Tesi etd-10192020-113137 |
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Tipo di tesi
Tesi di specializzazione (4 anni)
Autore
FIGLIOMENI, ANTONIO
URN
etd-10192020-113137
Titolo
Analisi retrospettiva dell'incidenza di nuove fratture in pazienti osteoporotici: ruolo del timing della terapia.
Dipartimento
MEDICINA CLINICA E SPERIMENTALE
Corso di studi
REUMATOLOGIA
Relatori
relatore Prof.ssa Mosca, Marta
Parole chiave
- fratture
- osteoporosi
- rischio imminente di frattura
- terapia
- timing
Data inizio appello
04/11/2020
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
04/11/2090
Riassunto
Le fratture da fragilità rappresentano un importante problema di salute pubblica poiché determinano un aumento della disabilità, della mortalità e dei costi economici correlati. Inoltre, in seguito ad una frattura, il rischio di riportare una frattura successiva aumenta mediamente da due a quattro volte rispetto ai pazienti non fratturati. Tuttavia, crescenti evidenze della Letteratura hanno dimostrato che il rischio di rifrattura non è costante, ma varia nel tempo, poiché è massimo nei 12-24 mesi successivi ad una frattura indice e si riduce progressivamente negli anni seguenti. Questo fenomeno ha portato alla definizione del concetto di “rischio imminente di rifrattura”, riferendosi al periodo entro il quale un paziente ha un rischio massimo di fratturarsi. Inoltre, la variabilità nel tempo del rischio di frattura ha messo in dubbio l’accuratezza degli algoritmi utilizzati per la stima del rischio individuale di frattura, come il FRAX, soprattutto per il fatto che non viene considerato il dato della prossimità temporale delle fratture pregresse. In base a queste premesse, è ragionevole pensare che esista una “finestra di opportunità” entro la quale l’instaurazione della terapia antiosteoporotica sia in grado di ridurre efficacemente l’incidenza di nuove fratture. Purtroppo, i dati epidemiologici mostrano che in seguito ad un evento fratturativo la terapia di prevenzione secondaria viene instaurata solo nel 20-25% dei pazienti e, spesso, con una tempistica non congrua. Lo scopo del presente lavoro è di valutare retrospettivamente in una coorte di pazienti che ha riportato una prima frattura da fragilità: 1) il timing dell’instaurazione della terapia antifratturativa in un contesto real-life; 2) l’incidenza successiva di nuove fratture maggiori; 3) la relazione tra questa e il timing della prescrizione della terapia stessa; 4) e infine, i dati di incidenza cumulativa di nuove fratture in paragone al rischio ex-ante calcolato tramite l’algoritmo FRAX.
Sono stati selezionati retrospettivamente i dati dei pazienti afferenti presso l’Ambulatorio Multidisciplinare per le Fratture Vertebrali dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana che presentavano in anamnesi una frattura maggiore da fragilità (fratture vertebrali, femorali, di polso e omero). Per ciascun paziente sono state valutate le principali caratteristiche antropometriche e cliniche relative al primo evento fratturativo. Poiché le più recenti raccomandazioni delle società scientifiche raccomandano che la terapia di prevenzione secondaria venga intrapresa il prima possibile, abbiamo diviso la nostra coorte in due gruppi, un gruppo trattato entro due mesi dal primo evento fratturativo (gruppo A) e un altro, trattato oltre due mesi dalla frattura indice (gruppo B). Il periodo di osservazione ha una definizione differente nei due gruppi: nel gruppo A corrisponde al periodo fra la prima frattura e l’ultima valutazione clinica disponibile, mentre per il gruppo B corrisponde al periodo tra la prima frattura e l’instaurazione della terapia. Sono stati valutati 237 pazienti (219 femmine e 18 maschi), di cui 56 sono stati trattati entro due mesi dalla prima frattura (gruppo A) e 181 oltre due mesi (gruppo B). I due gruppi hanno presentato un periodo di follow-up paragonabile (gruppo A: 47 ± 43,4 mesi, gruppo B: 37,9 ± 42,9 mesi; p = 0,18). I pazienti del gruppo A sono stati trattati con una media di 1,4 ± 0,5 mesi, mentre quelli del gruppo B sono stati trattati dopo un periodo medio di 38,1 ± 43,0 mesi (3 – 204 mesi). Alla fine del periodo di osservazione l’incidenza cumulativa di nuove fratture è stata del 32% nel gruppo A (18/52 pazienti) vs. 59% nel gruppo B (106/181 pazienti) (p = 0,001). È stata quindi eseguita un’analisi della sopravvivenza di Kaplan-Meier che ha mostrato che il gruppo A ha presentato un tempo libero da nuove fratture superiore rispetto al gruppo B (mediana di sopravvivenza: gruppo A: 96 mesi vs. gruppo B: 36 mesi; p = 0,001). Sebbene il gruppo A abbia presentato un’incidenza cumulativa di nuove fratture inferiore rispetto al gruppo B, in entrambi i gruppi una quota significativa degli eventi fratturativi (44% nel gruppo A e 34% nel gruppo B) si sono verificati entro i primi 24 mesi dalla frattura indice. Infine, i due gruppi hanno presentato dei valori di FRAX basali del 21,2% per il gruppo A e del gruppo B 21,3% (p = 0,96). Sebbene non sia possibile eseguire un confronto statistico tra questi valori e l’incidenza cumulativa di rifrattura, questi dati sembrano confermare il fatto che il FRAX sottostimi il rischio di rifrattura nei pazienti con fratture recenti.
