Tesi etd-10082018-211352 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
GASPARO, AZZURRA
URN
etd-10082018-211352
Titolo
«Aussi la beauté s’unit à tout ce qu’ils font»
L'esotico nell'iconografia francese dalla spedizione in Egitto di Napoleone (1798) al viaggio in Marocco di Delacroix (1832)
Dipartimento
CIVILTA' E FORME DEL SAPERE
Corso di studi
STORIA E FORME DELLE ARTI VISIVE, DELLO SPETTACOLO E DEI NUOVI MEDIA
Relatori
relatore Prof.ssa Savettieri, Chiara
Parole chiave
- antichità
- Delacroix
- esotismo
- Girodet
- Gros
- orientalismo
Data inizio appello
12/11/2018
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
12/11/2088
Riassunto
Quando si pensa al “selvaggio” lo si caratterizza sempre per negazione, privandolo di attributi che caratterizzano quella che era considerata la “civiltà” del tempo. La questione inerente al “diverso”, allo sconosciuto, viene discussa insieme alla scoperta di nuovi ed inesplorati territori, soprattutto durante il Settecento, secolo dei Lumi e del nuovo razionalismo e precursore del progresso scientifico che caratterizza la cultura ottocentesca. Si riflette sulla pretesa superiorità o, al contrario, sulla sua lontananza dalla “vera” natura umana. Vengono poste le basi della riflessione riguardo il grande tema dei diritti dell’uomo, mentre il confronto con stili di vita diversi da quello europeo mette in discussione alcune istituzioni fondamentali e induce a ripensare la natura del potere nelle società occidentali. Il viaggio di scoperta e quello di formazione intellettuale assumono il valore di esperienza conoscitiva e di incontro con l’alterità, attraverso la conoscenza di popoli con abitudini, lingue e religioni diverse da quelle europee. Nell’incontro e confronto con l’Altro, l’artista scopre una sfera ignota, nuova, che mette in crisi anche la sua stessa idea di identità. La relazione con l’Altro permette al soggetto di definirsi nella propria differenza e diviene parte necessaria ai fini di una conoscenza reciproca. Dalla cornice teorica delle spinte scientifiche e filosofiche che caratterizzava l’età dei Lumi emergono due orientamenti, o direzioni, verso cui si spinse il viaggiatore e il l’artista attratto dall’esotismo delle popolazioni lontane dall’Occidente: il viaggio verso la natura e quello verso la cultura.
Se verso il Nuovo Mondo si dirigono gli scrittori influenzati dal mito del “buon selvaggio” e dall’idea di una morale naturale migliore della corruzione e del malessere che affliggono l’Occidente, verso Oriente si muovono intellettuali e viaggiatori spinti dal desiderio di cultura, arte, storia e antichità.
Dalla seconda metà del Seicento il mondo orientale entra nell’immaginario europeo grazie ai racconti di viaggiatori francesi sulle meraviglie del Levante, dal Nord Africa al Medio Oriente alla Cina come mete e topos esotici. La traduzione del manoscritto arabo Mille et une nuit da parte del francese Antoine Galland agli inizi del Settecento segna un ulteriore progresso nella diffusione della civiltà orientale in Europa, anche se non si può parlare ancora di un progetto culturale o di un’impresa collettiva con conseguenze politiche.
Tendenzialmente si è d’accordo a considerare l’inizio dell’Orientalismo la campagna napoleonica d’Egitto (1798-1801) e nella relazione di viaggio del barone Dominique Vivant Denon apparsa nel 1802. La presenza di rovine classiche ed ellenistiche nei paesi mediorientali da un lato stabilisce una continuità con quella che era la pratica del Grand Tour e dall’altro apre al viaggiatore nuovi orizzonti e civiltà sconosciute.
