Tesi etd-10202020-150420 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
VICARI, RICCARDO MARIA
URN
etd-10202020-150420
Titolo
Il fenomeno espressivo a partire da E. Cassirer. Implicazioni gnoseologiche ed estetiche.
Dipartimento
CIVILTA' E FORME DEL SAPERE
Corso di studi
FILOSOFIA E FORME DEL SAPERE
Relatori
relatore Manca, Danilo
correlatore Ferrarin, Alfredo
correlatore Ferrarin, Alfredo
Parole chiave
- art
- arte
- Cassirer
- Dewey
- Eraclito
- fenomeno espressivo
- fenomenologia del suono
- fenomenologia della conoscenza
- Goethe
- phenomenology of knowledge.
- phenomenology of sound
- Phenomenon of expression
- Plessner
- Schneider
- Schutz
- Webern
Data inizio appello
16/11/2020
Consultabilità
Completa
Riassunto
Questo elaborato ha come obiettivo l’approfondimento del fenomeno espressivo nelle sue implicazioni storiche, estetiche e gnoseologiche. Nel terzo volume della Filosofia delle forme simboliche. Fenomenologia della conoscenza (1929) il problema è esposto come il fenomeno che sta alla base di ogni prestazione del pensiero. Ciononostante la brevità della caratterizzazione del fenomeno espressivo da parte di Cassirer ci porta ad approfondire l’origine, le conseguenze e le relazioni con altri autori che come Cassirer hanno sollevato il problema dell’espressività come sostrato conoscitivo e della creazione di strumenti derivati dall’interazione tra la nostra struttura naturale e spirituale, tra la nostra coscienza e il nostro pensiero.
Le prime domande cui cercherà di dare risposta questa tesi riguardano l’origine e le influenze che hanno portato Cassirer all’elaborazione della teoria del fenomeno espressivo.
L’elemento principale che fa da sfondo teorico e fenomenologico è il divenire inteso nella concezione eraclitea che Cassirer, attraverso la sua conoscenza e influenza goethiana, cerca di applicare alle categorie gnoseologiche e scientifiche a lui contemporanee come nel caso de Sulla teoria della relatività di Einstein del 1920. Il divenire viene affrontato come il procedere naturale della materia che determina l’emergere di ogni fenomeno; esso risulta anche come la qualità stessa dei fenomeni che continuamente mutano portando il pensiero alla necessità di circoscrivere questa metamorfosi per conoscerla e vivere all’interno del mondo. Nel processo conoscitivo il divenire viene però perduto in favore di funzionalità e oggettività, da questo problema sorge il bisogno da parte di Cassirer di esplorare quel momento all’interno dello sviluppo del pensiero in cui divenire e pensiero si trovano in una relazione dialettica non ancora risolta ma aperta ed effettiva.
Se pensiero oggettivante e divenire sono opposti dialettici, come in Eraclito, l’analisi dell’apertura del divenire alla nostra struttura conoscitiva passa attraverso la coscienza, un momento astratto dello sviluppo del pensiero in cui non vi è oggettivazione, in cui l’accadere viene considerato nel suo manifestarsi.
Dall’analisi del momento della coscienza possiamo comprendere la caratteristica mediana del fenomeno espressivo poiché entrambi emergono dalla collisione tra la nostra struttura fisiologica e il mondo.
Il fenomeno espressivo in quanto tale è il risultato dell’operazione di pensiero che circoscrive il manifestarsi dell’accaduto, in quanto espressione è invece caratterizzato da immediatezza e mutamento vitale. A livello gnoseologico il fenomeno espressivo sta a metà tra uno stadio conoscitivo espressivo non riconducibile in concetti, uno stadio di mutevolezza e pienezza del divenire e uno stadio conoscitivo oggettivante poiché fa da stimolo per il processo di delimitazione del fenomeno in oggetto.
La perdita dell’immediatezza è ciò che tenta di risolvere il pensiero attraverso la concettualizzazione che per Cassirer, nella sfumatura del concetto-funzione, cerca sia di circoscrivere il fenomeno che mantenere viva almeno quell’indicazione espressiva fornita dal fenomeno espressivo, il tono espressivo, che dà funzionalità al concetto. Un concetto del genere non può basarsi su criteri di sostanzialità poiché l’obiettivo non è la semplice sintesi di una molteplicità o la determinazione a priori di possibilità fenomeniche quanto piuttosto il delineare il percorso della strada aperta dal fenomeno espressivo, restituire al pensiero le linee guida per rivivere con distanza un’esperienza espressiva irrecuperabile. Il valore aggiunto dal fenomeno espressivo sta nel restituire a ciò che appare più astratto, come un concetto, un’origine vitale, espressiva e umana e nel mantenere viva l’esperienza dialettica tra divenire e coscienza da cui deriva ogni costruzione del pensiero.