In conclusione, questo lavoro presenta i dati relativi all’incidenza di nuove fratture in due gruppi di pazienti osteoporotici, uno trattato entro due mesi dalla prima frattura e un altro trattato oltre due mesi. Circa i tre quarti della popolazione studiata ha ricevuto una terapia di prevenzione secondaria dopo un periodo medio di tre anni. I pazienti trattati entro due mesi dalla prima frattura hanno presentato un’incidenza di rifrattura significativamente inferiore rispetto al gruppo trattato dopo due mesi, tuttavia, in accordo con il fenomeno del rischio imminente di rifrattura, una quota rilevante degli eventi fratturativi si è verificata in entrambi i gruppi entro i 24 mesi successivi alle fratture indice. Questi dati supportano la necessità che i pazienti con fratture recenti debbano iniziare una terapia antifratturativa nel minore tempo possibile. Inoltre, nei pazienti con fratture vertebrali recenti il FRAX sembra sottostimare l’effettivo rischio di riportare delle nuove fratture.
Sono stati selezionati retrospettivamente i dati dei pazienti afferenti presso l’Ambulatorio Multidisciplinare per le Fratture Vertebrali dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana che presentavano in anamnesi una frattura maggiore da fragilità (fratture vertebrali, femorali, di polso e omero). Per ciascun paziente sono state valutate le principali caratteristiche antropometriche e cliniche relative al primo evento fratturativo. Poiché le più recenti raccomandazioni delle società scientifiche raccomandano che la terapia di prevenzione secondaria venga intrapresa il prima possibile, abbiamo diviso la nostra coorte in due gruppi, un gruppo trattato entro due mesi dal primo evento fratturativo (gruppo A) e un altro, trattato oltre due mesi dalla frattura indice (gruppo B). Il periodo di osservazione ha una definizione differente nei due gruppi: nel gruppo A corrisponde al periodo fra la prima frattura e l’ultima valutazione clinica disponibile, mentre per il gruppo B corrisponde al periodo tra la prima frattura e l’instaurazione della terapia. Sono stati valutati 237 pazienti (219 femmine e 18 maschi), di cui 56 sono stati trattati entro due mesi dalla prima frattura (gruppo A) e 181 oltre due mesi (gruppo B). I due gruppi hanno presentato un periodo di follow-up paragonabile (gruppo A: 47 ± 43,4 mesi, gruppo B: 37,9 ± 42,9 mesi; p = 0,18). I pazienti del gruppo A sono stati trattati con una media di 1,4 ± 0,5 mesi, mentre quelli del gruppo B sono stati trattati dopo un periodo medio di 38,1 ± 43,0 mesi (3 – 204 mesi). Alla fine del periodo di osservazione l’incidenza cumulativa di nuove fratture è stata del 32% nel gruppo A (18/52 pazienti) vs. 59% nel gruppo B (106/181 pazienti) (p = 0,001). È stata quindi eseguita un’analisi della sopravvivenza di Kaplan-Meier che ha mostrato che il gruppo A ha presentato un tempo libero da nuove fratture superiore rispetto al gruppo B (mediana di sopravvivenza: gruppo A: 96 mesi vs. gruppo B: 36 mesi; p = 0,001). Sebbene il gruppo A abbia presentato un’incidenza cumulativa di nuove fratture inferiore rispetto al gruppo B, in entrambi i gruppi una quota significativa degli eventi fratturativi (44% nel gruppo A e 34% nel gruppo B) si sono verificati entro i primi 24 mesi dalla frattura indice. Infine, i due gruppi hanno presentato dei valori di FRAX basali del 21,2% per il gruppo A e del gruppo B 21,3% (p = 0,96). Sebbene non sia possibile eseguire un confronto statistico tra questi valori e l’incidenza cumulativa di rifrattura, questi dati sembrano confermare il fatto che il FRAX sottostimi il rischio di rifrattura nei pazienti con fratture recenti.
In conclusione, questo lavoro presenta i dati relativi all’incidenza di nuove fratture in due gruppi di pazienti osteoporotici, uno trattato entro due mesi dalla prima frattura e un altro trattato oltre due mesi. Circa i tre quarti della popolazione studiata ha ricevuto una terapia di prevenzione secondaria dopo un periodo medio di tre anni. I pazienti trattati entro due mesi dalla prima frattura hanno presentato un’incidenza di rifrattura significativamente inferiore rispetto al gruppo trattato dopo due mesi, tuttavia, in accordo con il fenomeno del rischio imminente di rifrattura, una quota rilevante degli eventi fratturativi si è verificata in entrambi i gruppi entro i 24 mesi successivi alle fratture indice. Questi dati supportano la necessità che i pazienti con fratture recenti debbano iniziare una terapia antifratturativa nel minore tempo possibile. Inoltre, nei pazienti con fratture vertebrali recenti il FRAX sembra sottostimare l’effettivo rischio di riportare delle nuove fratture.
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