Thesis etd-10092011-145727 |
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Thesis type
Tesi di specializzazione
Author
NAPOLI, ZALEIDA
URN
etd-10092011-145727
Thesis title
Frequenza delle principali infezioni sessualmente trasmesse e implicazioni metodologiche
Department
FARMACIA
Course of study
BIOCHIMICA CLINICA
Supervisors
relatore Dott.ssa Bianchi, Loria
relatore Prof. Lucacchini, Antonio
relatore Prof. Lucacchini, Antonio
Keywords
- Malattie sessualmente trasmesse; HPV; screening; m
Graduation session start date
31/10/2011
Availability
Full
Summary
La persistenza dell’infezione da Papilloma Virus (HPV) ad alto rischio oncogeno (HR) è il fattore di rischio più importante per lo sviluppo del cancro della cervice uterina mentre le infezioni dovute a Chlamydia trachomatis (CT), Neisseria gonorrhoeae (NG), Mycoplasma genitalium (MG), Mycoplasma hominis (MH), Ureaplasma urealyticum (UU) e Ureaplasma parvum (UP) sono responsabili di cerviciti ed uretriti causa di infertilità. In questi ultimi anni notevole è stata l’implementazione della diagnostica molecolare per questi patogeni e le tecniche più utilizzate sono la PCRendpoint, la Real-Time PCR qualitativa/quantitativa e i microarray. Rari sono i test diagnostici che utilizzano metodiche in PCR simultanea e/o multiplex e praticamente inesistenti sono i lavori in letteratura che valutano la cellularità del campione per standardizzare la fase preanalitica e la refertazione.
Scopo della tesi è stato quello di: a) valutare l’impatto qualitativo/organizzativo derivante dall’introduzione di una “multiplex-PCR” per la rivelazione di CT, NG, MG, MH, Ureaplasma spp ed HPV e valutare e confrontare la sensibilità delle diverse metodiche (colturali, PCRendpoint e Real Time PCR); b) stimare la prevalenza di tali patogeni e la distribuzione per classi di età al fine di progettare screening mirati alla diminuzione di complicanze da malattie sessualmente trasmesse (MST); c) stimare per l’HPV la prevalenza fra screening primario e secondario e le eventuali implicazioni metodologiche; d) standardizzare la fase preanalitica e postanalitica mediante l’introduzione di un controllo quantitativo di cellularità del campione.
Dai risultati ottenuti emerge che: a) la sensibilità è maggiore per la Real-Time PCR vs PCRendpoint vs metodo colturale. La RT-PCR multiplex (valutata per CT) ha una sensibilità minore rispetto alla RT-PCR per singolo patogeno. La specificità per NG con primers a singolo target è più bassa per la PCRendpoint vs metodo colturale e vs RT-PCR con doppio target molecolare; b) lo screening per CT deve essere effettuato almeno per uomini e donne di età compresa fra 23 e 32 anni mentre la NG va ricercata in presenza di manifestazione clinica anche come coinfezione; c) Poiché diversa è la positività (p<0.005) fra screening primario (17,33%) e screening secondario (51,14%), diversi possono essere i test di diagnostica impiegati: un test di ricerca di HPV-HR (con ricerca anche di DNA integrato) e un test di genotipizzazione. Nonostante la positività maggiore per HPV (33%) si abbia nella classe di età compresa fra 18 e 27 anni, il virus andrebbe ricercato almeno nelle donne di età comprese fra i 30 e i 45 anni essendo la persistenza dell’infezione da HPV-HR la causa delle lesioni di alto grado. Mentre è ormai confermata l’utilità del test HPV nel triage delle anomalie squamose di incerto significato e nel follow-up delle donne conizzate è ancora in discussione come impiegare tale test nello screening primario. I dati riportati in questa tesi dimostrano che sarebbe opportuno rivalutare quali, quando e come utilizzare i metodi molecolari per la ricerca e genotipizzazione dell’HPV, facendo particolare riferimento alla regione target che deve essere amplificata e ai genotipi che devono essere rilevati; d) l’impiego del controllo interno permette di valutare la presenza di inibitori nel campione e quindi di ottimizzare la fase di pretrattamento mentre quello del controllo di cellularità permette di valutarne l’idoneità. Sono stati considerati non idonei urine con una Cm/PCR < di 300, tamponi uretrali con una Cm/PCR < di 500 e cervicali con una Cm/PCR < di 1000. La cellularità del campione permette sicuramente di comparare le diverse tipologie di prelievo in termini di resa di cellule presenti nel campione, l’idoneità del prelievo e standardizzazione delle metodiche. Ulteriori dati sono necessari per la definizione della Cm/prelievo e la standardizzazione del risultato.