Il fenomeno espressivo è anche molto importante per comprendere il carattere antropologico del pensiero cassireriano in quanto ogni produzione del pensiero dipende da una specifica reazione al divenire che genera anche una particolare modalità costruttiva e conoscitiva del pensiero che prende il nome di forma. Ogni forma e ogni produzione del pensiero restituiscono all’essere umano uno specifico punto di vista sul mondo.
La forma che cerca di restituire il fenomeno espressivo nella sua relazione con la coscienza è quella artistica ed estetica. Come vedremo Cassirer non sviluppa una vera e propria filosofia dell’arte se non all’interno di una delle sue ultime opere Saggio sull’uomo del 1944. Questo testo ci permette di ricostruire la frammentarietà del discorso artistico in tutte le opere precedenti come forma teorica, culturale, antropologica e conoscitiva fondamentale per la comprensione del nostro rapporto con il divenire e della libertà formatrice che caratterizza la costruttività del nostro agire nel mondo.
Attraverso l’arte l’essere umano è in grado di rendere disponibile al pensiero, grazie alla manipolazione della materia, una tensione derivata dal proprio stare al mondo mantenendo vivo il mutamento e la processualità che caratterizza la dialettica espressiva. L’arte sussiste, come il fenomeno espressivo, in una posizione mediana tra divenire e oggettualità, non ha come obiettivo il farci conoscere il fenomeno nelle sue caratteristiche quanto il mostrarci i molteplici punti di vista attraverso cui è possibile avere una considerazione espressiva di esso: non circoscrive x, ce lo mostra per come appare alla coscienza dell’artista, non amplia la nostra conoscenza ma la intensifica, ci permette di ascoltare e vedere le cose in maniera diversa dal quotidiano sguardo oggettivo del pensiero.
L’arte come forma conoscitiva dell’espressività ci dà la possibilità di ampliare la trattazione volgendo lo sguardo a due autori contemporanei a Cassirer: Dewey e Plessner.
La relazione principale che lega Cassirer a Dewey sussiste nella considerazione dell’arte come forma che determina esperienza e conoscenza di ciò che accade all’interno della coscienza. Ciò è possibile grazie all’opera d’arte che restituisce l’impulso del divenire incarnato nella materia, essa è estrinsecazione di una molteplicità in continuo sviluppo e grazie alla materialità ne permette la percezione in quanto oggetto veicolo di espressione.
La forma artistica che maggiormente ci restituisce il mutare dell’espressione attraverso una materia in continuo sviluppo è la musica. La scelta di analizzare solo questa forma deriva sia dalle sue caratteristiche fenomenologiche, che la rendono adatta ad un’applicazione del fenomeno espressivo, sia dalla mia formazione accademica musicale che mi ha permesso uno sguardo interno sul problema.
Per un’analisi fenomenologica della musica risulta rilevante confrontarsi con Plessner e Schutz che hanno cercato di restituire un ruolo centrale all’esperienza musicale per la conoscenza espressiva dal punto di vista del compositore, dell’esecutore e del fruitore dell’opera. Plessner si focalizza soprattutto sull’analisi della materia sonora, sulle sue caratteristiche fisiche che la rendono espressione materiale del divenire: il suono nella sua continua mutevolezza è la materia migliore attraverso cui dare forma all’espressività e ci permette di sentirci parte integrante del suo sviluppo data la sua pervasività, a differenza di altri materiali plastici che cristallizzano l’espressione e ce la restituiscono ad una distanza fissa. La musica e il suono non stanno di fronte a noi come un quadro, siamo noi al suo interno e nel suo manifestarsi, pervadono il nostro corpo come struttura fisiologica e permettono il sorgere della consapevolezza della nostra corporeità poiché siamo in grado con il nostro stesso corpo di produrre e manipolare la materia sonora. Grazie alla forma artistica musicale l’essere umano è in grado di costruire opere che gli restituiscono il fenomeno espressivo oltre che la sua stessa capacità di dargli forma. In quanto prodotto del pensiero svolge un importante ruolo culturale e antropologico poiché dà vita e rende disponibile la nostra posizione particolare attiva e passiva di fronte al mondo.
