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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-10142020-183050


Tipo di tesi
Tesi di specializzazione (4 anni)
Autore
SERIO, PIERA
URN
etd-10142020-183050
Titolo
DIETA IPOPROTEICA ED EMODIALISI MONOSETTIMANALE COME TRANSIZIONE ALLA DIALISI. AZZARDO O MEDICINA DI PRECISIONE?
Dipartimento
MEDICINA CLINICA E SPERIMENTALE
Corso di studi
NEFROLOGIA
Relatori
relatore Prof. Cupisti, Adamasco
Parole chiave
  • residual kidney function
  • once-weekly dialysis
  • hypoproteic diet
  • incremental hemodialysis
  • combined diet dialysis program
Data inizio appello
03/11/2020
Consultabilità
Completa
Riassunto
L’inizio del trattamento emodialitico è una fase critica della storia del paziente con CKD, sia dal punto di vista psicologico che clinico. I primi mesi dopo l’inizio della dialisi sono gravati da una elevata mortalità e da una accelerazione della perdita della funzione renale residua (RKF). Il momento e la strategia ottimale per la transizione all’emodialisi è una “zona grigia” per il nefrologo, data dalla risultante tra criteri della RKF e della sintomatologia clinica. Quest’ultima risente favorevolmente della terapia farmacologica ed in particolare della terapia dietetica. Quindi un trattamento conservativo ottimale è la premessa per ritardare, a parità di funzione renale residua, l’inizio del trattamento sostitutivo o per ridurne la frequenza. La riduzione della frequenza delle sedute di emodialisi è uno dei fattori che favorisce la conservazione della RKF, uno degli obiettivi prioritari in questa fase di malattia. Diviene quindi ben comprensibile come, laddove possibile, un opportuno trattamento dietetico accoppiato con una dialisi infrequente, monosettimanale, possa rappresentare un modello ideale di passaggio dalla sola terapia conservativa alla sola terapia sostitutiva. Le esperienze della letteratura relative a questa strategia provengono soprattutto dall’Italia e questo non sorprende data la lunga tradizione culturale che riguarda la terapia dietetica conservativa. Infatti il razionale del trattamento combinato consiste nell’ “aggiungere” al trattamento conservativo una “depurazione dialitica” ed ha in sè le premesse per minimizzare il rischio di perdita della RKF. Come per tutti i trattamenti, anche questo trattamento ha delle precise controindicazioni ed indicazioni a cui attenersi. Rappresenterà quindi un azzardo nel caso in cui tali indicazioni non vengano rispettate, come nel caso di una scarsa RKF (< 3 ml/min) o basso volume di diuresi con scarso controllo dei volumi non responsivo ai diuretici, iperpotassiemia o non aderenza alla dieta ipoproteica. In caso contrario, questo può invece rappresentare un trattamento personalizzato, adattato alle necessità del paziente e suscettibile di aggiustamento con i criteri propri della dialisi incrementale. Questo comporterà indubbi vantaggi per il paziente, che generalmente è ben disposto ad accettare questo trattamento, e garantirà un significativo risparmio economico e di risorse. E’ovvio che questa proposta non può essere di applicazione universale ma rappresenta una possibilità per pazienti selezionati che, ancora oggi, non trova però un atteggiamento pro-attivo da parte dei nefrologi. Ci si dovrebbe domandare perchè questa strategia non abbia trovato sostegno nella comunità nefrologica: un’attenta e seria valutazione critica dei motivi che ne sono alla base potrebbe essere di grande aiuto per superarne le barriere.
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