Tesi etd-10172022-133921 |
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Tipo di tesi
Tesi di specializzazione (4 anni)
Autore
NECCIARI, GABRIELE
URN
etd-10172022-133921
Titolo
Proposta di Linee Guida per la diagnosi clinica delle tendinopatie dell'arto superiore di possibile origine lavorativa
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA DEL LAVORO
Relatori
relatore Prof. Cristaudo, Alfonso
Parole chiave
- patologie occupazionali
- sovraccarico biomeccanico arti superiori
Data inizio appello
08/11/2022
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
08/11/2062
Riassunto
La potenziale associazione fra tendinopatie degli arti superiori e lavoro è un dibattito che va avanti da centinaia di anni. Già Bernardino Ramazzini, padre della medicina occupazionale, nel XVIII secolo riportava che le patologie muscoloscheletriche "... nascono da tre cause: in primo luogo, il continuo stare seduti, il moto perpetuo della mano nello stesso uomo e in terzo luogo l'attenzione e l'applicazione della mente ...".
Oggi c'è una crescente preoccupazione in Europa e in altri paesi per gli effetti delle patologie muscoloscheletriche degli arti superiori legate al lavoro (Upper Extremity Work-Related Musculoskeletal Disorders – UE-WMSDs) sia sulla salute e il benessere dei lavoratori, che per l'impatto economico e sociale di queste condizioni.
I disturbi muscoloscheletrici (Musculoskeletal Disorders – MSDs), in generale, sono considerati una delle principali cause di assenza per malattia, disabilità e assistenza sanitaria e molti studi hanno trovato alte prevalenze di segni e sintomi a livello muscoloscheletrico in una vasta gamma di gruppi occupazionali; è interessante notare che i dati disponibili in letteratura hanno dimostrato che la prevalenza di questi disturbi in specifiche popolazioni lavorative e/o settori occupazionali è significativamente più alta che nella popolazione generale.
Usiamo il termine “legate al lavoro” per riflettere la natura multifattoriale della maggior parte dei UE-WMSDs; secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), le malattie correlate al lavoro sono definite multifattoriali quando l'ambiente di lavoro e lo svolgimento del lavoro contribuiscono in modo significativo, ma come uno dei tanti fattori, alla causa della malattia.
Sebbene la tendenza degli ultimi anni abbia mostrato una leggera diminuzione dei lavoratori che lamentano UE-WMSDs, è da notare che recenti rapporti dell'Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro (EU-OSHA) hanno mostrato che più della metà dei lavoratori europei si trova ancora ad affrontare questo problema di salute.
In Italia la percentuale della forza lavoro che dichiara uno o più UE-WMSDs è significativamente diminuita dal 65% nel 2010 al 50% nel 2015. Tuttavia, questi disturbi sono ancora oggi le malattie professionali più comuni, rappresentando il 69,7% di tutte le malattie professionali italiane riconosciute nel 2020.
Nonostante l'impressionante numero di studi sulle UE-WMSDs, esiste ancora una considerevole incertezza e persino una controversia sull'estensione e l'eziologia di questi problemi, su quale sia il contributo dei fattori di rischio lavorativi e non lavorativi al loro sviluppo e risoluzione, sui criteri usati per diagnosticarli, sui risultati dei vari metodi di trattamento e le strategie appropriate per l'intervento e la prevenzione.
La mancanza di criteri espliciti basati sulle evidenze scientifiche nel definire se una malattia muscoloscheletrica sia di origine professionale o meno porta a grandi variazioni nelle statistiche e nel confronto tra dati internazionali e nazionali e nella segnalazione di malattia professionale agli enti preposti.
Una classificazione inadeguata può ridurre la volontà, per le aziende e i governi, di istituire programmi per prevenire questa tipologia di patologie e garantire che i lavoratori ricevano un trattamento adeguato.
Due precisazioni necessarie riguardano la definizione di due termini: “malattia” (o “patologia”) e “professionale” (o “occupazionale”) che vengono qui utilizzati in modo specifico. Per gli scopi della presente proposta di Linee Guida (LG) si intendono considerare solo quelle condizioni per le quali sia applicabile la definizione di “malattia", entità caratterizzata da compromissione funzionale, alterazione strutturale dei tessuti e presenza di segni e sintomi specifici; da distinguere dal “disturbo”, che indica una condizione caratterizzata da compromissione funzionale senza implicare la presenza di alterazioni strutturali dimostrabili. Mentre alcuni disturbi o categorie di disturbi potrebbero essere accompagnati da segni e sintomi specifici, la loro presenza non è richiesta affinché una condizione possa essere definita un disturbo di cui il medico competente possa tener conto a fini della prevenzione. Pertanto, la presenza di dolore in una regione del corpo non indica necessariamente la presenza di una alterazione anatomo-funzionale, in particolare nel caso del dolore muscoloscheletrico.
Inoltre, quando è presente una sintomatologia dolorosa a carico di un distretto muscoloscheletrico, la riduzione di ampiezza dei movimenti del segmento interessato è da considerare prevedibile (meccanismo di difesa antalgica) pur in assenza di un’alterazione anatomica; perciò, la condizione è ancora compatibile con la definizione di disturbo.
Poiché questa proposta di LG tratterà delle malattie occupazionali, non si discuterà della più frequente condizione di “dolore muscoloscheletrico”, cioè del dolore senza alterazioni strutturali definite, anche se è noto che un dolore transitorio in una regione del corpo possa essere conseguenza dell’attività occupazionale o di altre attività fisiche.