La valenza antropologica dell’arte e della musica viene qui approfondita attraverso un confronto tra la forma mitica cassireriana e la naturalità e ritualità della forma musicale analizzata da Schneider in Il significato della musica del 1970 caposaldo dell’etnomusicologia. La musica svolge un ruolo di presentazione effettiva del fenomeno, soprattutto all’interno di un contesto mitico in cui non esiste distanza tra fenomeno, forma musicale e valenza divina. L’esperienza rituale della musica e dell’arte pone l’essere umano di fronte alle sue facoltà creatrici dandogli la possibilità di sperimentare e istituire categorie fondamentali della conoscenza come ad esempio la temporalità, l’Io e la libertà formatrice.
La musica apre l’essere umano al mondo e alla consapevolezza di sé e degli altri Io che partecipano al processo di messa in opera dell’opera d’arte. La funzione dell’intersoggettività generata dalla musica viene qui analizzata attraverso il breve saggio di Schutz Fare musica insieme (1951) che pone l’accento sulle numerose stratificazioni temporali implicate nel processo musicale e la relazione comunicativa espressiva dei diversi soggetti in gioco. Un’analisi particolare viene qui svolta in riferimento alla figura dell’esecutore, Io in grado di ripercorrere fenomenologicamente e attivamente tutto il processo di messa in forma dell’opera musicale scomponendo e ricomponendo la materia sonora, il tempo, il ritmo interiorizzando e rendendo vivo il fenomeno espressivo da estrinsecare nel suo sviluppo e nella sua processualità.
Entrando più nello specifico all’interno della messa in forma del fenomeno musicale esso verrà analizzato dal punto di vista del suono come materia del divenire, del ritmo come espressione della temporalità e della melodia come estrinsecazione dello sviluppo del fenomeno espressivo.
Infine parlando di arte e di musica è importante tenere in considerazione il pensiero dei protagonisti interni al mondo dell’arte. A questo fine è utile gettare uno sguardo alle teorie compositive e formali di Schönberg e Webern che, oltre all’intenso lavoro compositivo e artistico, si sono occupati della sistematizzazione teorica e teoretica della forma dodecafonica. La scelta di approfondire questi due compositori deriva dall’estrema vicinanza anagrafica e teorica con gli altri autori affrontati nella trattazione. Come vedremo espressionismo e dodecafonia possono essere posti in relazione alle teorie gnoseologiche e fenomenologiche di Cassirer e Plessner soprattutto per quanto riguarda la non oggettività della forma estetica musicale. Questa particolare forma dello spirito viene determinata non da un pensiero oggettivante ma da un pensiero musicale che lavora direttamente per mezzo di suoni e ritmi, non per mezzo di concetti o formule, per restituire l’originario tono espressivo indicato dal fenomeno espressivo in tutta la sua mutevolezza. Dal punto di vista filosofico e musicale la conseguenza principale è la non rappresentatività dell’opera, l’inesistenza di un contenuto esterno di cui l’opera vuole essere estrinsecazione; l’opera d’arte musicale ha sempre un contenuto espressivo e ciò si ripercuote nella materia sonora che, grazie alla sua natura, lo veicola in tutto il suo sviluppo.
Le prime domande cui cercherà di dare risposta questa tesi riguardano l’origine e le influenze che hanno portato Cassirer all’elaborazione della teoria del fenomeno espressivo.
L’elemento principale che fa da sfondo teorico e fenomenologico è il divenire inteso nella concezione eraclitea che Cassirer, attraverso la sua conoscenza e influenza goethiana, cerca di applicare alle categorie gnoseologiche e scientifiche a lui contemporanee come nel caso de Sulla teoria della relatività di Einstein del 1920. Il divenire viene affrontato come il procedere naturale della materia che determina l’emergere di ogni fenomeno; esso risulta anche come la qualità stessa dei fenomeni che continuamente mutano portando il pensiero alla necessità di circoscrivere questa metamorfosi per conoscerla e vivere all’interno del mondo. Nel processo conoscitivo il divenire viene però perduto in favore di funzionalità e oggettività, da questo problema sorge il bisogno da parte di Cassirer di esplorare quel momento all’interno dello sviluppo del pensiero in cui divenire e pensiero si trovano in una relazione dialettica non ancora risolta ma aperta ed effettiva.
Se pensiero oggettivante e divenire sono opposti dialettici, come in Eraclito, l’analisi dell’apertura del divenire alla nostra struttura conoscitiva passa attraverso la coscienza, un momento astratto dello sviluppo del pensiero in cui non vi è oggettivazione, in cui l’accadere viene considerato nel suo manifestarsi.
