Tesi etd-10202023-103608 |
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Tipo di tesi
Tesi di specializzazione (4 anni)
Autore
CURTO, LETIZIA
URN
etd-10202023-103608
Titolo
Anticorpi monoclonali anti-CGRP e suo recettore nell’emicrania: indicatori di efficacia e ruolo dello switching nel paziente farmacoresistente.
Dipartimento
MEDICINA CLINICA E SPERIMENTALE
Corso di studi
NEUROLOGIA
Relatori
relatore Prof. Baldacci, Filippo
relatore Prof. Siciliano, Gabriele
correlatore Dott.ssa Gori, Sara
relatore Prof. Siciliano, Gabriele
correlatore Dott.ssa Gori, Sara
Parole chiave
- Allodinia
- Ansia
- Anticorpi Monoclonali
- CGRP
- Depressione
- Emicrania
- Farmacoresistenza
- Fatica
Data inizio appello
07/11/2023
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
07/11/2093
Riassunto
L’emicrania è un disordine neurologico disabilitante caratterizzato da una disfunzione nel processamento degli stimoli sensitivi e nocicettivi, la cui complessa patogenesi coinvolge meccanismi neurobiologici che interessano multiple aree e network cerebrali. Complessivamente l’emicrania rappresenta un rilevante problema di salute pubblica: il Global Burden of Disease (2019) l’ha classificata come seconda causa di disabilità nel mondo e prima causa di disabilità nei pazienti con età inferiore a 50 anni, periodo di maggiore produttività lavorativa e sociale dell’individuo (Steiner T.J., 2020).
L’emicrania risulta spesso associata ad altre condizioni patologiche che peggiorano il grado di disabilità e la risposta al trattamento.
La crescente comprensione della fisiopatologia dell’emicrania ha facilitato l’identificazione di target terapeutici mirati. Gli anticorpi monoclonali anti CGRP e suo recettore (R) rappresentano la principale innovazione degli ultimi anni nella profilassi dell’emicrania sia episodica ad alta frequenza (EE) che cronica (EC), in quanto sono stati i primi farmaci con attività selettiva e specifica. Numerosi studi registrativi e di real life studi hanno evidenziato come questi farmaci abbiano rappresentato un vantaggio in termini non solo di efficacia, ma anche di tollerabilità, con riduzione di effetti collaterali e una maggior aderenza del paziente al trattamento.
In letteratura i principali end points di efficacia attengono ad indicatori inerenti il controllo del dolore, mentre limitate sono ad oggi le evidenze inerenti l’impatto di queste terapie su condizioni coesistenti o comorbide, la cui presenza e gestione può in realtà condizionare significativamente la qualità di vita (interictal burden).
Sebbene queste terapie innovative siano dotate, in accordo a questo tipo di indicatori, di efficacia superiore alle terapie convenzionali una delle principali sfide, ad oggi, rimane la gestione del paziente con emicrania resistente alle principali classi farmacologiche; anche gli anticorpi monoclonali, sia dagli studi registrativi che da recenti evidenze di real life, risultano avere una percentuale di fallimento compresa tra il 20-30% circa. Inizialmente era stato proposto un effetto di classe per tali farmaci; evidenze recenti e ,per il momento, limitate, tuttavia, suggeriscono che in pazienti selezionati refrattari (in quanto non responders ai trattamenti convenzionali e ad un primo anticorpo monoclonale), il cambio di classe di anticorpo (switch) - stanti i differenti meccanismi d’azione e le differenti caratteristiche chimiche, farmacocinetiche e farmacodinamiche - potrebbe essere un’opzione da considerare.
Scopi del nostro studio sono quindi stati:
1) Valutare l’efficacia e la tollerabilità degli anticorpi monoclonali anti-CGRP (R) in pazienti affetti da emicrania cronica o episodica ad alta frequenza farmacoresistente, utilizzando descrittori specifici di malattia (numero di giorni/mese, punteggio al questionario MIDAS, allodinia) e di condizioni comorbide e/o coesistenti (ansia, depressione, disturbi del sonno, fatica);
2) Valutare la risposta a un secondo trattamento con anticorpo monoclonale di diversa classe (anticorpo anti CGRP vs anticorpo anti-recettore o viceversa) in seguito al fallimento di un primo trattamento.
È stata descritta l’intera popolazione di 140 pazienti afferenti al Centro per la diagnosi e la cura delle Cefalee della UO Neurologia dell’Università di Pisa (Giugno 2020 e Giugno 2023) con diagnosi di emicrania episodica ad alta frequenza o cronica farmacoresistente (mancata pregressa risposta ad almeno 3 classi di trattamento convenzionale) sottoposta a terapia con anticorpi monoclonali anti CGRP (Fremanezumab o Galcanezemab) oppure anti-recettore CGRP (Erenumab).
