geografica, distinte: la Romania di Ceauşescu tra la fine degli anni Settanta e gli anni Ottanta e gli Stati Uniti del 2000.
Il racconto, oltre che essere un romanzo di formazione che narra la crescita dei singoli personaggi e le loro avventure, diventa un’occasione per l’autore di tracciare in modo chiaro e ben definito quelli che erano i disagi e le difficoltà di chi viveva in Romania ai tempi di Ceauşescu.
L’episodio centrale e significativo per il racconto è il tentativo di fuga dalla Romania da parte di tre dei quattro amici: Cristina, Marius e Leopold, durante il quale verranno scoperti e Cristina subirà una serie di abusi da parte delle guardie della frontiera.
La vicenda colpirà la giovane donna a tal punto da segnarla a vita e da perseguitarla sempre come uno spettro del quale non riuscirà più a liberarsi, neppure quando arriverà in America con Leopold e tenterà di sfondare nel mondo del cinema.
A seguito di quella vicenda l’infanzia di Cristina terminerà, ma anche ogni prospettiva futura diventerà vana, quasi come se quell’esperienza l’avesse marchiata a vita, impedendole di andare avanti e permettendo alle persone a lei vicine di sfruttarla e di abusare di lei.
In Compagne di viaggio, invece, per la prima volta la parola viene data a un gruppo di sedici scrittrici romene vissute sotto gli anni della dittatura di Ceauşescu. Ad esse Lungu e R. P. Gheo non forniscono linee guida o regole da seguire, ma semplicemente chiedono di raccontare, a loro piacimento e come meglio credono, quella che è stata la loro esperienza e come hanno vissuto quegli anni bui.
Il lettore rimane stupito ed esterrefatto nell’apprendere che cosa le donne abbiano dovuto subire e a quante libertà abbiano dovuto rinunciare in seguito all’emanazione del decreto 770, principalmente grazie alla naturalezza e la spontaneità con cui le scrittrici raccontano le proprie esperienze autobiografiche.
A delle tematiche così delicate e profonde si affianca uno stile semplice e chiaro, a tratti anche banale, che richiama la struttura del diario personale, ma che, proprio per questo, permette alle vicende narrate di arrivare dritte al cuore del lettore, catturandolo dalle prime pagine e tenendolo incollato alla pagina per tutta la durata della raccolta.
L’ultimo capitolo è dedicato a una scrittrice italiana, Goliarda Sapienza e alla sua opera L'arte della gioia.
L’arte della gioia si presenta fin da subito estremamente interessante a causa della propria storia editoriale: Goliarda Sapienza, infatti, non ha potuto vedere l’opera alla quale teneva tanto pubblicata per intero poiché giudicata dalla critica troppo sperimentale e immorale così da non meritare la completa pubblicazione.
Nel 1994, infatti, vennero pubblicati solamente 39 dei 95 capitoli totali e nel 1998 verranno divulgati solamente pochi esemplari postumi in versione integrale. Sarà grazie ad Angelo Pellegrino, figura che ha assistito alla realizzazione del romanzo, che il grande pubblico ha potuto finalmente conoscere L’arta della gioia e la sua protagonista, Modesta.
Così come Cristina anche Modesta subisce da bambina un abuso, ma tra le due c’è una grande differenza: se Cristina non riesce a risollevarsi da quella nefasta esperienza e si arrende al proprio destino, per Modesta non è proprio così. Modesta si fa forza e comprende che l’unico modo per sopravvivere alla vita è essere più furba degli altri, capendo fin da subito che cosa sia importante e anticipando il prossimo attraverso una serie di intrighi.
Tutte queste donne, sebbene siano vissute in epoche storiche diverse, hanno dimostrato come niente sia più importante della libertà, sia personale che artistica, di come ognuno di noi debba conoscere la Storia e il proprio passato, per fare in modo che abusi e ingiustizie di qualunque tipo non debbano mai accadere e ancor meno ripetersi.
Nel primo capitolo, prima di concentrarsi sull’aspetto letterario della questione, è stato ritenuto necessario soffermarsi sulle vicende storiche che hanno portato al regime dittatoriale di Nicolae Ceauşescu, partendo dalla Prima Guerra Mondiale, fino ad arrivare agli anni dell’ascesa del leader e alla sua caduta.
