Tesi etd-10102012-102521 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
GATTIGLIA, FLAVIA
URN
etd-10102012-102521
Titolo
"Non e sacerdote scandaloso, ne ch'io sappia solito commettere delitti"
Studio di un processo per omicidio nella Repubblica di Genova del XVII secolo
Dipartimento
CIVILTA' E FORME DEL SAPERE
Corso di studi
STORIA E CIVILTA'
Relatori
correlatore Dott. Cavarzere, Marco
correlatore Prof.ssa Seidel Menchi, Silvana
relatore Prof. Addobbati, Andrea
correlatore Prof.ssa Seidel Menchi, Silvana
relatore Prof. Addobbati, Andrea
Parole chiave
- faida
- Genoa
- Genova
- gossip
- murder
- omicidio
- revenge
- vendetta
- vox populi
- XVII century
- XVII secolo
Data inizio appello
05/11/2012
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
05/11/2052
Riassunto
Si è deciso di esaminare una singola causa giudiziaria – un processo secentesco per omicidio di giurisdizione del tribunale diocesano di Genova – non tanto per comprendere il rapporto tra individuo e autorità, o come questi si relazionasse con la giustizia, quanto approfondire un aspetto semmai più “personale”: il processo studiato (la cui filza nell’archivio diocesano genovese prende il nome di “processo Maschio-Botto”) ha infatti rappresentato un’occasione per riflettere sull’uso strumentale delle parole nei conflitti locali, pubblici come privati, e, soprattutto, come lo stesso appellarsi alla giustizia fosse ritenuto uno strumento per assumersi il vantaggio nelle ostilità tra le famiglie.
La ricerca è stata suddivisa in una serie di capitoli, ognuno dei quali concentrato esclusivamente su un aspetto della vicenda e sul contesto che ha aiutato a generarla.
Il primo capitolo racchiude pertanto un riassunto del caso e delle dinamiche interne al processo: all’ originario omicidio di Ottavio Gazzolo, seguono l’intervento della giustizia secolare e quello del tribunale ecclesiastico, gli interrogatori per l’accusa e quelli dei testi a difesa, fino alla sentenza finale.
Il secondo capitolo si concentra sull’aspetto locale: esso ripropone una sintesi sulla struttura di governo dell’entroterra da parte della Repubblica di Genova e sull’organizzazione in parentelle e fazioni degli abitanti del Dominio di levante, a cui si aggiunge un breve ragguaglio sulla vita economica della valle e le dinamiche di potere al suo interno, per finire con un approfondimento sul problema del banditismo, comune in tutte le zone di confine della Repubblica ligure.
Il terzo capitolo raccoglie la fase “laica” del processo: oltre ad una spiegazione del sistema giudiziario in epoca moderna, esso affronta il problema della peste e di come l’organizzazione degli uffici nel Dominio combattesse il contagio; infine, esso si concentra sul rapporto tra centro e periferia, e sull’amministrazione della giustizia nella stessa Repubblica.
Il quarto capitolo affronta la fase “religiosa”, spiegando a grandi linee come funzionasse il foro ecclesiastico, la questione di privilegi e immunità di cui godevano i membri del clero. Affrontando il problema della criminalità dei preti, esso si concentra in particolare sulla persona dell’abate Maschio e su come, all’interno di un processo, ogni verità è una costruzione.
Infine, il quinto capitolo conclude l’analisi del processo Maschio-Botto esaminandone l’aspetto sociale: la quotidianità della violenza nella società moderna, la legittimità della faida al suo interno e la questione del vicinato, in generale come nel particolare caso della valle Sturla. Poiché il rapporto quasi simbiotico tra gli abitanti di una comunità genera sempre tensioni, il pettegolezzo rappresenta una delle possibili valvole di sfogo che permette tutti a di continuare il loro quieto vivere: non solo, esso è lo strumento di socializzazione per eccellenza, l’elemento che rende pubblica l’appartenenza al gruppo e la fiducia di cui il membro ora gode, venendo a conoscenza dei fatti altrui. Il capitolo finale riflette pertanto su come la doppia natura del gossip (quella pubblica e quella più “segreta”) costituiscano un elemento fondamentale all’interno del processo finale e come, sempre all’interno della valle Sturla, lo spettegolare tra le persone sia parte integrante del sistema di faida.
