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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-10082022-153803


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM6
Autore
MELOSI, ALICE
URN
etd-10082022-153803
Titolo
Analisi di espressione di β3-AR, HIF-1 e VEGF-A nel sangue cordonale di neonati pretermine ed a termine: risultati preliminari dello studio β3-RECORD
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Filippi, Luca
Parole chiave
  • sviluppo
  • feto
  • prematurità
  • sangue cordonale
  • vita intrauterina
  • VEGF-A
  • HIF-1
  • beta3AR
  • ossigeno ipossia
Data inizio appello
25/10/2022
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
25/10/2092
Riassunto
Sir Joseph Bancroft (1872-1947), uno dei primi a studiare l’ambiente intrauterino e gli adattamenti fisiologici del feto alla bassa pressione parziale di ossigeno presente in utero, paragonò il feto ad uno scalatore acclimatato alle alte quote, da cui l’espressione “Mount Everest in Utero”, estensivamente usata fino ad oggi per descrivere le condizioni in cui si sviluppa normalmente il feto. Questa immagine dirompente e surreale evidenzia l’importanza, in ambito ostetrico, di approfondire lo studio di questo apparente paradosso cercando di comprendere come il feto possa vivere e crescere in un ambiente apparentemente tanto inadatto alla vita e, sapendo oggi che l’ipossia ha un ruolo chiave nello sviluppo fetale, quali siano i meccanismi molecolari con cui questo avvenga. In questo lavoro ci proponiamo quindi di presentare un’ipotesi in merito, alla luce delle conoscenze attuali. L’importanza dell’ossigeno per la vita risiede nel suo ruolo chiave nel metabolismo energetico: rappresenta l’accettore terminale di elettroni nella catena di fosforilazione ossidativa, pilastro della respirazione cellulare. La glicolisi anaerobia rappresenta invece un meccanismo di emergenza per prevenire l’anossia totale, con minore produzione di energia a fronte di un maggior risparmio di ossigeno. Eppure, durante la vita intrauterina c’è ipossia ed è fisiologica, variando tra l’1% e il 5%. Si tratta di un’ipossia dinamica, almeno nel passaggio dal primo al secondo trimestre di gravidanza, quando la placentizzazione favorisce un aumento di 3 volte della concentrazione di ossigeno. Per quanto riguarda però lo stato di ossigenazione fetale durante il terzo trimestre di gravidanza ci sono dati scarsi e non concordi tra loro: alcuni indicano un progressivo declino della tensione di ossigeno nell’ultima fase della gestazione, altri che non ci sono significativi cambiamenti nell’equilibrio acido-base e nei gas presenti nel sangue. Il nostro lavoro indaga proprio questa finestra temporale. Oggi sappiamo che condizioni di bassa concentrazione di ossigeno sono richieste per l’intero processo di embriogenesi, per la proliferazione cellulare delle cellule staminali embrionali (ESC) negli stadi più precoci dello sviluppo fetale e per il mantenimento delle ESC allo stato indifferenziato. La conoscenza però dei meccanismi biologici che assicurano il benessere intrauterino in condizioni di ipossia fisiologica è solo parzialmente nota, e soprattutto in modelli animali: proprio da queste considerazioni nasce il presente lavoro di tesi. È infatti in questo scenario che devono essere contestualizzate le tre molecole oggetto del nostro studio: il recettore adrenergico beta 3(B3AR), HIF-1 e VEGF-A. Hypoxia-inducible factor-1 (HIF-1) è un fattore di trascrizione ossigeno-dipendente che agisce da attivatore ed ha un ruolo chiave nella risposta omeostatica all’ipossia, permettendo l’adattamento e la sopravvivenza delle cellule e dell’intero organismo. La sua espressione è funzione della concentrazione di ossigeno cellulare aumentando in modo esponenziale a mano a mano che le cellule vengono sottoposte a concentrazioni decrescenti di ossigeno. Il ruolo di HIF-1 nello sviluppo è confermato e dimostrato in