Particolare attenzione è stata prestata alla riforma demografica realizzata nel 1966 che prende il nome di decreto 770. Con questo decreto Ceauşescu, per risanare il brusco calo della popolazione che si era verificato in Romania all’inizio del decennio, decise di abolire l’aborto e ogni forma di contraccezione, affermando che il feto fosse proprietà dello Stato stesso. Le donne iniziarono a essere sottoposte a una costante vigilanza da parte della suddetta “polizia mestruale”, agenti governativi con formazione sanitaria che obbligavano le donne a periodiche visite ginecologiche. Chiunque venisse scoperta a trasgredire poteva essere denunciata e finire in prigione.
Tutto questo portò alla formazione di orfanotrofi statali in cui vennero ammassati più di 170.000 bambini, a causa delle condizioni di estrema povertà delle famiglie, troppo povere per poter sfamare molte bocche. Ai numerosi abbandoni si affiancarono moltissimi aborti clandestini, che ebbero come conseguenza un tasso elevato di decessi delle madri che si opponevano alle regole di regime, lottando per la propria libertà e indipendenza.
I successivi capitoli, invece, sono entrambi incentrati sulla questione letteraria. Il tema principale annunciato, la condizione della donna sia da un punto di vista personale che intellettuale, sarà analizzato nelle opere di tre poetesse vissute sotto il regime dittatoriale, per cui è stato necessario fare delle considerazioni sulla censura di quegli anni.
Nella Romania di Ceauşescu “la resistenza attraverso la cultura” fu possibile solamente da parte di alcuni gruppi di intellettuali o da parte di singoli autori, perché l’opposizione è stata esigua. La causa di ciò è attribuibile al ruolo che la censura ha avuto dal 1949 fino al 1989.
La censura, infatti, ebbe un ruolo dominante sia nell’ambito dell’informazione che delle pubblicazioni, utilizzata la maggior parte delle volte come propaganda politica, ma, nonostante questo, ci furono due gruppi che si opposero al leader e alle sue regole: la Generazione ’60 e la Generazione ’80.
La maggior rappresentante della Generazione ’60 è stata Ana Blandiana, autrice che si contraddistingue per l’atteggiamento sia etico che politico della propria scrittura.
Attraverso componimenti quali La crociata dei bambini è possibile percepire tutta la rabbia e l’insofferenza delle donne romene verso un regime che, al posto di tutelarle, le condannava e privava della propria libertà. Una poesia molto breve ma nella quale il messaggio di rivalsa è molto forte da arrivare immediatamente al lettore e colpirlo dritto al cuore. La nascita, evento desiderato e felice, si trasforma durante il regime dittatoriale in una vera e propria condanna, portando a gravi conseguenze, sia fisiche che psicologiche.
Le stesse tematiche si ritrovano in Mariana Marin, una delle poetesse più intransigenti che ha rappresentato appieno la Generazione ’80.
Nel poema La casa della morte, così come aveva fatto anche Ana Blandiana, affronta le problematiche vissute dalle donne sotto la dittatura di Ceauşescu in seguito all’emanazione del decreto 770. Un poema molto breve ma estremamente toccante e immediato, in cui Mariana Marin riesce a fornire al lettore una chiara immagine di quella che era la condizione delle donne sotto il regime di Ceauşescu, definendo appunto il ventre della donna “casa della morte” e riducendo la nascita ad un atto controllato e privo di amore.
Ultima autrice affrontata in questa sede è Herta Müller, ricordata principalmente grazie alla tecnica del collage, da lei utilizzata in molte sue opere. Il collage consiste nell’ unire elementi della vita anche molto distanti fra di loro, facendoli comunicare, partendo così dalle cose più semplici e insignificanti fino ad arrivare a una vera e propria critica verso l’esterno. La Müller gioca con le parole, attraverso le quali critica il regime dittatoriale di Ceauşescu, proiettando sulla pagina l'interiorità spezzata dal trauma con appunto cocci di parole, che possono essere messi insieme, ma di cui i segni della rottura non possono essere eliminati.
Dopo la caduta del regime il tema viene trattato da un autore romeno contemporaneo che si è molto impegnato per far conoscere all’Occidente le vicissitudini accadute nella Romania totalitaria: Radu Pavel Gheo, del quale sono state analizzate come opere il romanzo Buona notte, bambini! e la raccolta di testimonianze di donne scrittrici curata insieme a Dan Lungu Compagne di viaggio. Racconti di donne ai tempi del comunismo.