Nel periodo compreso tra novembre 2021 e aprile 2023 è stato condotto uno studio longitudinale in 59 pazienti dei quali sono state raccolte ulteriori informazioni riguardo multipli parametri di funzionamento diurno e notturno, analizzando i descrittori di malattia (diario della cefalea) e gli indicatori di condizioni comorbide e coesistenti, in particolare disturbi dell’umore e d’ansia, disordini del sonno, fatica, attraverso una batteria di questionari (MIDAS, ASC-12, GAD7, PHQ9, FSS, PSQI).
L’efficacia complessiva del trattamento è stata valutata in base alla variazione del numero di giorni/mese di cefalea, identificando 4 categorie di risposta: non responders (percentuale di risposta tra 0-30%), mild responders (percentuale di risposta tra 30 e 50%), responders (50-75 %) e super responders (risposta >75%). L’analisi condotta sui 59 pazienti consecutivi ha preso in esame la variazione degli indicatori di malattia e di comorbilità, rispettivamente nell’intera coorte e nei 4 sottogruppi, tra la valutazione basale (T0) e i 6 mesi dall’inizio del trattamento (T2).
Nell’attuale follow-up (aggiornato a settembre 2023) riportato per l’intera popolazione dei 140 soggetti abbiamo evidenziato percentuali di responders al 50% rispettivamente del 64% a 3 mesi (140/140), del 73% a 6 mesi (121/140) e del 94% a 18 mesi (52/140). Quindici pazienti hanno interrotto il trattamento tra 3 e 6 mesi per effetti collaterali o mancata risposta.
Nello studio longitudinale dei 59 pazienti consecutivi una differenza statisticamente significativa (p<0,05; test di Wilcoxon) in termini di miglioramento è stata osservata a carico dei descrittori di malattia e di tutti gli indicatori di comorbilità. Nella divisione in sottogruppi (non-responders, mild-responders, responders, super-responders) i sottogruppi responders (19) e super-responders (26) miglioravano per tutti i descrittori di malattia e indicatori di comorbilità a 6 mesi rispetto al basale (p<0,05); nel gruppo dei mild-responders (5) sono migliorati esclusivamente i descrittori di malattia ovvero il numero di giorni/mese (MMD) (p=0,042) e il punteggio al questionario MIDAS (p=0,043); il punteggio MIDAS migliora anche nella popolazione non-responders (9) (p=0,008).
Ai pazienti con risposta non soddisfacente (mancata riduzione di MMD> 50% a 6 mesi o perdita di risposta dopo trattamento prolungato) è stato effettuato un cambio di classe di anticorpo monoclonale.
Dei 18 soggetti che hanno effettuato il cambio, a 3 mesi si è osservato un miglioramento nella frequenza degli attacchi in singoli soggetti. In particolare, 10 pazienti su 18 hanno mostrato un outcome favorevole: 7 pazienti hanno recuperato parzialmente o completamente la risposta persa durante il trattamento con il primo anticorpo, con riduzione di almeno il 30% del numero di giorni/mese rispetto al basale e 3 pazienti che non avevano risposto al primo anticorpo, hanno beneficiato dallo switch di classe risultando mild responders o responders.
In un contesto di real life su una popolazione di 140 pazienti farmacoresistenti, gli anticorpi monoclonali anti CGRP (R), hanno rappresentato una strategia terapeutica spesso vincente, con un elevato tasso di risposta, e mantenimento della stessa.
Dallo studio longitudinale sui 59 pz consecutivi emerge come questi farmaci abbiano un impatto favorevole dopo 6 mesi di trattamento anche sui sintomi di ansia, depressione e affaticamento, sulla qualità del sonno e sul grado di allodinia che rappresenta un riconosciuto indicatore di sensitizzazione centrale. Si può ipotizzare che l’ottimale tollerabilità e l’effetto sulle condizioni comorbide e coesistenti oltre ovviamente al controllo della sintomatologia dolorosa magnifichi il ruolo degli anticorpi monoclonali anti CGRP(R) sulla qualità di vita complessiva del paziente emicranico. Da sottolineare inoltre che il contributo offerto da queste molecole nel controllo di allodinia, ansia, depressione e compromissione della qualità del sonno può risultare ulteriormente protettivo in prospettiva longitudinale life time rappresentando queste condizioni i principali fattori di rischio per la cronicizzazione dell’emicrania. Studi ulteriori su più ampie casistiche consentiranno di comprendere se il miglioramento nelle condizioni coesistenti siano riconducibili ad un effetto diretto degli anticorpi monoclonali, il quale potrebbe implicare un ipotetico loro ruolo centrale che alcuni recenti dati di letteratura peraltro suggeriscono oppure se si tratti di un effetto secondario al miglioramento del quadro emicranico.