letteratura, dove sono riportate le importanti anomalie e l’aumentata letalità osservate nei fenotipi ottenuti per manipolazione genetica di modelli animali di topo knock-out per i geni delle sue subunità durante lo sviluppo embrionale. HIF-1 attiva la trascrizione di diversi geni target, tra cui VEGF-A, che viene prodotto dalle cellule endoteliali, dai macrofagi, dalle cellule-T attivate e da molte altre cellule, in risposta alla deprivazione di ossigeno. È essenziale nei processi di neo-vascolarizzazione (può avvenire per angiogenesi o per vasculogenesi), fondamentali per l’embriogenesi dei vertebrati, come dimostrato da studi fatti in modelli animali knockout per i suoi geni. Tra i geni target di HIF-1 si aggiunge anche quello che codifica per B3AR che, nella retina murina, dove i recettori beta-adrenergici indotti dall’ipossia giocano un ruolo chiave nella formazione patologica dei vasi, è stato dimostrato avere un’espressione regolata da HIF-1. Nell’uomo, però, questo non è ancora stato indagato. B3AR è uno recettore adrenergico e appartiene alla superfamiglia dei recettori accoppiati alla proteina G. Al contrario però degli altri BARs, sembra essere meno suscettibile alla desensibilizzazione agonista-indotta, poiché non presenta i siti di fosforilazione che mediano la desensibilizzazione stessa. Questo fatto lo rende di maggior interesse rispetto agli altri BARs, nell’ottica di una futura eventuale applicazione clinica. Anche B3AR risulta upregolato in condizioni di ipossia (con un andamento del tutto sovrapponibile a HIF-1) e anch’esso partecipa all’induzione di VEGF nella retina murina, acquisendo quindi un ruolo proangiogenetico ipossia-indotto. Infine, il ruolo di B3AR nello sviluppo embrionale e fetale è suggerito da studi che mostrano come le catecolamine abbiano un ruolo determinante nelle prime settimane dell’embriogenesi. I B3ARs sono anche espressi negli embrioni preimpianto durante i primi stadi dell’embriogenesi, nei tessuti embrionali, nella placenta e sono up-regolati nel miometrio gravidico umano. Alla luce di quanto detto, la nostra ipotesi di lavoro è che la condizione di ipossia durante la vita intrauterina sia dinamica anche nel terzo trimestre di gravidanza e che, in questa finestra temporale, anche l’espressione di HIF-1 e B3AR abbia un andamento dinamico, parallelo e consensuale all’andamento dell’ipossia. Questo sarebbe il meccanismo molecolare con cui l’ipossia dinamica farebbe da segnale driver dello sviluppo embrionale e fetale. Il presente lavoro di tesi si prefigge l’obiettivo di: 1. Verificare l’eventuale differenza di espressione di B3-AR nei neonati pretermine rispetto ai neonati a termine 2. Verificare la correlazione tra l’espressione di B3-AR, HIF-1 e VEGF-A nei neonati pretermine e nei neonati a termine 3. Correlare i livelli di HIF-1 e B3-AR con i livelli di pO2 venosa cordonale nei neonati pretermine e nei neonati a termine. In questo lavoro vengono presentati i risultati preliminari dello studio B3-RECORD ottenuti su un campione preliminare di 20 neonati pretermine del gruppo A (EG<37) e 10 neonati a termine del gruppo B (EG>37) nati presso la U.O. di Neonatologia dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana (AOUP) dal gennaio al giugno 2022. Per ogni paziente sono stati raccolti due campioni di sangue cordonale, su cui sono state eseguite rispettivamente l’EGA e l’analisi di espressione di β1-AR, β2-AR, β3-AR, HIF-1 e VEGF-A. I risultati ottenuti dall’analisi dei valori dell’EGA cordonale considerati mostrano che non c’è differenza statisticamente significativa tra i valori di pO2 venosa tra il gruppo A ed il gruppo B, suggerendo che la quantità di O2 che giunge ai feti sia la stessa. La differenza statisticamente significativa tra i due gruppi è invece presente per la pO2 arteriosa (p=0,0256) che è maggiore nel gruppo A rispetto al gruppo B, evidenziando un minor consumo di ossigeno in questo