Dall’analisi del momento della coscienza possiamo comprendere la caratteristica mediana del fenomeno espressivo poiché entrambi emergono dalla collisione tra la nostra struttura fisiologica e il mondo.
Il fenomeno espressivo in quanto tale è il risultato dell’operazione di pensiero che circoscrive il manifestarsi dell’accaduto, in quanto espressione è invece caratterizzato da immediatezza e mutamento vitale. A livello gnoseologico il fenomeno espressivo sta a metà tra uno stadio conoscitivo espressivo non riconducibile in concetti, uno stadio di mutevolezza e pienezza del divenire e uno stadio conoscitivo oggettivante poiché fa da stimolo per il processo di delimitazione del fenomeno in oggetto.
La perdita dell’immediatezza è ciò che tenta di risolvere il pensiero attraverso la concettualizzazione che per Cassirer, nella sfumatura del concetto-funzione, cerca sia di circoscrivere il fenomeno che mantenere viva almeno quell’indicazione espressiva fornita dal fenomeno espressivo, il tono espressivo, che dà funzionalità al concetto. Un concetto del genere non può basarsi su criteri di sostanzialità poiché l’obiettivo non è la semplice sintesi di una molteplicità o la determinazione a priori di possibilità fenomeniche quanto piuttosto il delineare il percorso della strada aperta dal fenomeno espressivo, restituire al pensiero le linee guida per rivivere con distanza un’esperienza espressiva irrecuperabile. Il valore aggiunto dal fenomeno espressivo sta nel restituire a ciò che appare più astratto, come un concetto, un’origine vitale, espressiva e umana e nel mantenere viva l’esperienza dialettica tra divenire e coscienza da cui deriva ogni costruzione del pensiero.
Il fenomeno espressivo è anche molto importante per comprendere il carattere antropologico del pensiero cassireriano in quanto ogni produzione del pensiero dipende da una specifica reazione al divenire che genera anche una particolare modalità costruttiva e conoscitiva del pensiero che prende il nome di forma. Ogni forma e ogni produzione del pensiero restituiscono all’essere umano uno specifico punto di vista sul mondo.
La forma che cerca di restituire il fenomeno espressivo nella sua relazione con la coscienza è quella artistica ed estetica. Come vedremo Cassirer non sviluppa una vera e propria filosofia dell’arte se non all’interno di una delle sue ultime opere Saggio sull’uomo del 1944. Questo testo ci permette di ricostruire la frammentarietà del discorso artistico in tutte le opere precedenti come forma teorica, culturale, antropologica e conoscitiva fondamentale per la comprensione del nostro rapporto con il divenire e della libertà formatrice che caratterizza la costruttività del nostro agire nel mondo.
Attraverso l’arte l’essere umano è in grado di rendere disponibile al pensiero, grazie alla manipolazione della materia, una tensione derivata dal proprio stare al mondo mantenendo vivo il mutamento e la processualità che caratterizza la dialettica espressiva. L’arte sussiste, come il fenomeno espressivo, in una posizione mediana tra divenire e oggettualità, non ha come obiettivo il farci conoscere il fenomeno nelle sue caratteristiche quanto il mostrarci i molteplici punti di vista attraverso cui è possibile avere una considerazione espressiva di esso: non circoscrive x, ce lo mostra per come appare alla coscienza dell’artista, non amplia la nostra conoscenza ma la intensifica, ci permette di ascoltare e vedere le cose in maniera diversa dal quotidiano sguardo oggettivo del pensiero.
L’arte come forma conoscitiva dell’espressività ci dà la possibilità di ampliare la trattazione volgendo lo sguardo a due autori contemporanei a Cassirer: Dewey e Plessner.
La relazione principale che lega Cassirer a Dewey sussiste nella considerazione dell’arte come forma che determina esperienza e conoscenza di ciò che accade all’interno della coscienza. Ciò è possibile grazie all’opera d’arte che restituisce l’impulso del divenire incarnato nella materia, essa è estrinsecazione di una molteplicità in continuo sviluppo e grazie alla materialità ne permette la percezione in quanto oggetto veicolo di espressione.
La forma artistica che maggiormente ci restituisce il mutare dell’espressione attraverso una materia in continuo sviluppo è la musica. La scelta di analizzare solo questa forma deriva sia dalle sue caratteristiche fenomenologiche, che la rendono adatta ad un’applicazione del fenomeno espressivo, sia dalla mia formazione accademica musicale che mi ha permesso uno sguardo interno sul problema.