Le osservazioni sui 18 pazienti refrattari, sebbene limitate e non analizzabili statisticamente, suggeriscono che il cambio di classe di anticorpo monoclonale possa e debba essere preso in considerazione in casi selezionati in caso di un primo fallimento. Ovviamente sono necessarie conferme/verifiche da studi su più ampia popolazione e con follow up longitudinale più protratto oltre che l’auspicabile adozione di end points di efficacia calibrati alla complessità di questa sottopopolazione.
L’emicrania risulta spesso associata ad altre condizioni patologiche che peggiorano il grado di disabilità e la risposta al trattamento.
La crescente comprensione della fisiopatologia dell’emicrania ha facilitato l’identificazione di target terapeutici mirati. Gli anticorpi monoclonali anti CGRP e suo recettore (R) rappresentano la principale innovazione degli ultimi anni nella profilassi dell’emicrania sia episodica ad alta frequenza (EE) che cronica (EC), in quanto sono stati i primi farmaci con attività selettiva e specifica. Numerosi studi registrativi e di real life studi hanno evidenziato come questi farmaci abbiano rappresentato un vantaggio in termini non solo di efficacia, ma anche di tollerabilità, con riduzione di effetti collaterali e una maggior aderenza del paziente al trattamento.
In letteratura i principali end points di efficacia attengono ad indicatori inerenti il controllo del dolore, mentre limitate sono ad oggi le evidenze inerenti l’impatto di queste terapie su condizioni coesistenti o comorbide, la cui presenza e gestione può in realtà condizionare significativamente la qualità di vita (interictal burden).
Sebbene queste terapie innovative siano dotate, in accordo a questo tipo di indicatori, di efficacia superiore alle terapie convenzionali una delle principali sfide, ad oggi, rimane la gestione del paziente con emicrania resistente alle principali classi farmacologiche; anche gli anticorpi monoclonali, sia dagli studi registrativi che da recenti evidenze di real life, risultano avere una percentuale di fallimento compresa tra il 20-30% circa. Inizialmente era stato proposto un effetto di classe per tali farmaci; evidenze recenti e ,per il momento, limitate, tuttavia, suggeriscono che in pazienti selezionati refrattari (in quanto non responders ai trattamenti convenzionali e ad un primo anticorpo monoclonale), il cambio di classe di anticorpo (switch) - stanti i differenti meccanismi d’azione e le differenti caratteristiche chimiche, farmacocinetiche e farmacodinamiche - potrebbe essere un’opzione da considerare.
Scopi del nostro studio sono quindi stati:
1) Valutare l’efficacia e la tollerabilità degli anticorpi monoclonali anti-CGRP (R) in pazienti affetti da emicrania cronica o episodica ad alta frequenza farmacoresistente, utilizzando descrittori specifici di malattia (numero di giorni/mese, punteggio al questionario MIDAS, allodinia) e di condizioni comorbide e/o coesistenti (ansia, depressione, disturbi del sonno, fatica);
2) Valutare la risposta a un secondo trattamento con anticorpo monoclonale di diversa classe (anticorpo anti CGRP vs anticorpo anti-recettore o viceversa) in seguito al fallimento di un primo trattamento.
È stata descritta l’intera popolazione di 140 pazienti afferenti al Centro per la diagnosi e la cura delle Cefalee della UO Neurologia dell’Università di Pisa (Giugno 2020 e Giugno 2023) con diagnosi di emicrania episodica ad alta frequenza o cronica farmacoresistente (mancata pregressa risposta ad almeno 3 classi di trattamento convenzionale) sottoposta a terapia con anticorpi monoclonali anti CGRP (Fremanezumab o Galcanezemab) oppure anti-recettore CGRP (Erenumab).
Nel periodo compreso tra novembre 2021 e aprile 2023 è stato condotto uno studio longitudinale in 59 pazienti dei quali sono state raccolte ulteriori informazioni riguardo multipli parametri di funzionamento diurno e notturno, analizzando i descrittori di malattia (diario della cefalea) e gli indicatori di condizioni comorbide e coesistenti, in particolare disturbi dell’umore e d’ansia, disordini del sonno, fatica, attraverso una batteria di questionari (MIDAS, ASC-12, GAD7, PHQ9, FSS, PSQI).