Scopo della tesi è stato quello di: a) valutare l’impatto qualitativo/organizzativo derivante dall’introduzione di una “multiplex-PCR” per la rivelazione di CT, NG, MG, MH, Ureaplasma spp ed HPV e valutare e confrontare la sensibilità delle diverse metodiche (colturali, PCRendpoint e Real Time PCR); b) stimare la prevalenza di tali patogeni e la distribuzione per classi di età al fine di progettare screening mirati alla diminuzione di complicanze da malattie sessualmente trasmesse (MST); c) stimare per l’HPV la prevalenza fra screening primario e secondario e le eventuali implicazioni metodologiche; d) standardizzare la fase preanalitica e postanalitica mediante l’introduzione di un controllo quantitativo di cellularità del campione.
Dai risultati ottenuti emerge che: a) la sensibilità è maggiore per la Real-Time PCR vs PCRendpoint vs metodo colturale. La RT-PCR multiplex (valutata per CT) ha una sensibilità minore rispetto alla RT-PCR per singolo patogeno. La specificità per NG con primers a singolo target è più bassa per la PCRendpoint vs metodo colturale e vs RT-PCR con doppio target molecolare; b) lo screening per CT deve essere effettuato almeno per uomini e donne di età compresa fra 23 e 32 anni mentre la NG va ricercata in presenza di manifestazione clinica anche come coinfezione; c) Poiché diversa è la positività (p<0.005) fra screening primario (17,33%) e screening secondario (51,14%), diversi possono essere i test di diagnostica impiegati: un test di ricerca di HPV-HR (con ricerca anche di DNA integrato) e un test di genotipizzazione. Nonostante la positività maggiore per HPV (33%) si abbia nella classe di età compresa fra 18 e 27 anni, il virus andrebbe ricercato almeno nelle donne di età comprese fra i 30 e i 45 anni essendo la persistenza dell’infezione da HPV-HR la causa delle lesioni di alto grado. Mentre è ormai confermata l’utilità del test HPV nel triage delle anomalie squamose di incerto significato e nel follow-up delle donne conizzate è ancora in discussione come impiegare tale test nello screening primario. I dati riportati in questa tesi dimostrano che sarebbe opportuno rivalutare quali, quando e come utilizzare i metodi molecolari per la ricerca e genotipizzazione dell’HPV, facendo particolare riferimento alla regione target che deve essere amplificata e ai genotipi che devono essere rilevati; d) l’impiego del controllo interno permette di valutare la presenza di inibitori nel campione e quindi di ottimizzare la fase di pretrattamento mentre quello del controllo di cellularità permette di valutarne l’idoneità. Sono stati considerati non idonei urine con una Cm/PCR < di 300, tamponi uretrali con una Cm/PCR < di 500 e cervicali con una Cm/PCR < di 1000. La cellularità del campione permette sicuramente di comparare le diverse tipologie di prelievo in termini di resa di cellule presenti nel campione, l’idoneità del prelievo e standardizzazione delle metodiche. Ulteriori dati sono necessari per la definizione della Cm/prelievo e la standardizzazione del risultato.
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