gruppo di neonati. Questo ci ha condotto a calcolare l’estrazione di O2, che è risultata essere significativamente maggiore (p=0,0165) nel gruppo B rispetto al gruppo A, e la produzione di CO2, anch’essa significativamente maggiore nei neonati del gruppo B rispetto al gruppo A (p=0,0394). Sembrerebbe quindi che durante la vita intrauterina, a parità di apporto di ossigeno placentare, i neonati pretermine consumino meno ossigeno rispetto ai neonati a termine, di età gestazionali quindi più avanzate. A conferma di questo anche la maggior produzione di CO2 nei neonati a termine suggerisce una intensificazione dei processi metabolici che riflettono l’aumentato consumo di ossigeno, con un progressivo switch quindi dal metabolismo anaerobio caratterizzato dall’effetto Warburg tipico dell’embrione, a quello aerobico. Questa aumentata estrazione di ossigeno, con il progredire dell'età gestazionale dei feti, quindi della gravidanza, tenderebbe a rendere più ipossici i neonati durante il terzo trimestre di gravidanza, confermando la tendenza ad una nuova accentuazione dell’ipossia, così come è riportato da una parte degli studi presenti in letteratura in merito. Abbiamo poi studiato l’eventuale dinamicità del meccanismo molecolare da noi ipotizzato essere alla base del processo tramite cui il segnale dinamico ipossico fungerebbe da driver dello sviluppo embrionale e fetale. Per fare questo abbiamo voluto indagare le differenze di espressione nei neonati pretermine rispetto ai neonati a termine di alcuni geni particolarmente espressi in condizioni di ipossia, alla ricerca di una eventuale progressione della loro espressione attraverso tutto il terzo trimestre di gravidanza, e già valutati nel modello animale: HIF-1, B3AR e VEGF-A. I risultati dell’analisi statistica condotta sull’espressione dei geni analizzati mostrano che B3AR (p=0,0117) e HIF-1 (p=di 0,0010) risultano espressi maggiormente nei neonati a termine rispetto ai neonati pretermine con significatività statistica, evidenziando quindi una tendenza al progressivo aumento della loro espressione durante il progredire della gestazione, probabilmente correlata ad una accentuazione dell’ipossia. Questo sembra essere in linea con l’andamento dell’ipossia suggeritaci dai risultati dell’EGA cordonale, secondo cui il feto diventa via via più ipossico a mano a mano che avanza la gravidanza. I nostri risultati mostrano che un’espressione significativamente maggiore nei neonati a termine rispetto ai neonati pretermine esiste anche per B2AR (p=0,0034), e questo è in linea con la letteratura in cui è riportato come nell’angiogenesi indotta da ipossia nell’HI, nella ROP e nel cancro, il sistema beta-adrenergico abbia la funzione di mediatore molecolare tramite l’attivazione preferenziale di B2-AR, mentre B1AR sembra essere minormente coinvolto in questi processi. B1AR (p=0,2625) infatti non risulta avere differenza statisticamente significativa tra i due gruppi (p=0,2625), così come VEGF-A (p=0,2148). Entrambi mostrano però un trend in aumento nei neonati a termine rispetto ai neonati pretermine come gli altri geni, sottolineando quindi la necessità di ulteriori approfondimenti considerando campioni di maggiore numerosità. È stata poi condotta la correlazione di Spearman tra B3AR e HIF1 (p<0,0001), B3AR 3 e VEGF-A (p<0,000), e infine tra VEGF-A e HIF-1 (p<0,0001), che è risultata significativa solo nel gruppo A dei neonati pretermine per tutte e tre le coppie di geni. In particolare, al momento la correlazione tra B3AR e HIF-1 suggerisce che anche nell’uomo i loro rapporti siano regolati in modo simile a quanto già dimostrato nell’animale, in cui il gene di B3AR è un target gene di HIF-1. La correlazione statisticamente significativa tra B3AR e VEGF-A e tra HIF-1 e VEGF-A sono in linea con quanto sappiamo di queste molecole: VEGF-A è un gene target di HIF-1 ed è indotto anche da B3AR. L’assenza di correlazione statisticamente