L’efficacia complessiva del trattamento è stata valutata in base alla variazione del numero di giorni/mese di cefalea, identificando 4 categorie di risposta: non responders (percentuale di risposta tra 0-30%), mild responders (percentuale di risposta tra 30 e 50%), responders (50-75 %) e super responders (risposta >75%). L’analisi condotta sui 59 pazienti consecutivi ha preso in esame la variazione degli indicatori di malattia e di comorbilità, rispettivamente nell’intera coorte e nei 4 sottogruppi, tra la valutazione basale (T0) e i 6 mesi dall’inizio del trattamento (T2).
Nell’attuale follow-up (aggiornato a settembre 2023) riportato per l’intera popolazione dei 140 soggetti abbiamo evidenziato percentuali di responders al 50% rispettivamente del 64% a 3 mesi (140/140), del 73% a 6 mesi (121/140) e del 94% a 18 mesi (52/140). Quindici pazienti hanno interrotto il trattamento tra 3 e 6 mesi per effetti collaterali o mancata risposta.
Nello studio longitudinale dei 59 pazienti consecutivi una differenza statisticamente significativa (p<0,05; test di Wilcoxon) in termini di miglioramento è stata osservata a carico dei descrittori di malattia e di tutti gli indicatori di comorbilità. Nella divisione in sottogruppi (non-responders, mild-responders, responders, super-responders) i sottogruppi responders (19) e super-responders (26) miglioravano per tutti i descrittori di malattia e indicatori di comorbilità a 6 mesi rispetto al basale (p<0,05); nel gruppo dei mild-responders (5) sono migliorati esclusivamente i descrittori di malattia ovvero il numero di giorni/mese (MMD) (p=0,042) e il punteggio al questionario MIDAS (p=0,043); il punteggio MIDAS migliora anche nella popolazione non-responders (9) (p=0,008).
Ai pazienti con risposta non soddisfacente (mancata riduzione di MMD> 50% a 6 mesi o perdita di risposta dopo trattamento prolungato) è stato effettuato un cambio di classe di anticorpo monoclonale.
Dei 18 soggetti che hanno effettuato il cambio, a 3 mesi si è osservato un miglioramento nella frequenza degli attacchi in singoli soggetti. In particolare, 10 pazienti su 18 hanno mostrato un outcome favorevole: 7 pazienti hanno recuperato parzialmente o completamente la risposta persa durante il trattamento con il primo anticorpo, con riduzione di almeno il 30% del numero di giorni/mese rispetto al basale e 3 pazienti che non avevano risposto al primo anticorpo, hanno beneficiato dallo switch di classe risultando mild responders o responders.
In un contesto di real life su una popolazione di 140 pazienti farmacoresistenti, gli anticorpi monoclonali anti CGRP (R), hanno rappresentato una strategia terapeutica spesso vincente, con un elevato tasso di risposta, e mantenimento della stessa.
Dallo studio longitudinale sui 59 pz consecutivi emerge come questi farmaci abbiano un impatto favorevole dopo 6 mesi di trattamento anche sui sintomi di ansia, depressione e affaticamento, sulla qualità del sonno e sul grado di allodinia che rappresenta un riconosciuto indicatore di sensitizzazione centrale. Si può ipotizzare che l’ottimale tollerabilità e l’effetto sulle condizioni comorbide e coesistenti oltre ovviamente al controllo della sintomatologia dolorosa magnifichi il ruolo degli anticorpi monoclonali anti CGRP(R) sulla qualità di vita complessiva del paziente emicranico. Da sottolineare inoltre che il contributo offerto da queste molecole nel controllo di allodinia, ansia, depressione e compromissione della qualità del sonno può risultare ulteriormente protettivo in prospettiva longitudinale life time rappresentando queste condizioni i principali fattori di rischio per la cronicizzazione dell’emicrania. Studi ulteriori su più ampie casistiche consentiranno di comprendere se il miglioramento nelle condizioni coesistenti siano riconducibili ad un effetto diretto degli anticorpi monoclonali, il quale potrebbe implicare un ipotetico loro ruolo centrale che alcuni recenti dati di letteratura peraltro suggeriscono oppure se si tratti di un effetto secondario al miglioramento del quadro emicranico.
Le osservazioni sui 18 pazienti refrattari, sebbene limitate e non analizzabili statisticamente, suggeriscono che il cambio di classe di anticorpo monoclonale possa e debba essere preso in considerazione in casi selezionati in caso di un primo fallimento. Ovviamente sono necessarie conferme/verifiche da studi su più ampia popolazione e con follow up longitudinale più protratto oltre che l’auspicabile adozione di end points di efficacia calibrati alla complessità di questa sottopopolazione.
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