Questo lavoro pertanto propone di riflettere sull’uso delle parole e sull’importanza che la chiacchiera privata assume nel conflitto pubblico: il pettegolezzo diviene così strumento per dimostrare la propria versione di verità quando esso è rappresentativo dell’opinione comune. In conclusione, il processo Maschio-Botto ha rappresentato un’occasione per studiare la cesura tra la percezione dei rumores in epoca moderna rispetto a quella contemporanea: se, al giorno d’oggi, il gossip è inteso per lo più come occasione di pettegolezzo (senza altro fine che il piacere della chiacchiera), in epoca moderna, la vox populi e la reputazione potevano assumere un valore giudiziario e divenire fama. Dando fiducia alle opinioni che circolano al suo interno, la comunità si fa garante del singolo, certa che il suo giudizio corrisponda a verità.
La ricerca è stata suddivisa in una serie di capitoli, ognuno dei quali concentrato esclusivamente su un aspetto della vicenda e sul contesto che ha aiutato a generarla.
Il primo capitolo racchiude pertanto un riassunto del caso e delle dinamiche interne al processo: all’ originario omicidio di Ottavio Gazzolo, seguono l’intervento della giustizia secolare e quello del tribunale ecclesiastico, gli interrogatori per l’accusa e quelli dei testi a difesa, fino alla sentenza finale.
Il secondo capitolo si concentra sull’aspetto locale: esso ripropone una sintesi sulla struttura di governo dell’entroterra da parte della Repubblica di Genova e sull’organizzazione in parentelle e fazioni degli abitanti del Dominio di levante, a cui si aggiunge un breve ragguaglio sulla vita economica della valle e le dinamiche di potere al suo interno, per finire con un approfondimento sul problema del banditismo, comune in tutte le zone di confine della Repubblica ligure.
Il terzo capitolo raccoglie la fase “laica” del processo: oltre ad una spiegazione del sistema giudiziario in epoca moderna, esso affronta il problema della peste e di come l’organizzazione degli uffici nel Dominio combattesse il contagio; infine, esso si concentra sul rapporto tra centro e periferia, e sull’amministrazione della giustizia nella stessa Repubblica.
Il quarto capitolo affronta la fase “religiosa”, spiegando a grandi linee come funzionasse il foro ecclesiastico, la questione di privilegi e immunità di cui godevano i membri del clero. Affrontando il problema della criminalità dei preti, esso si concentra in particolare sulla persona dell’abate Maschio e su come, all’interno di un processo, ogni verità è una costruzione.
Infine, il quinto capitolo conclude l’analisi del processo Maschio-Botto esaminandone l’aspetto sociale: la quotidianità della violenza nella società moderna, la legittimità della faida al suo interno e la questione del vicinato, in generale come nel particolare caso della valle Sturla. Poiché il rapporto quasi simbiotico tra gli abitanti di una comunità genera sempre tensioni, il pettegolezzo rappresenta una delle possibili valvole di sfogo che permette tutti a di continuare il loro quieto vivere: non solo, esso è lo strumento di socializzazione per eccellenza, l’elemento che rende pubblica l’appartenenza al gruppo e la fiducia di cui il membro ora gode, venendo a conoscenza dei fatti altrui. Il capitolo finale riflette pertanto su come la doppia natura del gossip (quella pubblica e quella più “segreta”) costituiscano un elemento fondamentale all’interno del processo finale e come, sempre all’interno della valle Sturla, lo spettegolare tra le persone sia parte integrante del sistema di faida.
Questo lavoro pertanto propone di riflettere sull’uso delle parole e sull’importanza che la chiacchiera privata assume nel conflitto pubblico: il pettegolezzo diviene così strumento per dimostrare la propria versione di verità quando esso è rappresentativo dell’opinione comune. In conclusione, il processo Maschio-Botto ha rappresentato un’occasione per studiare la cesura tra la percezione dei rumores in epoca moderna rispetto a quella contemporanea: se, al giorno d’oggi, il gossip è inteso per lo più come occasione di pettegolezzo (senza altro fine che il piacere della chiacchiera), in epoca moderna, la vox populi e la reputazione potevano assumere un valore giudiziario e divenire fama. Dando fiducia alle opinioni che circolano al suo interno, la comunità si fa garante del singolo, certa che il suo giudizio corrisponda a verità.
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