significativa tra tutte e tre le coppie di molecole nel gruppo B deve rappresentare un input ad approfondire la valutazione dell’espressione di queste molecole secondo una stratificazione dell’età gestazionale, che potrebbe avere un ruolo e rendere evidente un trend che avendo a disposizione pochi pazienti in questo lavoro non può essere messo in evidenza. Infine, la mancanza di una correlazione statisticamente significativa tra pO2 venosa e B3AR e tra pO2 venosa e HIF-1 nel nostro campione non mina la nostra ipotesi: osserviamo solo un trend, verosimilmente a causa della scarsa numerosità della popolazione in studio. Questo lavoro si limita a riportare risultati preliminari dello studio B3-RECORD: i risultati dovranno quindi essere confermati in seguito, ad arruolamento completo; tuttavia, le osservazioni preliminari aprono spazio ad intriganti prospettive per studi futuri, sempre con l’approccio traslazionale della ricerca (animale/uomo). Considerato quindi questo scenario, possiamo concludere (almeno preliminarmente) che l’espressione di tutti e 3 i BARs, ma in particolare di B3AR e HIF-1, hanno una significativa tendenza ad aumentare nel terzo trimestre della gravidanza, ed è verosimile che questa crescente ipossia fetale sia attribuibile alla progressivamente maggiore estrazione di ossigeno: il feto, pertanto, tra la fine del secondo trimestre ed il terzo trimestre di gravidanza potrebbe trovarsi in un ambiente progressivamente più ipossico e questo potrebbe associarsi ad una progressiva up-regolazione (attraverso HIF-1) dei recettori beta adrenergici. Considerato il ruolo determinante svolto dalla ipossia nella crescita, proliferazione e vascolarizzazione fetale, e l’evidente correlazione anche nell’uomo tra ipossia e up-regolazione dei BARs, è verosimile che questi recettori siano attivamente coinvolti nei processi che governano lo sviluppo embrionale e fetale, ipotesi che sembra in questa prima fase essere confermata. Questa dimostrazione potrebbe fornire nuovi elementi per comprendere quali siano i fini meccanismi biochimici e molecolari che avvengono nel momento in cui il feto viene partorito prematuramente e quindi porre le basi per un intervento farmacologico (attraverso la modulazione farmacologica di questi recettori) teso a ridurre i danni causati dalla loro mancata attivazione intrauterina. La prematurità potrebbe essere pertanto vista come una condizione patologica riconducibile al mancato beneficio di una persistente esposizione al fisiologico ambiente intrauterino, ipossico, destinato ad essere progressivamente più ipossico, con una espressione dei recettori beta-adrenergici progressivamente maggiore. Infine, considerato che l’ipossia e la alta espressione di B3-AR, in diversi scenari, sono stati associati a una maggiore proliferazione e persistenza di cellule staminali, diventa intrigante la interpretazione di un recente studio che ha messo in relazione la maggiore incidenza di patologie correlate alla prematurità con un minore livello di cellule staminali ematopoietiche presenti nel sangue cordonale. Questo studio potrebbe infatti essere interpretato come la dimostrazione che la mancata prolungata esposizione ad un ambiente fisiologicamente ipossico e la precoce esposizione ad un ambiente relativamente iperossico potrebbero promuovere l’insorgenza di patologie correlate alla prematurità perché la down-regolazione di HIF-1 e B3AR riduce la quantità di cellule staminali ematopoietiche. Se allora B3AR mostrasse una correlazione con le HSCs nel sangue cordonale potrebbe essere proprio lui il meccanismo molecolare target farmacologico per modulare questo pathway in vivo e contrastare così le malattie tipiche della prematurità. Si apre quindi la prospettiva di studio del coinvolgimento di B3AR nel reclutamento di cellule staminali, che sarà approfondita nello studio B3-RECORD.
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