Tesi etd-10132014-121803 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
MONTEVERDI, VIRGINIA
Indirizzo email
v.monteverdi@alice.it
URN
etd-10132014-121803
Titolo
L'iconografia del diavolo nell'arte medievale pisana tra il 1250 e il 1350
Dipartimento
CIVILTA' E FORME DEL SAPERE
Corso di studi
STORIA E FORME DELLE ARTI VISIVE, DELLO SPETTACOLO E DEI NUOVI MEDIA
Relatori
relatore Prof. Collareta, Marco
Parole chiave
- Buffalmacco
- camposanto
- diavolo
- giudizio universale
- inferno
- pisa
- Pisano
- pulpiti
- tebaide
Data inizio appello
03/11/2014
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
03/11/2084
Riassunto
Il mio studio si occuperà di analizzare come nasce e si sviluppa l’iconografia del diavolo nel medioevo, tra il IV e il XIV secolo e in particolare, a Pisa tra il 1250 e il 1350.
L’analisi inizierà con un capitolo introduttivo che prenderà in esame le Scritture, le fonti patristiche medievali che affrontano la figura del demoniaco, con un excursus sull’origine del nome e sulla nozione teologica del diavolo nel mondo occidentale e bizantino, per capire come esso era concepito nella letteratura teologica ed esegetica, che sarà la base per studiarne l’iconografia. Sulla scorta di questi testi, in particolare della letteratura esegetica che contribuirà più delle Scritture a dare un vero corpo al demonio, si procederà quindi all’analisi della presenza del diavolo nella storia dell’arte medievale sia occidentale che orientale (in pittura, mosaici, miniature, scultura etc), in ordine cronologica di apparizione e prevalentemente nella sua forma antropomorfica, per vedere minuziosamente come essa si sviluppa nei secoli, attraverso il lavoro degli artisti associato alle fonti scritte e alla mentalità medievale, e anche tramite confronti diretti tra diverse opere d’arte in cui il demonio ha ruoli principali.
Particolare attenzione verrà data all’analisi delle caratteristiche estetiche del demonio nel Giudizio universale e nell’Inferno, nelle Tentazioni di Cristo e dei santi, nella Discesa di Cristo al Limbo, nell’Apocalisse, e allo sviluppo dell’iconografia del Giudizio universale in Italia e in Europa, temi tutti che permetteranno di allacciarsi alle analisi successive. Nello studio illustrerò in seguito come l’immagine del demonio sia un palinsesto culturale dall’iconografia fluttuante, il quale nelle varie epoche, riassume su di sé la cultura che lo genera: fondamentale per la creazione dell’iconografia demoniaca risulteranno così di volta in volta gli influssi della classicità e delle sue divinità, le feste popolari, le sacre rappresentazioni, le maschere del carnevale, la visione dell’eretico e dello straniero, i giullari e il teatro, la Commedia di Dante, i testi e i trattati teologici in volgare, la predicazione degli Ordini mendicanti e le opere d’arte europee (particolare attenzione verrà data ai diavoli e all’iconografia dell’inferno del medioevo francese tra XII e XIII secolo).
Per quanto riguarda Pisa, saranno mantenuti tutti questi criteri d’analisi e lo studio si concentrerà solo sulla figura del demonio in contesti iconografici precisi, tralasciando invece tutte quelle manifestazioni genericamente simboliche e mostruose (draghi, serpenti, basilischi, leoni etc.) che erano parte del repertorio decorativo della piazza del Duomo come dei libri liturgici.
Inizialmente ci si concentrerà dunque sulla formella del Giudizio universale dei pulpiti di Nicola Pisano nel Battistero di Pisa e nel Duomo di Siena per arrivare ai pulpiti di Giovanni a Pistoia e a Pisa. Cercherò di mettere in evidenza come gli influssi della cultura duecentesca della predicazione e della letteratura religiosa, abbiano dato il loro contributo a creare tale immagine demoniaca, insieme a riferimenti ad altre opere d’arte usate come modelli. Vedrò come variano le iconografie nel corso degli anni, mostrando come la presenza del demonio si collochi contestualmente in ogni opera analizzata e come il suo modello si trasmetta da padre a figlio in un dialogo attivo e originale che ha sempre a monte la classicità.
Successivamente prenderò in esame l’Inferno di Chantilly di Francesco Traini per vedere come l’artista interpreta il demonio confrontandosi con il testo dantesco e con la classicità, con l’arte e con la cultura in cui tale opera è nata, e inserendo nuove interpretazioni sul tema. In seguito affronterò gli affreschi del Camposanto pisano (in particolare la Crocifissione dello stesso Traini, il Giudizio universale e Inferno, la Tebaide e il Trionfo della Morte di Buffalmacco) per osservare come, inoltrandosi nel trecento, la figura del diavolo subisca diverse trasformazioni, sulla base della letteratura volgare sia sacra che profana, della cultura eremitica della penitenza, della committenza domenicana, della vita laicale di alto bordo e della percezione degli artisti. Descriverò anche il contesto culturale in cui tali opere sono nate, mettendolo in relazione con l’importanza della presenza del demonio nel mondo umano e soffermandomi sulla concezione del demoniaco in Buffalmacco.