Per un’analisi fenomenologica della musica risulta rilevante confrontarsi con Plessner e Schutz che hanno cercato di restituire un ruolo centrale all’esperienza musicale per la conoscenza espressiva dal punto di vista del compositore, dell’esecutore e del fruitore dell’opera. Plessner si focalizza soprattutto sull’analisi della materia sonora, sulle sue caratteristiche fisiche che la rendono espressione materiale del divenire: il suono nella sua continua mutevolezza è la materia migliore attraverso cui dare forma all’espressività e ci permette di sentirci parte integrante del suo sviluppo data la sua pervasività, a differenza di altri materiali plastici che cristallizzano l’espressione e ce la restituiscono ad una distanza fissa. La musica e il suono non stanno di fronte a noi come un quadro, siamo noi al suo interno e nel suo manifestarsi, pervadono il nostro corpo come struttura fisiologica e permettono il sorgere della consapevolezza della nostra corporeità poiché siamo in grado con il nostro stesso corpo di produrre e manipolare la materia sonora. Grazie alla forma artistica musicale l’essere umano è in grado di costruire opere che gli restituiscono il fenomeno espressivo oltre che la sua stessa capacità di dargli forma. In quanto prodotto del pensiero svolge un importante ruolo culturale e antropologico poiché dà vita e rende disponibile la nostra posizione particolare attiva e passiva di fronte al mondo.
La valenza antropologica dell’arte e della musica viene qui approfondita attraverso un confronto tra la forma mitica cassireriana e la naturalità e ritualità della forma musicale analizzata da Schneider in Il significato della musica del 1970 caposaldo dell’etnomusicologia. La musica svolge un ruolo di presentazione effettiva del fenomeno, soprattutto all’interno di un contesto mitico in cui non esiste distanza tra fenomeno, forma musicale e valenza divina. L’esperienza rituale della musica e dell’arte pone l’essere umano di fronte alle sue facoltà creatrici dandogli la possibilità di sperimentare e istituire categorie fondamentali della conoscenza come ad esempio la temporalità, l’Io e la libertà formatrice.
La musica apre l’essere umano al mondo e alla consapevolezza di sé e degli altri Io che partecipano al processo di messa in opera dell’opera d’arte. La funzione dell’intersoggettività generata dalla musica viene qui analizzata attraverso il breve saggio di Schutz Fare musica insieme (1951) che pone l’accento sulle numerose stratificazioni temporali implicate nel processo musicale e la relazione comunicativa espressiva dei diversi soggetti in gioco. Un’analisi particolare viene qui svolta in riferimento alla figura dell’esecutore, Io in grado di ripercorrere fenomenologicamente e attivamente tutto il processo di messa in forma dell’opera musicale scomponendo e ricomponendo la materia sonora, il tempo, il ritmo interiorizzando e rendendo vivo il fenomeno espressivo da estrinsecare nel suo sviluppo e nella sua processualità.
Entrando più nello specifico all’interno della messa in forma del fenomeno musicale esso verrà analizzato dal punto di vista del suono come materia del divenire, del ritmo come espressione della temporalità e della melodia come estrinsecazione dello sviluppo del fenomeno espressivo.
Infine parlando di arte e di musica è importante tenere in considerazione il pensiero dei protagonisti interni al mondo dell’arte. A questo fine è utile gettare uno sguardo alle teorie compositive e formali di Schönberg e Webern che, oltre all’intenso lavoro compositivo e artistico, si sono occupati della sistematizzazione teorica e teoretica della forma dodecafonica. La scelta di approfondire questi due compositori deriva dall’estrema vicinanza anagrafica e teorica con gli altri autori affrontati nella trattazione. Come vedremo espressionismo e dodecafonia possono essere posti in relazione alle teorie gnoseologiche e fenomenologiche di Cassirer e Plessner soprattutto per quanto riguarda la non oggettività della forma estetica musicale. Questa particolare forma dello spirito viene determinata non da un pensiero oggettivante ma da un pensiero musicale che lavora direttamente per mezzo di suoni e ritmi, non per mezzo di concetti o formule, per restituire l’originario tono espressivo indicato dal fenomeno espressivo in tutta la sua mutevolezza. Dal punto di vista filosofico e musicale la conseguenza principale è la non rappresentatività dell’opera, l’inesistenza di un contenuto esterno di cui l’opera vuole essere estrinsecazione; l’opera d’arte musicale ha sempre un contenuto espressivo e ciò si ripercuote nella materia sonora che, grazie alla sua natura, lo veicola in tutto il suo sviluppo.
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