Buona notte, bambini! è la storia di quattro amici, Cristina, Paul, Marius e Leopold, durante gli anni della dittatura di Ceauşescu. La trama è coinvolgente e si sviluppa intorno a due linee, sia cronologica che geografica, distinte: la Romania di Ceauşescu tra la fine degli anni Settanta e gli anni Ottanta e gli Stati Uniti del 2000.
Il racconto, oltre che essere un romanzo di formazione che narra la crescita dei singoli personaggi e le loro avventure, diventa un’occasione per l’autore di tracciare in modo chiaro e ben definito quelli che erano i disagi e le difficoltà di chi viveva in Romania ai tempi di Ceauşescu.
L’episodio centrale e significativo per il racconto è il tentativo di fuga dalla Romania da parte di tre dei quattro amici: Cristina, Marius e Leopold, durante il quale verranno scoperti e Cristina subirà una serie di abusi da parte delle guardie della frontiera.
La vicenda colpirà la giovane donna a tal punto da segnarla a vita e da perseguitarla sempre come uno spettro del quale non riuscirà più a liberarsi, neppure quando arriverà in America con Leopold e tenterà di sfondare nel mondo del cinema.
A seguito di quella vicenda l’infanzia di Cristina terminerà, ma anche ogni prospettiva futura diventerà vana, quasi come se quell’esperienza l’avesse marchiata a vita, impedendole di andare avanti e permettendo alle persone a lei vicine di sfruttarla e di abusare di lei.
In Compagne di viaggio, invece, per la prima volta la parola viene data a un gruppo di sedici scrittrici romene vissute sotto gli anni della dittatura di Ceauşescu. Ad esse Lungu e R. P. Gheo non forniscono linee guida o regole da seguire, ma semplicemente chiedono di raccontare, a loro piacimento e come meglio credono, quella che è stata la loro esperienza e come hanno vissuto quegli anni bui.
Il lettore rimane stupito ed esterrefatto nell’apprendere che cosa le donne abbiano dovuto subire e a quante libertà abbiano dovuto rinunciare in seguito all’emanazione del decreto 770, principalmente grazie alla naturalezza e la spontaneità con cui le scrittrici raccontano le proprie esperienze autobiografiche.
A delle tematiche così delicate e profonde si affianca uno stile semplice e chiaro, a tratti anche banale, che richiama la struttura del diario personale, ma che, proprio per questo, permette alle vicende narrate di arrivare dritte al cuore del lettore, catturandolo dalle prime pagine e tenendolo incollato alla pagina per tutta la durata della raccolta.
L’ultimo capitolo è dedicato a una scrittrice italiana, Goliarda Sapienza e alla sua opera L'arte della gioia.
L’arte della gioia si presenta fin da subito estremamente interessante a causa della propria storia editoriale: Goliarda Sapienza, infatti, non ha potuto vedere l’opera alla quale teneva tanto pubblicata per intero poiché giudicata dalla critica troppo sperimentale e immorale così da non meritare la completa pubblicazione.
Nel 1994, infatti, vennero pubblicati solamente 39 dei 95 capitoli totali e nel 1998 verranno divulgati solamente pochi esemplari postumi in versione integrale. Sarà grazie ad Angelo Pellegrino, figura che ha assistito alla realizzazione del romanzo, che il grande pubblico ha potuto finalmente conoscere L’arta della gioia e la sua protagonista, Modesta.
Così come Cristina anche Modesta subisce da bambina un abuso, ma tra le due c’è una grande differenza: se Cristina non riesce a risollevarsi da quella nefasta esperienza e si arrende al proprio destino, per Modesta non è proprio così. Modesta si fa forza e comprende che l’unico modo per sopravvivere alla vita è essere più furba degli altri, capendo fin da subito che cosa sia importante e anticipando il prossimo attraverso una serie di intrighi.
Tutte queste donne, sebbene siano vissute in epoche storiche diverse, hanno dimostrato come niente sia più importante della libertà, sia personale che artistica, di come ognuno di noi debba conoscere la Storia e il proprio passato, per fare in modo che abusi e ingiustizie di qualunque tipo non debbano mai accadere e ancor meno ripetersi.
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