In prima istanza, all’inizio della stesura della tesi, era stato previsto un capitolo sulle drôleries dei manoscritti, ma per coerenze espositive è stato eliminato e integrato nella conclusione dello studio, come un elemento fondamentale per spiegare alcune scelte contenutistiche degli artisti (tra cui in primo luogo Buffalmacco) nei confronti della resa del demoniaco.
La metodologia seguita in questo studio si è mossa nella scia degli studi iconografici più accreditati, dall’analisi delle fonti scritte da cui si è cercato di dedurre la resa in immagini della figura del demonio. Non sempre è stato semplice trovare nelle fonti un archetipo diretto a cui collegare l’opera d’arte, poiché l’immagine del demoniaco risulta sempre diversificata e fluttuante e, sebbene dotata di elementi connotanti che la distinguono sempre, tende a cambiare e a trasformarsi, pur mantenendo quelle caratteristiche di bruttezza, mutevolezza e mostruosità proprie dell’indole del demonio. I testi consultati in partenza (di Graf, Link e Russell) sono riusciti a dare una griglia iniziale per studiare la sua iconografia, ma per delineare i suoi tratti salienti nel contesto pisano si è reso necessario analizzare molte opere letterarie, e giungere talvolta alla conclusione che l’aspetto visivo del diavolo non proveniva direttamente dai testi scritti. Sebbene molti autori (Battaglia Ricci, Seidel, Bulzoni, Balbarini e Barasch) abbiano parlato esaustivamente del demonio pisano nei loro studi dettagliati, si è reso necessario fare un passo in più per creare delle connessioni e qualche nuova interpretazione sul tema, che hanno permesso di riunire in uno studio unico l’evoluzione della figura demoniaca a Pisa in quegli anni.
Si è cercato così di svolgere un lavoro diretto sulle fonti, attraverso un’interpolazione concettuale dei testi e delle immagini, arrivando a collocare il diavolo nelle diverse sfumature della mentalità medievale, spiegando la sua presenza e la sua espressione artistica come un risultato di una profonda riflessione degli artisti e della committenza religiosa. L’immagine del diavolo sembra così evolversi attraverso la parola scritta, le prediche, i trattati religiosi e gli artisti che, da Nicola Pisano in poi, sapranno dare al “male” una faccia nuova fatta di diverse influenze, di scelte personali e di elementi innovativi. Vedremo così il diavolo divenire un manifesto di consapevolezze artistiche.
L’analisi inizierà con un capitolo introduttivo che prenderà in esame le Scritture, le fonti patristiche medievali che affrontano la figura del demoniaco, con un excursus sull’origine del nome e sulla nozione teologica del diavolo nel mondo occidentale e bizantino, per capire come esso era concepito nella letteratura teologica ed esegetica, che sarà la base per studiarne l’iconografia. Sulla scorta di questi testi, in particolare della letteratura esegetica che contribuirà più delle Scritture a dare un vero corpo al demonio, si procederà quindi all’analisi della presenza del diavolo nella storia dell’arte medievale sia occidentale che orientale (in pittura, mosaici, miniature, scultura etc), in ordine cronologica di apparizione e prevalentemente nella sua forma antropomorfica, per vedere minuziosamente come essa si sviluppa nei secoli, attraverso il lavoro degli artisti associato alle fonti scritte e alla mentalità medievale, e anche tramite confronti diretti tra diverse opere d’arte in cui il demonio ha ruoli principali.
Particolare attenzione verrà data all’analisi delle caratteristiche estetiche del demonio nel Giudizio universale e nell’Inferno, nelle Tentazioni di Cristo e dei santi, nella Discesa di Cristo al Limbo, nell’Apocalisse, e allo sviluppo dell’iconografia del Giudizio universale in Italia e in Europa, temi tutti che permetteranno di allacciarsi alle analisi successive. Nello studio illustrerò in seguito come l’immagine del demonio sia un palinsesto culturale dall’iconografia fluttuante, il quale nelle varie epoche, riassume su di sé la cultura che lo genera: fondamentale per la creazione dell’iconografia demoniaca risulteranno così di volta in volta gli influssi della classicità e delle sue divinità, le feste popolari, le sacre rappresentazioni, le maschere del carnevale, la visione dell’eretico e dello straniero, i giullari e il teatro, la Commedia di Dante, i testi e i trattati teologici in volgare, la predicazione degli Ordini mendicanti e le opere d’arte europee (particolare attenzione verrà data ai diavoli e all’iconografia dell’inferno del medioevo francese tra XII e XIII secolo).