Il Voyage dans la Basse et la Haute Egypte, pendant les campagnes du Général Bonaparte fu il primo riferimento per la generazione di Gros e di Girodet. L’Oriente rappresentato dai pittori orintalisti è, infatti, un Oriente decorativo che permette loro di vivificare la loro ispirazione di pitture desiderose di novità. Malgrado la volontà di essere originale, è proprio secondo le convenzioni della pittura storica, una forma di espressione occidentale, che questi artisti rappresentarono il soggetto orientale. L’idealizzazione del corpo, secondo il canone classico, i colori fedeli, il grande formato, la valorizzazione del disegno non sono che alcune particolarità di questo linguaggio definitivamente europeo necessario per riprodurre l’Altro, lo sconosciuto. Anche le popolazioni dell’Africa del Nord sottoposte anni dopo da Delacroix al processo di retrodatazione, di nobilitante arcaicizzazione, sono parte di una civiltà che, per quanto degradate, hanno alle spalle, un lontano, glorioso passato e la cui «novità» consiste paradossalmente nella loro «antichità», nel loro esistere come esemplari incorrotti in un altro tempo.
Dopo l'Oriente sognato, e l’Oriente della storia contemporanea, Delacroix apre le porte di un Oriente geografico ed etnografico. Questo carattere etnografico è ciò che contraddistingue l’opera letteraria di Delacroix, che la rende unica. In un momento di piena crisi coloniale, Delacroix denuncia con un'amara, severa e a volte anche ambigua ironia, gli effetti deplorevoli del colonialismo.
Se verso il Nuovo Mondo si dirigono gli scrittori influenzati dal mito del “buon selvaggio” e dall’idea di una morale naturale migliore della corruzione e del malessere che affliggono l’Occidente, verso Oriente si muovono intellettuali e viaggiatori spinti dal desiderio di cultura, arte, storia e antichità.
Dalla seconda metà del Seicento il mondo orientale entra nell’immaginario europeo grazie ai racconti di viaggiatori francesi sulle meraviglie del Levante, dal Nord Africa al Medio Oriente alla Cina come mete e topos esotici. La traduzione del manoscritto arabo Mille et une nuit da parte del francese Antoine Galland agli inizi del Settecento segna un ulteriore progresso nella diffusione della civiltà orientale in Europa, anche se non si può parlare ancora di un progetto culturale o di un’impresa collettiva con conseguenze politiche.
Tendenzialmente si è d’accordo a considerare l’inizio dell’Orientalismo la campagna napoleonica d’Egitto (1798-1801) e nella relazione di viaggio del barone Dominique Vivant Denon apparsa nel 1802. La presenza di rovine classiche ed ellenistiche nei paesi mediorientali da un lato stabilisce una continuità con quella che era la pratica del Grand Tour e dall’altro apre al viaggiatore nuovi orizzonti e civiltà sconosciute.
Il Voyage dans la Basse et la Haute Egypte, pendant les campagnes du Général Bonaparte fu il primo riferimento per la generazione di Gros e di Girodet. L’Oriente rappresentato dai pittori orintalisti è, infatti, un Oriente decorativo che permette loro di vivificare la loro ispirazione di pitture desiderose di novità. Malgrado la volontà di essere originale, è proprio secondo le convenzioni della pittura storica, una forma di espressione occidentale, che questi artisti rappresentarono il soggetto orientale. L’idealizzazione del corpo, secondo il canone classico, i colori fedeli, il grande formato, la valorizzazione del disegno non sono che alcune particolarità di questo linguaggio definitivamente europeo necessario per riprodurre l’Altro, lo sconosciuto. Anche le popolazioni dell’Africa del Nord sottoposte anni dopo da Delacroix al processo di retrodatazione, di nobilitante arcaicizzazione, sono parte di una civiltà che, per quanto degradate, hanno alle spalle, un lontano, glorioso passato e la cui «novità» consiste paradossalmente nella loro «antichità», nel loro esistere come esemplari incorrotti in un altro tempo.
Dopo l'Oriente sognato, e l’Oriente della storia contemporanea, Delacroix apre le porte di un Oriente geografico ed etnografico. Questo carattere etnografico è ciò che contraddistingue l’opera letteraria di Delacroix, che la rende unica. In un momento di piena crisi coloniale, Delacroix denuncia con un'amara, severa e a volte anche ambigua ironia, gli effetti deplorevoli del colonialismo.
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