La seconda precisazione riguarda l’uso del termine “professionale” (equivalente all’anglosassone “occupational”) e la scelta di non usare l’espressione “work-related”. Il termine “occupational” è quello preferito nel nostro sistema informativo nazionale. È sempre più comune (specialmente nel mondo anglosassone) usare il termine “lavoro-correlato” in modo intercambiabile con “occupazionale”, anche se i due termini indicano condizioni diverse.
Oggi c'è una crescente preoccupazione in Europa e in altri paesi per gli effetti delle patologie muscoloscheletriche degli arti superiori legate al lavoro (Upper Extremity Work-Related Musculoskeletal Disorders – UE-WMSDs) sia sulla salute e il benessere dei lavoratori, che per l'impatto economico e sociale di queste condizioni.
I disturbi muscoloscheletrici (Musculoskeletal Disorders – MSDs), in generale, sono considerati una delle principali cause di assenza per malattia, disabilità e assistenza sanitaria e molti studi hanno trovato alte prevalenze di segni e sintomi a livello muscoloscheletrico in una vasta gamma di gruppi occupazionali; è interessante notare che i dati disponibili in letteratura hanno dimostrato che la prevalenza di questi disturbi in specifiche popolazioni lavorative e/o settori occupazionali è significativamente più alta che nella popolazione generale.
Usiamo il termine “legate al lavoro” per riflettere la natura multifattoriale della maggior parte dei UE-WMSDs; secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), le malattie correlate al lavoro sono definite multifattoriali quando l'ambiente di lavoro e lo svolgimento del lavoro contribuiscono in modo significativo, ma come uno dei tanti fattori, alla causa della malattia.
Sebbene la tendenza degli ultimi anni abbia mostrato una leggera diminuzione dei lavoratori che lamentano UE-WMSDs, è da notare che recenti rapporti dell'Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro (EU-OSHA) hanno mostrato che più della metà dei lavoratori europei si trova ancora ad affrontare questo problema di salute.
In Italia la percentuale della forza lavoro che dichiara uno o più UE-WMSDs è significativamente diminuita dal 65% nel 2010 al 50% nel 2015. Tuttavia, questi disturbi sono ancora oggi le malattie professionali più comuni, rappresentando il 69,7% di tutte le malattie professionali italiane riconosciute nel 2020.
Nonostante l'impressionante numero di studi sulle UE-WMSDs, esiste ancora una considerevole incertezza e persino una controversia sull'estensione e l'eziologia di questi problemi, su quale sia il contributo dei fattori di rischio lavorativi e non lavorativi al loro sviluppo e risoluzione, sui criteri usati per diagnosticarli, sui risultati dei vari metodi di trattamento e le strategie appropriate per l'intervento e la prevenzione.
La mancanza di criteri espliciti basati sulle evidenze scientifiche nel definire se una malattia muscoloscheletrica sia di origine professionale o meno porta a grandi variazioni nelle statistiche e nel confronto tra dati internazionali e nazionali e nella segnalazione di malattia professionale agli enti preposti.
Una classificazione inadeguata può ridurre la volontà, per le aziende e i governi, di istituire programmi per prevenire questa tipologia di patologie e garantire che i lavoratori ricevano un trattamento adeguato.
Due precisazioni necessarie riguardano la definizione di due termini: “malattia” (o “patologia”) e “professionale” (o “occupazionale”) che vengono qui utilizzati in modo specifico. Per gli scopi della presente proposta di Linee Guida (LG) si intendono considerare solo quelle condizioni per le quali sia applicabile la definizione di “malattia", entità caratterizzata da compromissione funzionale, alterazione strutturale dei tessuti e presenza di segni e sintomi specifici; da distinguere dal “disturbo”, che indica una condizione caratterizzata da compromissione funzionale senza implicare la presenza di alterazioni strutturali dimostrabili. Mentre alcuni disturbi o categorie di disturbi potrebbero essere accompagnati da segni e sintomi specifici, la loro presenza non è richiesta affinché una condizione possa essere definita un disturbo di cui il medico competente possa tener conto a fini della prevenzione. Pertanto, la presenza di dolore in una regione del corpo non indica necessariamente la presenza di una alterazione anatomo-funzionale, in particolare nel caso del dolore muscoloscheletrico.
Inoltre, quando è presente una sintomatologia dolorosa a carico di un distretto muscoloscheletrico, la riduzione di ampiezza dei movimenti del segmento interessato è da considerare prevedibile (meccanismo di difesa antalgica) pur in assenza di un’alterazione anatomica; perciò, la condizione è ancora compatibile con la definizione di disturbo.
Poiché questa proposta di LG tratterà delle malattie occupazionali, non si discuterà della più frequente condizione di “dolore muscoloscheletrico”, cioè del dolore senza alterazioni strutturali definite, anche se è noto che un dolore transitorio in una regione del corpo possa essere conseguenza dell’attività occupazionale o di altre attività fisiche.
La seconda precisazione riguarda l’uso del termine “professionale” (equivalente all’anglosassone “occupational”) e la scelta di non usare l’espressione “work-related”. Il termine “occupational” è quello preferito nel nostro sistema informativo nazionale. È sempre più comune (specialmente nel mondo anglosassone) usare il termine “lavoro-correlato” in modo intercambiabile con “occupazionale”, anche se i due termini indicano condizioni diverse.
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