Per quanto riguarda Pisa, saranno mantenuti tutti questi criteri d’analisi e lo studio si concentrerà solo sulla figura del demonio in contesti iconografici precisi, tralasciando invece tutte quelle manifestazioni genericamente simboliche e mostruose (draghi, serpenti, basilischi, leoni etc.) che erano parte del repertorio decorativo della piazza del Duomo come dei libri liturgici.
Inizialmente ci si concentrerà dunque sulla formella del Giudizio universale dei pulpiti di Nicola Pisano nel Battistero di Pisa e nel Duomo di Siena per arrivare ai pulpiti di Giovanni a Pistoia e a Pisa. Cercherò di mettere in evidenza come gli influssi della cultura duecentesca della predicazione e della letteratura religiosa, abbiano dato il loro contributo a creare tale immagine demoniaca, insieme a riferimenti ad altre opere d’arte usate come modelli. Vedrò come variano le iconografie nel corso degli anni, mostrando come la presenza del demonio si collochi contestualmente in ogni opera analizzata e come il suo modello si trasmetta da padre a figlio in un dialogo attivo e originale che ha sempre a monte la classicità.
Successivamente prenderò in esame l’Inferno di Chantilly di Francesco Traini per vedere come l’artista interpreta il demonio confrontandosi con il testo dantesco e con la classicità, con l’arte e con la cultura in cui tale opera è nata, e inserendo nuove interpretazioni sul tema. In seguito affronterò gli affreschi del Camposanto pisano (in particolare la Crocifissione dello stesso Traini, il Giudizio universale e Inferno, la Tebaide e il Trionfo della Morte di Buffalmacco) per osservare come, inoltrandosi nel trecento, la figura del diavolo subisca diverse trasformazioni, sulla base della letteratura volgare sia sacra che profana, della cultura eremitica della penitenza, della committenza domenicana, della vita laicale di alto bordo e della percezione degli artisti. Descriverò anche il contesto culturale in cui tali opere sono nate, mettendolo in relazione con l’importanza della presenza del demonio nel mondo umano e soffermandomi sulla concezione del demoniaco in Buffalmacco.
In prima istanza, all’inizio della stesura della tesi, era stato previsto un capitolo sulle drôleries dei manoscritti, ma per coerenze espositive è stato eliminato e integrato nella conclusione dello studio, come un elemento fondamentale per spiegare alcune scelte contenutistiche degli artisti (tra cui in primo luogo Buffalmacco) nei confronti della resa del demoniaco.
La metodologia seguita in questo studio si è mossa nella scia degli studi iconografici più accreditati, dall’analisi delle fonti scritte da cui si è cercato di dedurre la resa in immagini della figura del demonio. Non sempre è stato semplice trovare nelle fonti un archetipo diretto a cui collegare l’opera d’arte, poiché l’immagine del demoniaco risulta sempre diversificata e fluttuante e, sebbene dotata di elementi connotanti che la distinguono sempre, tende a cambiare e a trasformarsi, pur mantenendo quelle caratteristiche di bruttezza, mutevolezza e mostruosità proprie dell’indole del demonio. I testi consultati in partenza (di Graf, Link e Russell) sono riusciti a dare una griglia iniziale per studiare la sua iconografia, ma per delineare i suoi tratti salienti nel contesto pisano si è reso necessario analizzare molte opere letterarie, e giungere talvolta alla conclusione che l’aspetto visivo del diavolo non proveniva direttamente dai testi scritti. Sebbene molti autori (Battaglia Ricci, Seidel, Bulzoni, Balbarini e Barasch) abbiano parlato esaustivamente del demonio pisano nei loro studi dettagliati, si è reso necessario fare un passo in più per creare delle connessioni e qualche nuova interpretazione sul tema, che hanno permesso di riunire in uno studio unico l’evoluzione della figura demoniaca a Pisa in quegli anni.
Si è cercato così di svolgere un lavoro diretto sulle fonti, attraverso un’interpolazione concettuale dei testi e delle immagini, arrivando a collocare il diavolo nelle diverse sfumature della mentalità medievale, spiegando la sua presenza e la sua espressione artistica come un risultato di una profonda riflessione degli artisti e della committenza religiosa. L’immagine del diavolo sembra così evolversi attraverso la parola scritta, le prediche, i trattati religiosi e gli artisti che, da Nicola Pisano in poi, sapranno dare al “male” una faccia nuova fatta di diverse influenze, di scelte personali e di elementi innovativi. Vedremo così il diavolo divenire un manifesto di consapevolezze artistiche.
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