Tesi etd-10192010-131114 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
SARDELLI, ENRICO
URN
etd-10192010-131114
Titolo
Sistema ed esperienza nella Critica della ragion pura.
Dipartimento
LETTERE E FILOSOFIA
Corso di studi
FILOSOFIA E FORME DEL SAPERE
Relatori
relatore Prof. Ferrarin, Alfredo
Parole chiave
- Filosofia kantiana
Data inizio appello
08/11/2010
Consultabilità
Completa
Riassunto
La figura di Kant viene perlopiù presentata come quella di un uomo la cui vita, priva di eventi sensazionali dal punto di vista della cronaca biografica, fu interamente dedita al sapere scientifico e filosofico; un‟esistenza, la sua, frugale e contemplativa, conseguenza di una personalità integerrima sul piano morale ed abitudinaria sino quasi all‟ossessività rispetto al vivere quotidiano. Tale visione stereotipata dell‟uomo può in qualche modo proiettarsi anche sul filosofo. A questo riguardo si esalta il Kant massimo filosofo dell‟Illuminismo, l‟apostolo della morale ed il censore dell‟intelletto umano che nella sua opera è stato capace di delimitare e rappresentare l‟intero edificio della ragione2: una meravigliosa cattedrale risplendente nell‟adamantina immobilità della sua perfezione.
La situazione, tenendo ovviamente presenti le palesi differenze dovute all‟eterogeneità degl‟argomenti trattati, è affine a quella nella quale si trovò E.R.Dodds quando un suo alunno gli confessò che l‟arte greca non riusciva ad emozionarlo, in quanto la avvertiva come “tremendamente razionale”. Questi rimase molto colpito da tale affermazione, perché riuscì a capire che, nella visione idealizzata della classicità che c‟è stata tramandata: “l‟arte dei Greci e la cultura greca in generale possono apparire prive di senso del mistero, incapaci di penetrare gli strati più profondi e meno coscienti dell‟esperienza umana”. In questo lavoro, come il grande filologo inglese, sentiamo il bisogno di mostrare come l‟orizzonte con cui dobbiamo confrontarci sia infinitamente più stratificato, complesso e vitale di quanto possa apparire agli occhi di una lettura reificante.
In sintesi ciò che vogliamo sostenere, e che rappresenta una delle idee al cuore di questo studio, è che: “Kant ha avuto e ha fama di uomo pedante, ma non è pensatore pedante: la sua costruzione filosofica non ha nulla di monolitico o di scolastico, ed è continuamente condizionata – e non poco – dai problemi che emergono lungo il percorso. Tanto per fare l‟esempio più banale e macroscopico: le tre Critiche, che i manuali ci propongono come l‟applicazione di una prospettiva ai vari ambiti – la conoscenza, la morale e l‟estetica – non sono il frutto di un progetto precostituito. […] E‟ un processo complesso, per nulla privo di tensioni, di problemi e di ripensamenti …". Per questo un‟analisi iniziale dell‟Architettonica permetterà di collocare la critica nella sua corretta prospettiva sistematica e tematica: quella di un sistema riformato della metafisica. Una metafisica nuova che presuppone la prospettiva della ragione come organismo caratterizzato da una legalità teleologica e da una dinamica epigenetica.
Una metafisica che si caratterizza come nuova perché, come emerge dall‟approfondimento dei temi dell‟idealismo trascendentale e dell‟auto-affezione, pur riconducendo le condizioni dell‟oggettività alla sfera della soggettività, non presuppone di ridurre il piano dell‟esistenza a quello dell‟intelletto, permettendo così di conservare alla dimensione dell‟esperienza di conservare la propria identità e primarietà.
Esperienza che risulta mai completamente riconducibile alle condizioni di un intelletto determinante e la cui possibilità richiede il riferimento ad una dimensione della pre-datità, pensata come contesto originario di relazioni. Ciò sarà possibile, però, solo ritornando alla dimensione della ragione, organicamente e teleologicamente strutturata, capace di trascendere la rigidità della legalità intellettuale e di progettare quest‟unità delle relazioni possibili.
La situazione, tenendo ovviamente presenti le palesi differenze dovute all‟eterogeneità degl‟argomenti trattati, è affine a quella nella quale si trovò E.R.Dodds quando un suo alunno gli confessò che l‟arte greca non riusciva ad emozionarlo, in quanto la avvertiva come “tremendamente razionale”. Questi rimase molto colpito da tale affermazione, perché riuscì a capire che, nella visione idealizzata della classicità che c‟è stata tramandata: “l‟arte dei Greci e la cultura greca in generale possono apparire prive di senso del mistero, incapaci di penetrare gli strati più profondi e meno coscienti dell‟esperienza umana”. In questo lavoro, come il grande filologo inglese, sentiamo il bisogno di mostrare come l‟orizzonte con cui dobbiamo confrontarci sia infinitamente più stratificato, complesso e vitale di quanto possa apparire agli occhi di una lettura reificante.
In sintesi ciò che vogliamo sostenere, e che rappresenta una delle idee al cuore di questo studio, è che: “Kant ha avuto e ha fama di uomo pedante, ma non è pensatore pedante: la sua costruzione filosofica non ha nulla di monolitico o di scolastico, ed è continuamente condizionata – e non poco – dai problemi che emergono lungo il percorso. Tanto per fare l‟esempio più banale e macroscopico: le tre Critiche, che i manuali ci propongono come l‟applicazione di una prospettiva ai vari ambiti – la conoscenza, la morale e l‟estetica – non sono il frutto di un progetto precostituito. […] E‟ un processo complesso, per nulla privo di tensioni, di problemi e di ripensamenti …". Per questo un‟analisi iniziale dell‟Architettonica permetterà di collocare la critica nella sua corretta prospettiva sistematica e tematica: quella di un sistema riformato della metafisica. Una metafisica nuova che presuppone la prospettiva della ragione come organismo caratterizzato da una legalità teleologica e da una dinamica epigenetica.
Una metafisica che si caratterizza come nuova perché, come emerge dall‟approfondimento dei temi dell‟idealismo trascendentale e dell‟auto-affezione, pur riconducendo le condizioni dell‟oggettività alla sfera della soggettività, non presuppone di ridurre il piano dell‟esistenza a quello dell‟intelletto, permettendo così di conservare alla dimensione dell‟esperienza di conservare la propria identità e primarietà.
Esperienza che risulta mai completamente riconducibile alle condizioni di un intelletto determinante e la cui possibilità richiede il riferimento ad una dimensione della pre-datità, pensata come contesto originario di relazioni. Ciò sarà possibile, però, solo ritornando alla dimensione della ragione, organicamente e teleologicamente strutturata, capace di trascendere la rigidità della legalità intellettuale e di progettare quest‟unità delle relazioni possibili.
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